Scanagatta: “Il giorno prima della finale con Federer a Wimbledon ho fatto finta di investire Djokovic!”

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Scanagatta: “Il giorno prima della finale con Federer a Wimbledon ho fatto finta di investire Djokovic!”

Il direttore di Ubitennis Ubaldo Scanagatta è stato ospite del podcast GonzoTennis, con Federico Ferrero, Federico Mariani, Marco Bucciantini e Lorenzo Cazzaniga. Tanti gli argomenti trattati, dalla nascita del sito al ricordo di Nicola Pietrangeli, da Clerici e Tommasi agli aneddoti sui giocatori. E, a proposito di questi ultimi, il direttore ha parlato di come e quanto sia cambiato il loro rapporto con i giornalisti. Ecco un estratto del suo intervento ed il video della puntata integrale (in apertura di articolo), in cui trovare tanti aneddoti interessanti, tra cui quella finta di investire Djokovic… che però portò fortuna al serbo!

Dal blog Servizi Vincenti al sito: la nascita di Ubitennis

Alla prima trasferta, Shanghai, il fotografo Angelo Tonelli lo immortalò accanto a Federer: “Cominciamo alla grande” è il commento di Ubaldo.La misi subito sul blog con grande soddisfazione, entusiasmo. Avevo due o trecento lettori al mese, ero felicissimo, addirittura trecento!”.

Poi, nel maggio 2008, i suoi tre collaboratori tra cui Riccardo Bisti, lo convincono a mettere su un sito nonostante gli avvertimenti di Stefano Semeraro. “Gli avevo chiesto di diventare mio socio e mi ha risposto, ‘ho un sito di automobili e già divento matto con quello, non c’è Natale, Pasqua, Capodanno’.

E infatti ora “non riesco ad andare a letto senza guardare il sito e anche senza innervosirmi, perché su quindici articoli ci sono o i refusi, o un titolo che non mi piace o una cosa che farei in maniera diversa. Così cazzio sempre qualcuno e questi finiscono per odiarmi. E la mattina si ricomincia”.

Pietrangeli, un compagno di viaggio

Si passa subito a parlare di attualità, quindi della scomparsa di Nicola Pietrangeli: “Per me è stato un compagno di viaggio per per 60 anni e anzi di più perché io ho fatto il raccattapalle di Nicola quando ha giocato in Coppa Davis a Firenze tre Coppe Davis contro India, Russia e Sudafrica quando io avevo dai nove agli undici anni”.

“Era un idolo anche per come si comportava con la gente, come piaceva, perché era un signore, era simpatico, non era mai stato diplomatico, per cui era capace di dire qualunque cosa anche contro il presidente della Federazione di allora. Poi me lo sono ritrovato circa dieci anni dopo circa e quando ci ho giocato contro, in serie A, in singolare e in doppio. Per me era un grandissimo onore. E il cronista della Gazzetta era un certo Rino Tommasi”.

“In singolare avevo perso i primi due set, ma nel terzo ero 5-4 40-15. Lui aveva 38 anni, io diciassette in meno e pensavo, ‘se vado al quarto, chissà come va a finire’. Ho fatto serve&volley e mi ha risposto di rovescio, m’ha bruciato: è stata un’ingenuità. Invece quando sono andato a sinistra, non so come mi ero illuso di essermi aperto il campo. Il problema era che Pietrangeli era un atleta straordinario, voi non avete idea. Cioè, lui correva e riprendeva delle cose, aveva un fisico pazzesco. E Tommasi scrisse che avevamo strappato un set in doppio e che nel singolare avevo sorpreso il pubblico perché ero riuscito a impegnare il grande Pietrangeli. Quell’articolo lo conservo a vita.”

Il valore sul campo da tennis: la certezza di Tommasi, l’estro di Clerici. E Scanagatta?

“Clerici è stato intorno al n. 12 d’Italia. Giocatore eh estroso, di buon rovescio, pessimo dritto, dritto proprio all’antica, gli serviva solo per andare avanti Però poteva giocare benino sull’erba perché aveva degli slice, delle cose, poi avete visto Moutet cosa ha combinato ultimamente? Ecco, Clerici, se doveva fare una volée sull’erba, la doveva fare che si tuffava e finiva con la capriola, anche se non c’era bisogno, cioè lui doveva fare queste queste cose qua. Doveva fare sempre spettacolo, era narcisista al massimo, eh, un grande, una persona che imprevedibile e divertente per tutto quello che diceva. Doveva cercare sempre di coglierti di sorpresa e questo lo faceva sul campo da tennis e fuori. Tant’è vero che racconto sempre l’aneddoto di quando eravamo allo US Open e tutte le mattine ci diceva – perché stava in un hotel dove c’erano anche gli altri atleti – che in ascensore aveva incontrato una volta Venus Williams, una volta McEnroe, un’altra volta un’altra, e raccontava aneddoti che secondo me creava con la sua grandissima fantasia di storyteller e io gli dissi in televisione, ‘se una volta ti mettono al piano terra, siamo rovinati’. E lui rispose, ‘vorrà dire che li incontrerò nella sala breakfast’.”

“Rino invece era uno tutto di tutto giocava tutto impettito, camminava tutto sembrava in marcia militare, molto meglio il rovescio, coperto con una mano. Non perdeva mai da quelli più deboli, li batteva implacabilmente, però non vinceva con quelli più forti, mentre io avevo degli alti e bassi clamorosi”.

Il ruolo di Pietrangeli nel tennis e la rinuncia al professionismo

Bucciantini fa notare che “Pietrangeli ha spostato lo sguardo del Paese sul tennis. Questo è il merito che va sempre ricordato. Fa girare l’Italia verso il tennista. L’Italia non conosceva il tennista e vede questo sto questo questo ragazzone bello, sorridente…”

“Sì. bello, sorridente, anche gaudente” dice Scanagatta. “Nicola aveva rifiutato i 60.000 dollari che gli avevano offerto Kramer e Trabert per passare al professionismo e lui decise di non farlo. Nel 1960 ci furono le Olimpiadi a Roma e ci fu il discorso di Consolini, il nostro campione del lancio del disco. Nicola lui si commosse e disse io voglio restare in Italia. Però la vita del professionista allora era era tutt’altro che facile, perché giravano come come trottole.

“A Pietrangeli non so quanto sarebbe piaciuto perché tutte le sere finivano di giocare all’una di notte in queste varie piazze dove arrivavano la mattina alle undici a mezzogiorno, quindi si svegliavano alle sette o alle sei per pigliar gli aerei, l’allenamento su un campo improvvisato che a volte era una roba impresentabile, insomma era era dura, cioè gli australiani erano dei fenomeni perché erano grintosi, poi magari con qualche birra dimenticavano anche gli sforzi, ma per uno come Pietangeli sarebbe stata la morte civile.

“Era però dispiaciuto dell’aspetto economico perché ne parlava troppo spesso per non esserlo. Ma era un po’ inevitabile perché anche i primi premi di Wimbledon, anche dei professionisti, facevano ridere, no qualche migliaio di dollari. Quindi se non avesse avuto i soldi della madre vinti a quella specie di enalotto avrebbe sofferto perché gli piaceva fare la bella vita. Locali alla moda e c’erano sempre un sacco di scrocconi che pensavano che il campione dovesse offrire a tutti.”

Il rapporto giornalisti-giocatori: presente contro passato

All’epoca giocatori e giornalisti passavano tempo insieme anche oltre le interviste e le conferenze stampa, si creavano rapporti. Oggi, invece è molto diverso” spiega Ubaldo, “e manca da morire. Ti fanno fare una domanda e ti tolgono il microfono. Se quello ti risponde fischi per fiaschi, non è che puoi reagire o controbattere, anzi, se lo fai, senza microfono, ti guardano tutti come se tu fossi un eretico.

“Una volta McEnroe era a Firenze per giocare un’esibizione contro Lendl, che in parte avevo contribuito a organizzare o comunque aiutare chi la faceva. McEnroe un certo punto disse ‘fra pochi giorni è compleanno di Tatum, la sua prima moglie, e voleva assolutamente che lo portassi sul Ponte Vecchio a comprare dei gioielli per lei. E allora io presi la moto che avevo allora e andai all’hotel a prenderlo. Lui quando vede la moto dice, ‘ma io ho paura’, e io, ‘avanti, un uomo come te, cioè vai all’attacco, fai tutto, hai paura a salire su una moto?’ Allora lo portai con la moto, si poteva andare ancora in centro a Firenze, non era blindata come oggi e andammo da un gioielliere consigliato da mia madre perché io non avrei certo saputo consigliargli… e lui spese tipo 55000 mila euro.

“L’altro giorno, invece, un rappresentante dell’ATP ha detto che stanno dando troppi accrediti ai tornei… Il problema è che li date a chi fa Tik Tok, influencer, e noi giornalisti non abbiamo più rapporti con i giocatori e non possiamo più raccontare delle storie. Poi, quando hai quindici sponsor che devi accontentare, per il giocatore è anche una via crucis e aggiungerne altre di sua iniziativa…”

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