Gli editoriali del direttore Scanagatta da Londra
Day 1 – La Grande Bellezza di un grande Fognini per un addio memorabile con gli applausi di Alcaraz
La terza giornata di Wimbledon si preannunciava particolarmente noiosa. D’altra parte non poteva essere scoppiettante come le prime due, con 23 teste di serie eliminate, 13 uomini e 10 donne, 8 top-ten fra i due tabelloni già k.o. Però qualche eliminato a sorpresa c’è stato, Tiafoe ad esempio (quando c’era chi ricordava che 50 anni fa qui vinse Arthur Ashe, primo afroamericano a trionfare qui fra gli uomin, dopo Althea Gibson fra le donne) e Lehecka grazie a… Bellucci! Mentre l’amico Fritz ha detto ancora una volta che lui se non gioca 5 set non si diverte.
Il programma appariva allettante solo per gli inglesi dopo che il comitato organizzatore aveva monopolizzato 4 dei 6 incontri previsti sui due campi principali per dare spazio ai figli della perfida Albione, Tarvet contro Alcaraz (passeggiata scontata del murciano contro il n. 733 del mondo), a Raducanu contro l’ex campionessa di Wimbledon 2023 Vondrousova (e qui non era scontato che vincesse la ragazza che ha misteriosamente vinto uno US open e cui si vuole per forza attribuire un flirt con Alcaraz… basta per dirlo che ci giocherà il misto insieme a New York?), a Norrie per affrontare (e battere) Tiafoe e raggiungere dunque il nostro sorprendente Bellucci che ha fatto fuori Lehecka, infine alla futura signora de Minaur Katie Boulter che aveva sorpreso al primo turno Paula Badosa (che non può dirsi ancora futura signora Tsitsipas ma ha preso a perdere quanto lui per solidarietà coniugale in fieri) ma non ha saputo ripetersi contro la lucky loser argentina Sierra che aveva perso nelle qualificazioni ma si ritrova al terzo turno… dove c’è anche Mattia Bellucci da Busto Arsizio.
E dove non ci si troverà invece Jasmine Paolini, malamente uscita di scena da questo torneo che lo scorso anno l’aveva vista finalista (e battuta, non senza rimpianti, dalla Krejcikova) per mano della russa n.80 WTA Rakhimova. Che però, oltre ad aver una grinta che levati, ha giocato proprio bene. Tirava randellate, sia di dritto che soprattutto di rovescio da top 20 o 30.
Decisamente San Camillo non ci protegge: Kamil Majchrzak aveva fatto fuori Berrettini, Kamilla Rakhimova ha eliminato la nostra n. 1 azzurra, nonché la n. 4 del mondo, scesa agli Inferi come la n.2 Gauff, la n.3 Pegula, la n.5 Zheng. Quattro delle prime cinque insomma. Si è salvata fin qui soltanto Aryna Sabalenka, che comunque ha dovuto patire le sue pene prima di aver la meglio sulla ceca Bouzkova (76 64) che ha servito per il primo set.
Con tutti i punti persi rispetto allo scorso anno (1230 cito a memoria) Jasmine è già discesa virtualmente a n.8, perché Swiatek risale per il momento a 4, Andreeva a 5, Zheng a 6, Keys a 7. Ma dietro alla Paolini ci sono ancora in gara a Wimbledon e quindi ad incalzarla Anisimova a 10, Navarro a 11, Svitolina a 13, Rybakina a 14, Alexandrova a 16, per citare le più vicine, ma con tutti i punti che ci sono ancora in ballo diverse altre tenniste potrebbero contribuire a farla uscire dalle prime 10.
Ho visto la fine del primo set e gli ultimi due set di Jasmine. Avrei voluto dirle tante cose, perché la sua condotta tattica è stata assolutamente scriteriata, ma non mi è sembrato il caso perché in “panchina” aveva già Marc Lopez, Sara Errani, Tathiana Garbin e Paolo Lorenzi, tutti tecnici più accreditati del sottoscritto. Semmai mi sembravano fin troppi, mentre Renzo Furlan era assorbito dal suo nuovo compito di telecronista di SKY. Chissà se è stata una scelta giusta quella di Jasmine. Il dubbio lo manifestano in parecchi, qui su Ubitennis.
Jasmine ha sciupato alcune opportunità delle fasi iniziale del secondo set, mentre nel terzo – già innervositasi – non dava la sensazione di poter rovesciare il trend del match. In conferenza ha detto di aver avuto cali di concentrazione: “Non riuscivo proprio a stare attenta…sono stanca…ho giocato troppo…avrei dovuto saltare un torneo…ora gioco il doppio e poi stacco per un po’…” queste le frasi che ho sintetizzato. Beh farà bene a staccare. Dovrà anche far finta di non sentire quanto diranno in tanti. Adesso, infatti, mi par già di sentire tante Cassandre che prima rilanciano le loro profezie di fine 2024: “L’avevo detto io che non avrebbe ripetuto le sorprendenti finali nei due Slam di un anno fa!” e poi sentenziano “Jasmine Paolini non vale la classifica che ha raggiunto” e la pronosticano “Presto fuori dalle top-ten”.
A questi signori dico che non dovrebbero dimenticare che Jasmine ha vinto nel frattempo gli Internazionali d’Itaia battendo la campionessa del Roland Garros (e di uno US Open) Coco Gauff, superata anche a Stoccarda, e a Miami aveva raggiunto le semifinali (come a Stoccarda e a Bad Homburg).
Insomma, non c’è dubbio che Jasmine ultimamente non è apparsa così serena e brillante come nei mesi migliori del 2024, però non è davvero più la Paolini del 2023. Fra le top-10, altrimenti top15, ci può stare tranquillamente. E il livello del tennis femminile si è molto appiattito, non ci sono più le Williams che dominavano il tennis, e neppure la Barty. Non è che se anche Jasmine venisse momentaneamente scavalcata in classifica da – puta caso – Anisimova, Navarro, Muchova, Svitolina, Shnaider, Kasatkina, Rybakina, Alexandrova, Noskova…dovrebbe considerarsi inferiore e incapace di risorpassarle tutte. Non ci sono vere campionesse. Ci sono tante buone giocatrici che se azzeccano il periodo giusto possono salire tra le prime deici del mondo e anche tra le prime cinque senza essere dei fenomeni.
Adesso spero solo che questa epidemia di tennisti e tenniste che dicono di soffrire di malattie psicologiche non si diffonda ulteriormente, perché dai tempi della prima denuncia di Naomi Osaka, è diventata una mania. Luca Baldissera ha scritto un articolo su Ubitennis, Claudio Giuliani ha trattato l’argomento in maniera più leggera ma spiritosa sulla sua newsletter settimanale Warning, ora non si fa che leggere di tennisti che – ormai tutti o quasi accompagnati da coach mentali – soffrono di malesseri psicologici e stress insopprimibile che li destabilizzano in modo pesa. Un’epidemia, ripeto. Scoppiata in modo esponenziale. Di cui sembrano vittime uomini e donne in modo più o meno analogo e paritario. Anni fa nessuno ne parlava. Ma anni fa sembravano non esistere anche anoressia e bulimia.
Anche Mattia Bellucci, un ragazzo coetaneo di Sinner che da ragazzino ebbe modo di batterlo tre volte, non è passato indenne da alcuni problemi esistenziali che non avevano diretta attinenza con il fisico o con la tecnica tennistica. Il padre… una sua difficoltà a inserirsi nella mentalità del professionista, una sostanziale immaturità.
Però ieri sul campo 12 il modo in cui si è liberato di Jiri Lehecka, n.23 del seeding, è stato impressionante. Un tennis bellissimo da vedere. Rischiosissimo, tutto il contrario del cosiddetto tennis percentuale, ma altamente spettacolare, coinvolgente. Sogno che sappia ripetersi – la famosa prova del nove – con quel Cameron Norrie, mancino come lui che ha vinto 3 set di fila contro Tiafoe dopo aver perso il primo e che con Bellucci aveva perso nelle “quali” a Montecarlo. Ma sull’erba Norrie è un altro…pesce. Semifinalista qui nel 2022, battuto da Djokovic, Norrie in 8 partecipazioni è arrivato al terzo turno 4 volte. Insomma, a differenza di Bellucci da Busto Arsizio che c’è arrivato per la prima volta in assoluto in uno Slam, l’inglese cosmopolita (nato in Sud Africa, cresciuto in Nuova Zelanda, sviluppatosi come tennista negli Stati Uniti) ha un gran bel Curriculum Vitae a Wimbledon. Però i due, virtualmente, sono oggi vicinissimi nel rankigng, 63 Bellucci e 61 Norrie che però è stato anche top-ten, mentre Bellucci è già tre posti sopra il suo best ranking di n.66.
Battesse anche Norrie nel derby fra mancini Bellucci potrebbe dover affrontare in un match quasi… fantasmagorico la stella emergente di 18 anni Joao Fonseca, primo brasiliano in 15 anni a raggiungere il terzo turno e da n. 54 del ranking ATP già virtualmente n. 46. Fonseca è anche il primo diciottenne a raggiungere il terzo turno dal 2011. Tanta roba. Comunque vada con Norrie questo Bellucci è un bel tennista e anche un bel personaggio che fa… una bella accoppiata con Fabio Chiappini, coach estroverso e… diverso da quelli con i quali sono abituato a interagire. Leggete come si esprime e cosa dice nell’audio nella trascrizione dell’audio che ho registrato a fine impresa di Bellucci. Se poteste sentire l’audio verace vi farebbe più effetto.
Ieri avevano giocato in tre azzurri, Bellucci a lieto fine, Paolini a infausto esito, Darderi coitus interruptus perché aveva vinto i primi due set contro il giuconstieziere di Popyrin, l’inglese Fery, quando sono calate le tenebre. Che la notte gli porti consiglio per concludere con la soddisfazione finale. Oggi ci sono cinque italiani in gara, come scriviamo su Ubitennis nel consueto articolo che riguarda quotidianamente gli italiani in campo, dove e quando.
Lucia Bronzetti sul campo 1 contro Mirra Andreeva è la sola a giocare chiaramente contro pronostico. Ma almeno gioca e sembra essersi ripresa dopo aver dichiarato l’altra sera di essere stata vicina a smettere di giocare perché insoddisfatta dei proprio risultati. Mah, che dire? Queste ragazze si mettono troppa pressione addosso. Tante pagherebbero di essere arrivate dove sono arrivate loro… ma loro no. Davvero chi dovrebbe considerarsi fortunato e privilegiato… sembra non rendersene conto. Ma se i casi si ripetono, il fenomeno non può essere sottovalutato.
Occhi puntati su Sinner contro Vukic, terzo match sul Centre Court, con il solo Sinner che pensa che può anche perdere – ma non perché è depresso; è il suo modo di affrontare qualunque avversario e i fatti gli stanno dando ragione – ma io non riesco a metterlo nel titolo anche se con Sinner e il SEO ti dicono che lo si dovrebbe sempre mettere. C’è anche Cobolli che scende sul campo 18 alle 11 locali (le 12 in Italia) contro un inglese mai visto (dal sottoscritto, eh), tale Jack Pinnington Jones che però zitto zitto ha fatto fuori Etcheverry che avrà certamente dichiarato ai colleghi argentini che “l’erba è per le vacche”, come solevano dire negli anni settanta-ottanta e novanta tutti gli spagnoli e anche il nostro Bertolucci, quando però l’erba era tutt’altra erba, non certo erba battuta.
Cocciaretto con l’american Volynets è “costretta” a dimostrare che la sua vittoria sulla Pegula n.3 del mondo non è stata casuale e che davvero l’erba è la “sua” superficie a prescindere dal suo ranking insufficiente, n. 116, e il quarto degli azzurri che potrebbe avere vinto stasera è Lorenzo Sonego che deve vendicare Musetti, eliminato dal georgiano Basilashvili. Non una mission impossible.
Sono oltre le tre (le vostre quattro), è ora di dormire, anche perché, come detto, Cobolli gioca fra meno di 8 ore e in Church Road bisogna comunque arrivarci. In famiglia Scanagatta si dice che sono matto, o seriamente malato, a finire i miei editoriali alle 3 del mattino. Probabilmente hanno ragione. Meno male che ho noleggiato un Liberty e parcheggio a due passi dall’All England Club grazie all’ospitalità – per il Liberty – di Olga Morozova, prima finalista russa (si chiamava Unione Sovietica) della storia a Wimbledon: perse 64 64 da Chris Evert nel 1974. L’anno precedente, nel 1973, anno del boicottaggio dei tennisti professionisti per via del “caso Pilic”, il georgiano Alex Metreveli (Unione Sovietica anche per lui) aveva perso in finale dal ceco Jan Kodes. Il marito di Olga, Viktor, aveva fatto il raccattapalle al club Dinamo di Mosca a Nicola Pietrangeli e Lea Pericoli. Buona notte. O buongiorno.
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Autor: Ubaldo Scanagatta