Wimbledon, Vasamì: “Wimbledon ha un’aura tutta sua. Voglio competere con i grandi”

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Un gesto istintivo, liberatorio. Le braccia al cielo, a cui si è rivolto urlando, in quel modo che piacerebbe tanto a Ligabue: Jacopo Vasamì ha appena vinto la prima partita della sua storia tennistica a Wimbledon battendo con il punteggio di 7-6 (1) 6-3 il tedesco dal nome americano Jamie MacKenzie, giocatore che lui conosce molto bene per averci già giocato nel circuito juniores, giocando un match preciso, lucido, nonostante la superficie, nuova e l’approccio con i prati dell’All England Club. Un debutto assoluto: “È la prima volta che vengo a Wimbledon – racconta – e l’ho sentita. Nonostante abbia già giocato altri Slam, oggi ero più teso. Wimbledon mette qualcosa addosso. Fa un po’ impressione”.

Eppure, quando la tensione ha rischiato di bloccarlo, Vasamì ha trovato il modo per liberarsi. Il primo set è stato una lotta, con il romano incapace di leggere il servizio dell’avversario: “Stava servendo molto bene, sull’erba è complicato rispondere. Io faticavo, mi innervosivo. Però nel tie-break ho alzato l’attenzione e il livello. Da lì è cambiata la partita”. Dominato il jeu décisif 7-1, il secondo set è stato un crescendo. Più sciolto, più aggressivo, più simile a quello che lui stesso si definisce: “Un giocatore che ama comandare, aggressivo, da superfici veloci”. Eppure, il suo cuore resta legato alla terra: “Ci sono cresciuto, è dove ho sempre giocato. Però a lungo andare credo che anche erba e cemento possano diventare adatte al mio gioco”.

Un primo turno che sembrava un ottavo

MacKenzie non era un sorteggio fortunato. “Era fuori dalle teste di serie per una posizione, tra tutti era il peggiore che mi potesse capitare. Ci ho giocato un paio di volte quest’anno e mi ha sempre dato fastidio. Sapevo che sull’erba sarebbe stato ancora più pericoloso”. Ecco spiegata l’esultanza, il grido, il pugno al cielo. “Una reazione spontanea, anche di liberazione. Il primo turno è sempre una trappola. Poi questo è probabilmente il mio ultimo torneo junior, quindi ci tenevo”.

Il futuro? Challenger e crescita

Vasamì, classe 2006, ha già fatto i primi passi nei Challenger e ne parla con consapevolezza: “Ho scelto di fare ancora alcuni tornei junior, ma mi sento competitivo anche nei Challenger. Dopo questo Slam mi concentrerò solo sull’attività pro”. La crescita è costante, graduale, senza strappi: “Non c’è stato un momento chiave, è stato tutto graduale. Anche dopo il Bonfiglio, che ovviamente è un titolo importante, non è cambiato tutto d’un colpo. È stato il frutto di una buona evoluzione in questi primi sei mesi”.

Il lavoro prosegue sui dettagli: “Tecnicamente ho fatto grandi passi, ora cerco di migliorare la risposta e la gestione tattica. E anche fisicamente sto lavorando tanto. Voglio accumulare partite di alto livello, fare esperienza”. Il diploma lo ha preso l’anno scorso, studiando in un liceo americano: “Ora mi dedico al tennis, viaggio tanto, ho meno tempo per tutto il resto. Ma appena posso sto con gli amici, con la mia famiglia. E tifo Roma”.

“Primi 50 tra tre anni? Difficile dirlo. Ma voglio esserci”

Nato ad Avezzano ma cresciuto a Roma, vive a due passi dal Nomentano, dove si allena. In questi giorni ha trovato il tempo di seguire i “grandi” in azione a Wimbledon: “Cobolli, Sonego, Musetti… con Flavio abbiamo legato negli ultimi mesi, mi ha fatto piacere che fosse venuto a vedermi. Con Vavassori ho un bel rapporto. Degli altri, prendo qualcosa da tutti. Ognuno ha fatto un percorso incredibile”.

E tra tre anni, dove si vede Vasamì? “Mi piacerebbe essere in grado di giocare questi tornei da protagonista. Tra i grandi. Se sarò nei primi 50? Non so dare un numero, ma voglio competere con i migliori”.

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Autor: Carlo Galati