Jannik Sinner si è confermato campione del Six Kings Slam, la ricca esibizione di Riad a cui prendono parte i migliori giocatori del mondo. Proprio per questo – e per l’opulento montepremi – la competizione assume comunque tratti agonistici che possono dare risposte ai partecipanti in vista degli ultimi tornei della stagione. L’azzurro ha disputato tre ottimi match: all’esordio ha dominato Stefanos Tsitsipas, in semifinale non ha lasciato scampo a Novak Djokovic e nell’ultimo atto ha liquidato in due set Carlos Alcaraz.
Al termine della finale Sinner si è presentato ai microfoni soddisfatto delle partite messe nelle gambe, dopo il ritiro a Shanghai, e guarda con ottimismo al futuro. Il direttore Ubaldo Scanagatta gli ha chiesto se, dopo la sconfitta dello US Open, essere tornato a battere il numero 1 del mondo gli abbia dato fiducia, ricordando che Alcaraz non è mai arrivato a 40 in risposta.
“Credo che non sia una partita di una finale del Grande Slam o altre cose, però sicuramente abbiamo lavorato tanto per giocare a questo livello. Oggi ho giocato a un livello molto alto, ho servito bene nei punti importanti, ho risposto bene, quindi tante cose positive. È tutto un processo. Come avevo detto dopo lo US Open, ci siamo messi tutti i giorni lì a capire cosa era meglio fare, dove era meglio lavorare. Soprattutto la differenza l’ha fatta la mentalità di come approcciare gli allenamenti e anche le partite. Giocare a questo livello – e secondo me oggi ho giocato a un alto livello e l’ho mantenuto – mi rende contento”.
Sinner: “Non volevo arrivare al punto in cui saremmo stati stretti con i soldi”
Poi il direttore Scanagatta si è lanciato in una domanda più di carattere universale, chiedendo a Jannik se si ricordasse quando ha vinto il primo punto ATP ed è diventato indipendente economicamente e che soddisfazione è stata dire ai suoi genitori: “Non avete più bisogno di preoccuparvi di me”. La risposta del campione di Wimbledon è sincera e concreta.
“È una cosa che non mi ha fatto più sentire sotto pressione. Sapevo quanto lavoravano i miei genitori – e stanno ancora lavorando – so quante ore al giorno fanno per consentirmi di essere un giocatore di tennis, di provare ad arrivare ai miei sogni. Ad un certo punto ci siamo resi conto – mi sono reso conto – che sto vivendo con i miei soldi e da lì mi sono sicuramente rilassato. Personalmente mi ha cambiato tanto, perché non volevo che arrivassimo a un punto dove fossimo andati stretti con i soldi perché non ce la facevo. È una parte importante”.
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