A pochi giorni dall’inizio del torneo, Wimbledon si presenta come lo Slam più complicato da decifrare; una sensazione che si ripete ormai da alcuni anni. Ma che non si tratti solo di una impressione della vigilia, lo confermano i verdetti a torneo effettivamente disputato. Infatti dopo il successo del 2021 della allora numero 1 Barty, le ultime tre edizioni sono state vinte nel 2022 dalla testa di serie numero 17 Elena Rybakina, lo scorso anno dalla tds numero 31 Barbora Krejcikova e nel 2023 – per la prima volta nell’era Open – da una giocatrice che non era nemmeno testa di serie come Marketa Vondrousova. In quel momento Vondrousova era numero 42 del ranking. Esiti quasi impossibili da immaginare prima del via.
Ma davvero i risultati degli ultimi Wimbledon sono meno “logici” rispetto agli altri Slam? La risposta che si ricava dal confronto dei numeri è: sì. In Australia le ultime edizioni sono state vinte da Sabalenka (due volte) e Keys. Vale a dire testa di serie numero 5 (Aryna nel 2022), numero 2 (la stessa giocatrice nel 2023) e numero 19 (Keys qualche mese fa). In Francia hanno vinto esclusivamente le testa di serie numero 1 (Swiatek più volte) o numero 2 (Gauff, quest’anno). Infine allo US Open abbiamo avuto il successo di Swiatek (n. 1 nel 2022), di Gauff (n. 6 nel 2023) e di Sabalenka (n. 2 nel 2024).
Quindi i dati confermano la tesi: negli ultimi anni I Championships sono diventati realmente lo Slam più imprevedibile. Come mai? Quando si ragiona su poche edizioni una parte della spiegazione potrebbe essere sempre motivata dal caso. Ma penso che una parte della spiegazione sia probabilmente legata alla composizione della attuale Top 10, in pratica il gruppo di giocatrici considerate logiche favorite al via di ogni Slam.
Mi spiego: nella Top 10 di oggi, nessuna delle tenniste giovani ha dato prova di avere una particolare vocazione al gioco su erba. Come, per esempio, era capitato lo scorso decennio a Petra Kvitova. Ma in più, nella Top 10 attuale, mancano anche giocatrici più mature che abbiano affrontato tante partite sulla superficie; vale a dire giocatrici capaci di crescere anno dopo anno nell’interpretazione dell’erba, sino ad arrivare a esprimersi al meglio nella seconda parte di carriera. Come accaduto, per esempio, ad Angelique Kerber e Simona Halep. Ricordo che le due tenniste più anziane della attuale Top 10, Pegula e Paolini, hanno avuto una carriera anomala, perché sono arrivate ai vertici dopo i 25 anni e senza avere alle spalle un numero di match sui prati realmente superiore alla concorrenza.
C’è anche un altro fattore da tenere in considerazione: noi parliamo genericamente di “erba”, perché sicuramente la superficie richiede accorgimenti specifici per essere interpretata al meglio. Ma poi ci sono comunque differenze anche tra i campi dei diversi tornei. In poche parole: le condizioni di gioco di Wimbledon non sono proprio uguali a quelle del Queen’s, di Eastbourne o di Berlino. Per esempio Caroline Wozniacki ha ottenuto ottimi risultati ad Eastbourne (due vittorie, una finale, tre semifinali), eppure non è mai riuscita ad andare oltre il quarto turno ai Championships. E ricordo che qualche anno fa a Wimbledon in conferenza stampa avevo chiesto a Roberta Vinci quale era la superficie che secondo lei presentava maggiori differenze tra torneo e torneo. Di fronte alla scelta tra cemento, terra ed erba, Vinci non aveva avuto dubbi nello scegliere proprio l’erba.
Infine va considerato il puro aspetto numerico: sull’erba si disputano pochi tornei, e di conseguenza sono pochi anche i punti che concorrono nella definizione del ranking. Inevitabilmente sono cemento e terra i terreni che pesano di più quando si stabiliscono le gerarchie. Che di conseguenza si rivelano meno attendibili quando si compete sui prati.
Insomma, i motivi sono molteplici, ma sta di fatto che il tennis femminile delle ultime stagioni è ancora in attesa di scoprire un’interprete dell’erba capace di lasciare il segno ad altissimi livelli e con continuità. O forse una giocatrice c’è stata, vale a dire Ons Jabeur (finalista nel 2022 e nel 2023). Però Jabeur non è mai riuscita ad alzare il Venus Rosewater Dish a causa della cronica difficoltà nell’affrontare le grandi partite: tre finali Slam conquistate (Wimbledon 2022, US Open 2022, Wimbledon 2023), tutte perse.
E quindi? Brancoliamo totalmente nel buio? Intanto non possiamo escludere che l’edizione 2025 segni una inversione di tendenza, con le prime teste di serie compattamente avanti, e magari le prime due in finale a giocarsi il titolo. Come è accaduto nel recente Roland Garros. D’altra parte non è così improbabile nemmeno lo scenario opposto, nel quale le gerarchie del ranking sono sbriciolate da molte outsider, sino a una vincitrice pagata dai bookmaker a inizio torneo cifre altissime, proprio come accaduto alle ceche ultime campionesse (Vondrousova e Krejcikova).
a pagina 2: Cinque nomi suggeriti dal recente passato
O que achou dessa notícia? Deixe um comentário abaixo e/ou compartilhe em suas redes sociais. Assim conseguiremos tornar o tênis cada vez mais popular!
Esta notícia foi originalmente publicada em:
Fonte original
Autor: AGF