Jannik Sinner nella semifinale dello US Open – il match si disputerà nella serata di venerdì 5 settembre, all’una di notte italiana – affronterà Felix Auger-Aliassime: per il canadese sarà la seconda semi a livello slam della carriera dopo quella del 2021, raggiunta sempre a New York, quando venne sconfitto in tre set dal futuro campione del torneo, Daniil Medvedev.
Alla scoperta di Auger-Aliassime, prossimo avversario di Sinner
Felix, classe 2000 (nato l’otto di agosto, proprio come il suo idolo Roger Federer), nel corso dell’adolescenza tennistica è stato costretto – grazie alla precocità della sua scalata al ranking mondiale – a vestire i panni più scomodi, ovvero quelli del predestinato. Sembrava un atleta creato in laboratorio: i nervi saldi, la faccia giusta e imperturbabile, così diversa da quella dei coetanei, e poi, ancora, le qualità atletiche di un giovane campione, l’eleganza nei movimenti e, infine, ovviamente, la potenza di un tennis essenziale, caratterizzato dalla pesantezza di palla, dalla fluidità del dritto e da un servizio già efficace.
Dopo una brillante carriera a livello juniores nel 2017 arrivò il momento dell’esplosione nel circuito maggiore: diventò – a 16 anni e 10 mesi – il settimo giocatore più giovane della storia a vincere un torneo Challenger (a Lione), per poi prendere la rincorsa verso i piani alti del tennis mondiale. La sua crescita fu travolgente ma solamente dal punto di vista fisico, mentre tecnicamente il nativo di Montreal non riuscì a limare i difetti di un gioco un po’ spigoloso, caratterizzato da soluzioni aggressive ma anche da troppi errori gratuiti.
Aliassime non ha mai scoperto le mezze misure e l’astuzia del tennis: non si tratta solamente di una questione di talento puro, di mano, di volèe o di tocco, perchè condurre lo scambio non significa, per forza di cose, chiudere gli occhi e cercare l’accelerazione, specialmente se hai il “punch” naturale del canadese. L’attacco non è necessariamente sinonimo di rischio, specialmente quello – dimenticato – in controtempo: il servizio l’ha sempre mantenuto a galla ma i colpi da fondocampo no, quelli andavano e venivano, attraversando le montagne russe della tensione.
Le principali tappe della carriera di Felix Auger-Aliassime
Il meglio di sé l’ha sempre dato sui campi rapidi, meglio ancora se al coperto: le condizioni indoor lo tranquillizzavano, perché anestetizzavano le variabili esterne, disegnando i binari da seguire. La tattica era solamente un paesaggio, sia la sua che quella dell’avversario: Aliassime ha sempre giocato la stessa partita, indipendente dalla situazione, dalla superficie e dalla fiducia. Per lui 7 titoli, tutti sul cemento, tre dei quali (Firenze, Anversa e Basilea 2022) lo accompagnarono verso il best ranking di numero 7 e, di conseguenza, siccome eravamo in autunno, alle Finals di Torino, dove venne eliminato nel Round Robin.
Quel traguardo, però, non rappresentò il trampolino di lancio verso il destino finale del predestinato, e Felix, nel corso dell’anno successivo, si piantò, e solamente la conferma del titolo di Basilea gli consentì di rimanere aggrappato al treno della top 20: la crisi diventò sempre più cupa nel 2024, quando sprofondò al numero 35, salvandosi solamente grazie a una finale piuttosto casuale (tre ritiri), raggiunta (senza lode) nel 1000 di Madrid.
Arrivarono, inevitabili, i cambi di allenatore (dal 2021 al 2024 venne seguito, prima ufficiosamente e poi ufficialmente, addirittura da Toni Nadal) e i primi problemi o problemini fisici. Il predestinato era diventato il veterano più giovane del circuito e, nel frattempo, era rimasto incastrato tra gli ultimi sussulti di Federer e Nadal e i primi acuti dei (quasi) coetanei Alcaraz e Sinner. Che gli avevano rubato il mestiere, mantenendo però, con tempi diversi, le promesse. La classe senza tempo di Djokovic e i rarissimi guizzi della generazione dei secondi anni ’90 avevano fatto il resto, condannando Felix a un ruolo da comprimario di lusso, ma pur sempre comprimario.
Il 2025 di Felix Auger-Aliassime
Il 2025 di Auger-Aliassime – tornando all’attualità – è stato un anno silenzioso, ma contrassegnato da un paio di titoli minori, conquistati, nelle settimane un po’ nascoste del calendario, ad Adelaide e Montpellier. È arrivato senza troppe pretese a New York, reduce da una sconfitta pesantissima, nei quarti di Cincinnati, proprio con Sinner. 6-0 6-2 in un’ora e 11 minuti di gioco, un risultato crudele che aveva fotografato con lo zoom più eloquente il passare degli anni, perchè il canadese in passato aveva sempre battuto il nuovo numero 1 (due volte sul campo, una volta approfittando del forfait di Jannik). Perchè invece, poche settimane fa, aveva faticato a vincere anche solo una manciata di punti, investito dalla profondità dei colpi dell’avversario.
New York, di conseguenza, è inutile negarlo, aveva tutta l’aria di diventare il nuovo (o il vecchio) capitolo della storia di un ex predestinato ormai trasformatosi in comparsa, e invece. E invece la splendida prestazione al terzo turno con Zverev ha ridato linfa a Felix, che, negli ultimi giorni, si è ricordato di quello che poteva essere, battendo, ancora, Rublev, e poi de Minaur (in un match infinto e francamente disordinato, ad essere generosi).
Il canadese, nel corso di un’intervista rilasciata a SuperTennis, è sembrato finalmente sereno, ricordando senza livore i tempi del predestinato, quelli delle bugie, delle speranze, e della pressione gratuita. I riflettori si sono un po’ spenti, e forse, per una volta, va bene così: grazie a questa (insperata) semifinale guadagnerà (almeno) 14 posizioni nel ranking mondiale, rimettendosi clamorosamente in corsa per un posto alle Finals. L’impresa con Sinner, almeno in teoria, sembra, al momento, una cosa più grande di lui. Ma ci sono almeno due cose che non vanno sottovalutate, se parliamo di promesse mancate: la rabbia, e la leggerezza di un nuovo inizio.
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