Wimbledon, Sabalenka: “Avrei dovuto ricordare di essere la numero 1”

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Perdere, racconta Aryna, è sempre come morire un po’. “Losing sucks. Ti senti come se non volessi più esistere, come se fosse la fine della tua vita. Poi ti siedi, rifletti, e inizi a vedere dove potevi fare meglio”. La sconfitta non è mai un momento unico, ma un processo: c’è la ferita iniziale, e poi c’è il dolore lento e lucido che arriva dopo, quando capisci dove hai sbagliato.
Con Anisimova, nella prima delle due semifinali di questo caldo pomeriggio londinese a Wimbledon, Sabalenka non ha brillato in risposta. “Il mio gioco in risposta oggi è stato molto peggio rispetto alle partite precedenti, ma ho dato tutto. Anche se non ha funzionato, ci ho provato. Alla fine lei ha servito meglio, ha giocato in modo più aggressivo. Io, a tratti, ho smesso di crederci”.
È proprio lì, in quei momenti di esitazione, che si è giocata la semifinale. “Avrei dovuto ricordarmi chi sono. Sono in cima al ranking, posso farcela, ma a un certo punto l’ho dimenticato”.
Il rapporto di Aryna con Wimbledon è travagliato, fatto di separazioni forzate e occasioni mancate. “Ho perso tre semifinali qui. Una volta non mi è stato concesso di partecipare (ban per atleti russi e bielorussi n.d.c.), un’altra ero infortunata. In questo momento ho un rapporto più di odio che di amore con questo torneo, ma spero davvero che un giorno cambierà”. Come se Wimbledon fosse un vecchio amore che continua a far male, ma che non riesci a lasciar andare. “Se un giorno riuscirò a vincerlo, ripenserò a tutte queste sconfitte come parte del percorso”.

La rabbia, le provocazioni, e quel punto che ha riacceso il suo fuoco

C’è stato un momento, nel secondo set, che ha acceso qualcosa dentro di lei. Un’esultanza anticipata di Amanda, prima che la palla fosse definitivamente fuori dalla portata. “Mi ha dato fastidio. Lei ha detto che lo fa sempre. E io ho pensato: adesso ti faccio vedere io. Mi sono arrabbiata davvero e ho cominciato a lottare”.
Poi un altro episodio, il nastro beffardo, la palla che cade dalla parte di Aryna. Nessun “sorry” da parte dell’americana. “Se non sente di dover chiedere scusa in un punto così fortunoso, è una sua scelta. Lei voleva solo vincere il match”.

La stagione, tra finali perse e consapevolezze nuove

Nonostante tutto, Sabalenka non butta via nulla. “Sono già qualificata per le Finals di Riyadh. È incredibile, siamo solo a luglio. Ho perso partite difficili, ma la costanza che ho avuto quest’anno è impressionante”. Parla di crescita, di maturità, ma anche di fame. “Queste sconfitte mi fanno venire ancora più voglia. Ho grandi speranze per il prossimo anno qui a Wimbledon; so quello che voglio raggiungere e sono anche un po’ arrabbiata”.
C’è una consapevolezza nuova che traspare dalle sue parole. Non solo tecnica, ma emotiva. “A Parigi ho perso il controllo. Qui no. Ogni volta che ero vicina a perdere la testa, mi dicevo: non è un’opzione. Non aiuta, non serve. Ho preso tempo prima della conferenza proprio per essere me stessa”.
Il filo rosso che unisce le tre sconfitte nei Major del 2025 – Australian Open, Roland Garros e ora Wimbledon – è uno solo: il dubbio. “Mi dimentico di quanto sono forte. Quando me lo ricordo, gioco il mio miglior tennis. Quando no, perdo. È tutto lì: fidarsi di se stessi”.
E allora forse la prossima tappa – l’ultima chance Slam dell’anno – sarà quella decisiva. “Forse allo US Open mi basterà solo questo: ricordarmi chi sono e crederci fino in fondo”.

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Autor: Carlo Galati