Nel passato le WTA Finals, per via della formula a gironi, hanno eletto la vincitrice al termine di percorsi anche molto tortuosi. E così abbiamo avuto “maestre” arrivate al titolo malgrado due sconfitte nel round robin (per esempio Cibulkova nel 2016), oppure dopo aver vinto una finale identica a un match già disputato nel girone e per di più perso (Serena contro Halep nel 2014). O ancora tenniste apparse in forma smagliante nei primi incontri che poi si sono spente negli scontri diretti: è capitato a Muguruza nel 2015, quando a vincere fu Radwanska.
Niente di tutto questo si è verificato nella edizione 2025: le Finals disputate a Riyadh sono state le più lineari possibili, sin dalla prima fase. I gironi si sono entrambi chiusi con le giocatrici sgranate. Il “Gruppo Graf” vinto da Sabalenka con tre vittorie, Pegula due, Gauff una e Paolini zero. Il “Gruppo Williams” vinto da Rybakina con tre successi, Anisimova due, Swiatek uno e Keys/Alexandrova zero. Tutto molto semplice e inequivocabile, senza bisogno di classifiche avulse o calcolo dei quozienti set per definire le gerarchie.
Ugualmente lineari le semifinali, con il successo delle tenniste arrivate in testa nella fase a gironi, cioè Sabalenka e Rybakina, che quindi sono approdate all’ultima e decisiva partita da imbattute. In sostanza chiunque avesse vinto lo avrebbe fatto con un percorso netto. Alla fine ha avuto la meglio Rybakina, ribadendo quanto si era visto durante tutta la settimana: Elena era stata probabilmente la giocatrice in grado di offrire il tennis di livello più alto e ha chiuso la finale in due set.
A conti fatti il torneo ha espresso una serie di verdetti chiari, anche se non tutti così scontati alla vigilia. Attenzione però a prendere questi stessi verdetti come certezze per il futuro: non è affatto sicuro che nel 2026, alla ripresa del tennis in Australia, quello che abbiamo vissuto in Arabia proseguirà identico; le esperienze del passato ci devono mettere sull’avviso: i mesi che mancano da qui al prossimo Slam possono cambiare anche profondamente la situazione. In ogni caso, senza dimenticare questa avvertenza, proviamo a ragionare su alcuni temi emersi dalle partite di Riyadh.
– Il ritorno ai vertici di Elena Rybakina
A Riyadh ha vinto la giocatrice che ha guadagnato in extremis il diritto di partecipare al torneo, al termine di una rincorsa nella Race che l’ha obbligata a giocare nelle ultime settimane più di tutte le altre partecipanti. Eppure Ribakina non ne ha minimamente risentito; ha continuato in Arabia la striscia di successi aperti negli impegni in estremo oriente: 11 vittorie consecutive, con in mezzo un ritiro che ha significato uscita in semifinale dal torneo di Tokyo, ma non una sconfitta sul campo.
Questo successo certifica il ritorno di Elena ai massimi livelli dopo i momenti critici passati nell’ultimo anno. La giocatrice che dopo il successo a Wimbledon 2022 era stata capace di raggiungere la finale all’Australian Open 2023 e di conquistare altre cinque finali nei WTA 1000 tra marzo 2023 e aprile 2024 (con due successi), appariva in difficoltà. Problemi fisici nel finale di stagione 2024 ma anche mentali, legati alla complicata vicenda della sospensione del suo coach Vukov, sembravano averla spinta ai margini del tennis che conta. E i numeri lo confermavano: nel 2025 non era mai riuscita ad andare oltre il quarto turno negli Slam e a un certo punto dell’anno era anche uscita dalla Top 10. Arretramento, appunto, che l’ha obbligata alla rincorsa autunnale per risalire nella Race.
La tennista che tanto aveva stupito il mondo del tennis da ventenne (anni 2019-20) rischiava di apparire un ricordo ogni giorno un po’ più lontano. Invece a Riyadh 2025 è tornata in campo la versione deluxe: quella capace di servire meglio di tutte, di farlo quando più conta e di governare il gioco grazie a una potenza, una precisione e una profondità di palla a tratti incontenibili per le avversarie.
Elena ha giocato bene in tutti i match, con un picco di rendimento probabilmente nel primo incontro (il 6-3 6-1 con il quale ha regolato la futura semifinalista Anisimova) e soprattutto nell’ultimo, quello contro Sabalenka. Impressionanti i numeri della finale, disputata, lo sottolineo, contro la numero 1 del mondo: 13 ace messi a segno, 72% di punti vinti con la prima e 73% con la seconda. Saldo totale vincenti/errori non forzati di +14 (36/22), Turni di battuta persi: zero, con 5 su 5 nelle palle break salvate. Ciliegina sulla torta: parziale conclusivo nel match di 10 punti a zero, che le ha permesso di vincere il tiebreak senza concedere alcun punto a Sabalenka: 6-3 7-6(0) il risultato conclusivo.
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Il mondo del tennis attende due nomi: Sinner e Alcaraz. Torino è in visibilio per una lotta al n.1 che potrebbe decidersi alle Finals, come non accadeva dal 2016 con Murray e Djokovic. E sono chiaramente i grandi indiziati per vincere i rispettivi gironi ed incrociarsi poi in quella che sarebbe una storica finale dei sogni. Su quest’asse va la proposta di Goldbet e Lottomatica: con questa speciale offerta, sarà possibile ricevere un bonus ad ogni partita vinta da uno dei due fenomeni del tennis mondiale.
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E sarebbe sbagliato pensare che Aryna abbia giocato male; è stata piuttosto Elena a trovare una giornata di grazia di quelle che si ricordano a fine carriera. Sappiamo quali sono i punti forti del suo tennis: il servizio, gli scambi vinti con l’uno-due, la fluidità e la potenza del rovescio. Era però molto meno scontato che riuscisse ad esprimersi ad altissimi livelli anche negli aspetti nei quali di solito può soffrire. Vale a dire la continuità in risposta, la capacità di difendere e ribaltare il punto, ma soprattutto la sicurezza e la costanza del dritto. Durante la finale a un certo punto mi ha dato la sensazione di avere trovato un timing così “facile” e naturale anche dalla parte del dritto da essere disposta ad affrontare il confronto sulla diagonale destra con Sabalenka senza alcun timore, convinta che anche con il proprio colpo sulla carta più debole sarebbe riuscita a prevalere. Come poi spesso è accaduto.
Quando Rybakina aveva cominciato ad affermarsi, avevo scritto un articolo su di lei scegliendo un titolo piuttosto impegnativo: “Elena Rybakina è davvero speciale”. I risultati degli anni successivi l’avevano confermato, ma la crisi attraversata nell’ultimo anno aveva cominciato a far sorgere dubbi sul suo rendimento. Possibile fosse in declino a 25 anni? Speriamo che il successo in Arabia segni un momento di svolta e restituisca in pieno al circuito una delle giocatrici più talentuose.
– La prevalenza delle attaccanti
A mio avviso una delle ragioni che hanno permesso a Rybakina di esprimersi a livelli così alti sono state le condizioni di gioco rapide. Innanzitutto la combinazione superficie + palline, e poi l’altitudine di Riyadh a favorire ulteriormente la velocità di palla. Riyadh si trova a 612 mt. sul livello del mare, quota molto simile a quella di Madrid (657 mt.), altro torneo nel quale l’aria rarefatta favorisce la rapidità dei colpi. Oltre a questo il campo indoor, con tetto e illuminazione artificiale, rende l’esecuzione del servizio più semplice e stabile, senza le incognite del vento e della luce solare.
Se sommiamo tutti questi aspetti, non sorprende che nei match siano risultati decisivi i colpi di inizio gioco: servizio, risposta e colpo in uscita dal servizio; chi ha saputo fare meglio in queste fasi ha finito per prevalere. Se il torneo si fosse disputato altrove i risultati sarebbero stati gli stessi? Non possiamo avere una controprova. Abbiamo però un confronto reale e molto interessante di cui tenere conto: le quattro semifinaliste delle WTA Finals sono state Sabalenka, Anisimova, Pegula e Rybakina; le quattro semifinaliste dell’ultimo US Open erano state Sabalenka, Anisimova, Pegula e Osaka. In sostanza soltanto un nome è cambiato, ma visto che Osaka non era presente in Arabia, la “sostituzione” era inevitabile. Il dato costante, però, è che alla fine in entrambi i tornei ha prevalso il tennis di attacco; a New York come a Riyadh.
La mia sensazione è che, almeno sul cemento, in questo periodo a livello femminile le giocatrici che propongono un tennis molto aggressivo, caratterizzato da una scelta dei colpi ad alto rischio, da grande potenza esecutiva e da notevole efficacia al servizio, di solito hanno le meglio su giocatrici dal tennis più attendista e difensivo. Sarà interessante capire se la tendenza si confermerà anche la prossima stagione o assisteremo a qualcosa di differente.
Delle cinque giocatrici citate come semifinaliste tra New York e Riyadh quella che a mio avvisto dispone di un servizio meno determinante è Jessica Pegula. D’altra parte Pegula possiede una risposta di primissimo livello, una qualità che le permette di essere competitiva anche contro le “big server”. Resta però il fatto che in nessuno dei due tornei è stata in grado di superare lo scoglio della semifinale, sempre fermata dalla futura vincitrice: negli USA da Sabalenka, in Arabia da Rybakina.
a pagina 2: Sabalenka, Swiatek e Gauff
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