Jannik Sinner è proprio di un altro pianeta. “Non ho mai giocato contro uno che mi ha messo subito così sotto, così di fretta, sono davvero impressionato per come gioca Jannik. Stasera lui ha vinto sotto tutti gli aspetti”.
Proprio così. Lorenzo Musetti ha ragione. Sinner è stato semplicemente ingiocabile, inarrestabile. Sembrava – e non voglio assolutamente infierire su Lorenzo che secondo me ha giocato a tratti, dal secondo e specialmente nel terzo set anche benino – che ci fosse una vera categoria di differenza.
Ok, Musetti ha pagato lo scotto dell’esordio serale e su un campo come l’Arthur Ashe, e come ha osservato Sinner “è difficile rimettere in piedi una partita cominciata male…”, ma resta il fatto che da un confronto fra il n.1 del mondo e il n.10 (che è poi già 8 virtuale) ti puoi aspettare più equilibrio e equilibrio proprio non c’è stato.
Non c’è stato un solo momento in cui si potesse ipotizzare che le cose sarebbero potuto cambiare. Troppo netto il divario in termini di potenza, di velocità, di profondità, di solidità e continuità.
Non c’è stata partita e Musetti è il primo ad esserne consapevole, oltre che deluso. D’altra parte si sta parlando di un giocatore che ha raggiunto l’ottava semifinale di Slam e la quarta su altrettanti Major disputati quest’anno. Come soltanto il vecchio, irriducibile Novak Djokovic (che di semifinali ne ha raggiunte 53!).
La cronaca che Carlo Galati ha scritto con grandissima tempestività, per un match durato un minuto meno di due ore e concluso poco prima della mezzanotte locale (le sei del mattino vostre), ripercorre fedelmente tutto quanto accaduto ed è inutile che io la ripercorra.
Ho ripensato alle battaglie degli anni Settanta fra Adriano Panatta e Corrado Barazzutti: onestamente fra i due c’era più equilibrio. Ma è anche vero che Panatta è stato al massimo n.4 e Barazzutti al n.7, mentre qui c’è un n.1 che sul cemento si trova a menadito ed è ancor più n.1. Mentre Musetti, pur immensamente progredito, resta certamente un top-ten più forte sulla terra rossa (sulla quale ha principalmente costruito la sua classifica, con la finale di Montecarlo, le semifinali di Madrid, Roma e Parigi) che sul cemento dove, più che il tocco e le variazioni, serve la potenza, la solidità.
Sinner ha cominciato il match con due ace nel primo game, con un break nel secondo e nel quarto, con 5 game di fila e Musetti ne è uscito tramortito, né più né meno che come Bublik che – anche lui – nei turni di servizio di Sinner nel primo set aveva colto appena 3 punti. Anzi, Musetti ha fatto peggio, perché nel primo set contro Bublik Sinner aveva servito per 3 turni, contro Musetti invece 4 perché aveva servito per secondo.
Insomma uno si trova a giocare il suo primo quarto all’US Open e viene seppellito da quella gragnuola di sassate e che volete che faccia?
Miracolo, anzi, che nel secondo set, grazie anche al fatto di aver cominciato a servire per primo, Lorenzo è riuscito a stare avanti nel punteggio fino al 4-3 per lui, prima di subire il break sul 4 pari. Ha pure avuto una palla break sul 2-1 per lui, ma Sinner gli ha sparato nell’angolo un servizio a 207,5 km orari e povero Musetti, che diavolo poteva mai fare contro un simile schiacciasassi?
Mi sono immaginato un match di pugilato fra Tyson, re dei massimi, e Nino Benvenuti, eccellente campione, un vero idolo per me, ma dei pesi medi. No trips for cats! (non è vero inglese lo so, lo si dice gergalmente e scherzosamente, senza pretendere il diploma di Oxford).
Lorenzo Musetti aveva detto, subito dopo aver dominato un malconcio Munar, che sperava che Sinner battesse Bublik per “potersi misurare con il n.1 del mondo e capire certe differenze e imparare in che cosa migliorare”.
Io sono certo che adesso le ha capite. Solo che il gap da annullare non è un gioco da ragazzi. E io spero soltanto che Lorenzo non perda, a seguito di questa dura lezione, la fiducia nei propri mezzi che restano notevolissimi, perché anche se lui non è un marziano sono pochissimi davvero quelli capaci di interpretare il tennis come lui.
E anche Sinner, fino alla seconda parte del 2023, sembrava già molto forte, ma non il fenomeno che è poi diventato. Perché di fenomeno si tratta. Il modo in cui ha arginato alcuni punti giocati in modo straordinario da Musetti, rovesciandoli a suo favore, è stato impressionante. Ha costretto talvolta Musetti a guardare il proprio angolo e ad allargare le braccia come per dire: “Ma che ci posso fare contro questo extraterrestre?”.
Rispetto ai precedenti 4 incontri del torneo Sinner ha servito anche meglio. Mai qui aveva superato il 60% di prime (il 61% stavolta), ma come al solito Jannik è rimasto con i piedi per terra e pur dicendosi soddisfatto per aver servito meglio, per avere imparato a servire seconde palle di battuta altrettanto efficace delle prime, ha tenuto anche a precisare: “Le percentuali sono importanti ma non sono tutto; tante volte è importante mettere la prima nei momenti importanti…oggi per esempio sulle palle break per Lorenzo ho sempre servito bene”.
Proprio così, un discorso che non fa una grinza.
Sinner e Musetti. Se si toglie quel set (e mezzo) perso con uno Shapovalov particolarmente ispirato Jannik ha perso 4 game con Kopriva, 7 game con Popyrin, 3 game con Bublik, 7 game con Musetti: 21 game nei 12 set di questi 4 incontri. Meno di due game a set, in media. E con Shapovalov aveva vinto terzo e quarto set con due 6-3. Insomma 26 game in 14 set (senza contare il 6-7 6-4 dei primi due set contro il canadese). Impressionate no?
Allora ora occorre concentrarsi sull’immediato futuro. Può questo Jannik perdere con Auger-Aliassime? Secondo me – e io faccio il giornalista e non il tennista come Sinner quindi posso sbilanciarmi, sapendo che se sbaglio tanti mi prenderanno per il bavero – con il canadese un Sinner che giochi all’80% delle proprie possibilità non perde. E dico ciò a prescindere dal 6-0 6-2 con cui lo ha liquidato a Cincinnati, quando Auger-Aliassime fece i suoi due game solo quando Jannik temette di essersi fatto male a un piede. Dopo di che, superato il breve momento di distrazione, rifece 6 game di fila come aveva fatto anche nel primo set.
Per carità Jannik invita sempre alla prudenza, figurarsi se ti dice che pensa di vincere, anche se non può non pensarlo. E infatti nella conferenza stampa di mezzanotte e 40 ha messo le mani avanti, come sempre: “Felix ha fatto un grande torneo, non è quello di Cincinnati, a volte anche una sola settimana curando certi dettagli può consentirti di fare grandi progressi e lui li ha fatti. Sarà un incontro molto difficile”.
Non gli sentiremo mai dire che il prossimo incontro sarà facile, nemmeno dovesse giocare con….me! Fosse nato 50 anni prima avrebbe dovuto incontrare il grande allenatore (e prima campione) svedese Niels Liedholm: se anche, allenando il Milan, doveva giocare contro il Casalpusterlengo, diceva che sarebbe stata una partita complicatissima.
A questo punto, allora, commetterò un altro errore che Jannik Sinner non commetterebbe mai. Dirò la mia anche sull’eventuale finale, invece di trincerarmi sinnerologicamente (si può dire? Ammetto che lo Scriba Clerici con i neologismi era molto più bravo, e non solo con quelli) sul banalissimo “io penso a un match alla volta”.
Ecco, io credo che Jannik debba essere considerato il favorito n.1 di questo torneo, perché sul cemento è il più bravo, se non ha problemi di tipo fisico (mai escludibili). Infatti Alcaraz non raggiungeva una semifinale Slam sul cemento dallo US Open 2023 (quando perse da Medvedev). E Alcaraz ha dimostrato, perdendoci 4 volte su 5, comprese le ultime due, in Australia quest’anno e nella finale olimpica parigina l’anno scorso, di soffrire abbastanza il gioco di Djokovic – suo avversario nella semifinale di venerdì pomeriggio – pur avendolo affrontato da favorito.
Mentre Alcaraz in questo torneo non ha avuto i soliti alti e bassi, tant’è che non ha perso un set – anche se gli avversari al suo cospetto erano piuttosto modesti, Opelka, Bellucci, Darderi, Rinderknech, Lehecka – Djokovic non è sembrato troppo soddisfatto del suo tennis: anche lui non ha affrontato grandi giocatori salvo Fritz che non mi convince ma è pur sempre n.4 ATP (Tien, Svajda, Norrie, Struff, e appunto Fritz). Djokovic non è certo tipo che si accontenti di avere raggiunto 4 semifinali in tutti e 4 gli Slam del 2025, anche se nessun giocatore della sua età c’è mai riuscito. Secondo me contro Alcaraz – dal quale ha perso 2 volte sull’erba di Wimbledon, ma mai sul cemento – vedremo di nuovo un buon Djokovic, anche se non più il miglior Djokovic. E potrebbe bastare per vincere.
Se ciò accadesse io allora scommetterei la casa – se mia moglie non mi sente – che in finale Sinner batterebbe Djokovic stoppando la sua rincorsa verso il 25mo Slam e conquisterebbe il secondo US Open consecutivo come non è più riuscito a nessuno dacchè Roger Federer vinse nel 2007 e nel 2008 (e anche i tre anni precedenti). Mentre la casa non la scommetterei davvero – per il sollievo di mia moglie! – se Jannik dovesse affrontare Alcaraz. Perché Alcaraz ha le armi per poter battere, se in grande giornata, Sinner, mentre a mio avviso Djokovic le aveva ma non le ha più. Sinner è quasi un clone del serbo, i due giocano in modo assai simile, ma oggi Sinner, 14 anni in meno, ha tutto un altro fisico, un’altra solidità, un’altra consistenza e non è Fritz che al momento buono non mette più una prima in campo e si fa attaccare. Musetti può dirlo. Anche se non avrebbe voluto dirlo. E c’è da capirlo.
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