Wimbledon, Cobolli: “Sognavo questo momento fin da bambino”

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È un giorno che sognavo da quando ero bambino, da quando ho iniziato a giocare a tennis”. Flavio Cobolli lo dice con voce un po’ emozionata, come si conviene ad occasioni del genere, gli occhi lucidi e un sorriso che fa a pugni con le parole, perché oggi davvero le emozioni si sono accavallate. Il campo 2 dell’ All England Club è stato il teatro perfetto di una delle partite più importanti della sua ancora giovane carriera: 6-4, 6-4, 6-7, 7-6 a Marin Cilic, ex n.3 del mondo, campione agli US Open e finalista a Wimbledon. Non male.

Giocare con una leggenda come Marin, su un palcoscenico del genere… è quello per cui vivo. Fin da piccolo la mia famiglia e il mio team mi dicevano che ero nato per questi momenti. Mi hanno sempre detto che in campo ero ‘freddo’, elettrico, che mi nutrivo di partite come questa. Credo che abbiano avuto ragione”.
Il punto però non è solo aver vinto: è come lo ha fatto. Aggressivo, deciso, emotivamente saldo anche quando Cilic ha rialzato la testa nel terzo set, portandolo al tiebreak. “Mi ero detto che dovevo entrare in campo per divertirmi, ma anche per crederci. Con Marin avevo già giocato e sapevo che potevo farcela. Mi sono detto: gioca come vuoi giocare, resta con l’atteggiamento giusto. Il campo 2 era un po’ più lento, mi ha aiutato, ma è stata soprattutto una questione mentale”.

Le difficoltà di inizio stagione e quella svolta serena

La stagione di Cobolli era cominciata in salita. “L’inizio dell’anno è stato brutto, ero in difficoltà. A un certo punto ho capito che dovevo cambiare qualcosa: mi sono allenato meglio, ho curato l’alimentazione, il mio atteggiamento fuori e dentro il campo. Bucarest e Amburgo mi hanno dato fiducia, ma arrivare ai quarti a Wimbledon… mai ci avrei pensato.Durante la stagione è migliorata la mia voglia di migliorarmi, mi piace la competizione, ho un bel team. La serenità che abbiamo ci aiuta a lavorare meglio. La mia più grande fortuna è quella di sapere vivere le situazioni nel miglior modo possibile. Sto nel chill”.
È un ragazzo che ha ancora addosso l’incoscienza bella dei 23 anni che trae forza dal bene che lo circonda. “Mi piace stare in gruppo. Viviamo tutti insieme in una casa affittata, stiamo bene insieme. C’è mio fratello, c’è Edoardo Bove… mi sento sereno, e quando sto bene fuori dal campo, poi dentro gioco meglio. Mio fratello oggi era distrutto dall’emozione, ha pianto più di me (ride). Ma è giusto così, è una cosa speciale per tutti noi. Edoardo invece mi ha sempre detto, fin dall’inizio del torneo che avrei fatto bene”.

Padre e allenatore, figlio e giocatore: il rapporto tra Flavio e Stefano

E poi c’è il rapporto con il padre-allenatore, Stefano, sempre presente, ma mai ingombrante. “Con lui non abbiamo cominciato subito. Ho giocato a calcio fino a 14 anni. Poi ho iniziato col tennis e fino 16 anni mi seguivano altri maestri al “Parioli”. Lui non si è mai intromesso, non mi chiedeva nemmeno cosa facevo agli allenamenti, non interveniva sulla preparazione e la programmazione. Solo quando ho deciso io che volevo lavorare con lui, è iniziato tutto. E oggi, vederlo emozionato così, è stato forse il momento più bello”.
Il loro rapporto non è tutto rose e fiori, ma funziona. “Litighiamo tanto, tutti i giorni, ma ci vogliamo anche un gran bene, il nostro è un rapporto odio amore. Da fuori sembriamo matti, ma dentro c’è equilibrio. Lui è una persona molto pacata, che si tiene tutto dentro. Oggi invece è scoppiato, ha pianto, si è liberato. E io l’ho capito benissimo, perché sono fatto allo stesso modo”.

Il sogno, la scaramanzia e la voglia di migliorarsi, imparando dai migliori

Alla domanda se Wimbledon fosse un sogno d’infanzia, Cobolli risponde senza esitare: “Mi piacciono tanti tornei, Roma ovviamente perché è casa, Parigi perché mi ci trovo bene, ma Wimbledon è un’altra cosa. È storia pura. È il torneo più elegante del mondo. Arrivare ai quarti qui… è qualcosa che nemmeno riesco a spiegare”.
Poi racconta un aneddoto che rivela molto del ragazzo dietro al giocatore. “Non sono scaramantico, tranne per una cosa: faccio sempre la doccia nella stessa cabina. Quella sì, è intoccabile (ride). Per il resto no, nemmeno quando vado a riprendere la pallina con cui ho fatto ace. Lo faccio d’istinto”. E qui è l’ironia a parlare, rivelando quel lato guascone e sfacciatamente simpatico, tratto tipico della sua romanità.
E poi c’è quella voglia matta di migliorarsi, giorno dopo giorno che si riflette anche nelle scelte che compie, soprattutto in allenamento: “Due giorni fa avevo un allenamento programmato, ma l’ho spostato per potermi allenare con Djokovic. In uno Slam di solito si cerca di riposare, ma io sentivo che sarebbe stato utile e infatti oggi ero pronto. Così come essermi allenato con Jannik, è stato faticoso, ma importantissimo. Cerco sempre di rubare qualcosa; da lui, Nole, Carlos imparo ogni volta. La parte mentale, soprattutto, è quella che mi colpisce di più”.
Non a caso, Sinner è un riferimento. “Sì, lo è per tutti noi. Quando mi alleno con lui cerco di capire cosa fa, come pensa. Quell’allenamento con lui dell’altro giorno mi ha dato tanto. Da fuori sembra tutto facile, ma dentro si capisce quanto lavoro c’è”.
Ora, ad attenderlo, c’è forse il Centre Court o il Court 1, e il sette volte campione a Wimbledon, Novak Djokovic. “Voglio solo godermi il momento, il campo, l’atmosfera, il pubblico e pensare a giocare come ho fatto finora. Punto dopo punto, con il sorriso, pensando solo a me stesso”.

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Autor: Carlo Galati