Mostruoso, semplicemente mostruoso. Jannik Sinner ha i piedi di un gigante e continua a passo di golem a scalare la piramide del tennis mondiale, quella di tutti i tempi. I numeri, che non dicono tutto ma non mentono neanche, sono la bolla papale sul percorso straordinario dell’altoatesino che si accosta sempre più al gotha di questa disciplina. Contro tutti e tutti. Se la finale raggiunta al Foro Italico poteva essere un caso, l’epilogo di Parigi a cui prenderà parte di nuovo contro Carlos Alcaraz è la prova che il caso Clostebol e la relativa squalifica di tre mesi sono ormai alle spalle. Jannik is back – e la penna per scrivere nuovi record è calda come non mai.
Servirebbe un contabile competente per mettere ordine in tutte queste cifre da capogiro, ma ci proviamo. Il match vinto contro Novak Djokovic è stato l’ennesimo scontro generazionale, con Sinner che appone per l’ottava volta consecutiva la parola “finale” alla voce obiettivi minimi per quanto concerne i tornei a cui prende parte. Indovinate un po’, l’ultimo a riuscirci? Proprio il serbo che nel suo anno d’oro, probabilmente irripetibile per nessun altro essere senziente, fu in grado di firmare una striscia di finali raggiunte che partì dall’Australian Open 2015 per arrivare al torneo di Dubai 2016, con un altro sigillo a Melbourne in mezzo, dove solo un infortunio lo fermò ai quarti contro Feliciano Lopez.
23 anni e 282 giorni. Sinner è anche il più giovane a centrare il traguardo delle otto finali, senza considerare la fortunata ultima fase della Coppa Davis vissuta ancora una volta da trascinatore azzurro, raggiunte consecutivamente dai tempi del ceco Ivan Lendl nel 1982. Le 20 partite di fila vinte negli Slam, come i migliori Bjorn Borg e John McEnroe, sono i tasselli che hanno reso possibile tutto questo ma forse il dato più spaventoso è la sequenza di 29 set vinti, con l’ultimo lasciato per strada a Holger Rune nel 3-1 rifilato al danese negli ottavi.
Terza finale Slam consecutiva Slam. Eguagliati. Sì, proprio loro, i Fab Four. Gli unici che erano riusciti a giocare tre ultimi atti consecutivi dei tornei Major nel nuovo Millennio erano stati Federer, Nadal, Djokovic e Murray. Ora c’è anche Sinner in questa cerchia. Per fare meglio dell’altoatesino, sempre in merito alla precocità dei traguardi raggiunti, questa volta dobbiamo andare a ritroso nel secolo scorso e pescare un Pete Sampras che a 22 anni e 158 giorni giocò l’Australian Open 1994 dopo aver raggiunto la finale anche a US Open e Wimbledon 1993, tutti Slam che finirono poi nella bacheca di Pistol Pete.
Tra Sinner e la consolidata imbattibilità nelle finali Slam c’è Carlitos Alcaraz, con il ruolino del fenomeno murciano che recita quattro su quattro per quanto riguarda questa specialità. Una rivalità pronta per un’altra pagina di tennis spettacolo, con la prima finale Slam con i protagonisti nati negli anni 2000. L’esempio lampante che inchioda la fallimentare generazione precedente, quella dei tennisti nati negli anni 90′, è che quella tra l’azzurro e lo spagnolo già pareggia l’unico ultimo atto che ci fu tra Alexander Zverev e Dominic Thiem allo US Open del 2020.
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Autor: Manuel Ventriglia