Vagnozzi: “Sinner deve andare in giro a testa alta. Post Cahill? Qualcuno che sappia stare accanto ad un n. 1”

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Tre anni dopo l’inizio di un cammino che sta riscrivendo la storia del tennis italiano, Simone Vagnozzi si ritrova ancora lì, un passo dietro Jannik Sinner. O meglio, accanto. Perché, anche se il campo dice solitudine, la carriera di un tennista è fatta di cerchi. E al centro, nel cerchio perfetto che ruota attorno al numero uno del mondo, c’è un ragazzo dai capelli rossi e uno staff che non fa rumore, ma costruisce e sostiene, allena e fortifica. “Il nostro è un vero lavoro di squadra, e nel tennis non è così scontato”, racconta Vagnozzi in un’intervista rilasciata a Giorgia Mecca per Il Venerdì, inserto di Repubblica. “Quando ci siamo conosciuti Jannik era numero 10 al mondo. Oggi è il numero uno, ma il modo in cui lavoriamo non è cambiato di una virgola”.
Da giocatore capivo già che sarei stato più utile agli altri che a me stesso. Mi piaceva sedermi in tribuna e dare una mano agli amici”. Poi, nel 2022, l’inizio dell’era Sinner: “Abbiamo messo tutto sul tavolo fin dall’inizio. L’obiettivo era chiaro: vincere gli Slam e arrivare in cima”.

L’arte dell’equilibrio e la giostra del circuito
Il circuito è una giostra che non si ferma mai. Quando sei in alto, ogni settimana ti viene richiesto il cento per cento”, spiega il coach marchigiano. Lo stop per infortunio di Jannik, lungo quasi tre mesi, è stato vissuto con intelligenza: “Ci ha fatto bene staccare. Ogni tanto è necessario scendere dalla giostra”.
E anche il rapporto tra allenatore e giocatore si è consolidato, tra campo e vita: “Viviamo insieme 24 ore su 24 per molte settimane all’anno. È inevitabile creare un rapporto che va oltre il professionale, ma è fondamentale non diventare troppo amici”.
L’amicizia può ostacolare certe decisioni, serve equilibrio. Empatia, sì. Ma anche lucidità. Bisogna poter dire le cose giuste anche quando fanno male”.

Le parole giuste al momento giusto
Nel box, durante i match, la loro calma è quasi irreale. “Il nostro compito è trasmettere serenità. Il giocatore in campo ha già abbastanza caos dentro di sé”.
Indimenticabile la finale di Melbourne con Medvedev, prima vittoria Slam di Sinner: “Gli ho dato un consiglio sulla posizione in risposta. All’inizio non lo ha seguito. Poi, da lì, la partita è girata. Ma quel dritto lungolinea con cui ha chiuso? Lì c’è solo Jannik. Nessun merito nostro”.
E poi, il concetto chiave: “Nel tennis nessuno deve sapere cosa provi. Neanche l’avversario. A volte mettiamo un asciugamano sopra il microfono, così nessuno ci sente. Ma anche il linguaggio del corpo va controllato. Bisogna avere la poker face”.
Un episodio lo ricorda bene: “Roland Garros 2023, contro Altmaier. Sconfitta dolorosa, ma più che altro mi colpì il suo atteggiamento. Lì abbiamo parlato tanto. Non si è più visto così”.

Le svolte, le scelte, e una domanda ancora aperta
Il vero clic è avvenuto a Pechino, nell’autunno del 2023”, confessa Vagnozzi. “Contro Alcaraz e poi con Medvedev ha fatto cose che non gli avevo mai visto fare. Soprattutto la scelta di scendere a rete. Era uno dei nostri obiettiviCosa può migliorare ancora? Dettagli. Quando l’ho conosciuto era un ottimo giocatore con poca visione tattica. Oggi ce l’ha, ha migliorato il servizio e la discesa verso rete. Può lavorare ancora su alcune variazioni sulla terra e diventare più sicuro quando scende a rete”.
Il paragone con Djokovic viene naturale: “Si difende come Nole, ma riesce a essere più aggressivo. E ha qualcosa di raro: non si prende troppo sul serio. Non si sente speciale”.
Con Darren Cahill pronto a lasciare il team, si apre un nuovo capitolo. “Dovrà essere una persona che sappia cosa significa stare accanto al numero uno del mondo, ma soprattutto, dovrà avere la stima di Jannik”. E quando gli chiedono se Sinner sia più forte di Alcaraz, Vagnozzi sorride: “Lo vedremo solo alla fine, quando conteremo i titoli. Sono entrambi straordinari, ma ogni partita è un mondo a sé: superficie, clima, orario… tutto può fare la differenza”.

Uomini, cadute e parole da fuoriclasse
Sulla vicenda doping, Vagnozzi è netto: “È stato uno shock. Ma non abbiamo fatto nulla di sbagliato, chi ha letto i documenti lo sa. Ho detto a Jannik: dobbiamo andare in giro a testa alta”.
E parlando di giovani promesse, non si tira indietro anche con paragoni importanti “La voglia di vincere ce l’avevano i Big Three e ce l’ha Jannik, ma quella ce l’hanno tutti, li vedo quando si allenano. Non è detto però che arrivino i risultati. Ho visto giocatori fortissimi a 19 anni che a 25 sono esattamente allo stesso punto. Non sono migliorati. Zverev? Credo che vincerà almeno uno Slam. Dopo l’infortunio ha fatto più progressi che in tutto il periodo precedente”.
Infine, l’incontro con Roberto Baggio, un momento che vale più di mille parole. “Mi piace parlare con i fuoriclasse, capire come ragionano. Baggio, guardandomi, mi ha detto una sola cosa: Fallo stare bene”.

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Autor: Carlo Galati