Roland Garros – Che dovrebbe succedere a Sinner e Musetti perché l’odierna diventasse davvero giornata storica?

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Vedendo giocare la Cenerontola francese che ha fatto innamorare la Francia, Lois Boisson, e soprattutto vedendo soccombere malamente (61 62) la semifinalista peggio classificata della storia del Roland Garros (361 WTA anche se in 10 giorni è salita a n.65, un balzo mai visto di 296 posti!)  con Coco Gauff, non sono riuscito a non provare il rimpianto per l’eliminazione patita da Jasmine Paolini con la Svitolina, annesso e connesso al vantaggio dilapidato (64 41) e ai tre dolorosi matchpoint mancati.

Ricordo agli eventuali smemorati che Jasmine aveva vinto tre settimane fa il torneo di Roma battendo in finale proprio Coco Gauff 64 62. E questo sabato la Gauff _ che vanta un unico Slam vinto a New York nel 2023 – giocherà invece la sua seconda finale Slam a Parigi (perse con la Swiatek la prima nel 2022 dopo aver battuto in semifinale la nostra Martina Trevisan) contro Aryna Sabalenka. La ragazzona bielorussa che insegue il suo quarto slam ha messo ko la campionessa degli ultimi 3 consecutivi Roland Garros Iga Swiatek (76 46 60) e così facendo ha consentito a Jasmine Paolini di mantenere la quarta posizione mondiale. Il che non è di poca importanza in prospettiva Wimbledon. Se Jasmine arrivasse come testa di serie n.4 a fine giugno sarebbe un discreto vantaggio.

Nel frattempo nella giornata di giovedì come avrete “scoperto” leggendo Ubitennis Sara Errani e Andrea Vavassori battendo Townsend e King hanno conquistato lo Slam del doppio misto (successo condito anche da 122 mila euro diviso due…meglio che un cazzotto in un occhio, direbbero a Firenze!).

Ma anche se la conquista di uno Slam dona sempre prestigio – Raffaella Reggi è giustamente orgogliosa per quello che vinse nel 1986 a New York in coppia con lo spagnolo Sergio Casal – la giornata di giovedì non è paragonabile a quella, davvero storica nelle premesse, che ci aspetta questo venerdì.

Alle 14,30 Lorenzo Musetti affronta una quasi “mission impossible” contro il campione in carica e detentore di 4 Slam Carlitos Alcaraz e alle 19 Jannik Sinner cerca di tenere a bada le ambizioni rinnovate di Novak Djokovic che aspira a conquistare il 25mo Slam e che, per aver battuto Zverev rimontandogli un set e dopo 3 ore e 16 minuti, ha ritrovato buona parte della fiducia che a Madrid sembrava averlo abbandonato.

Se il traguardo delle semifinali poteva dirsi scontato per Sinner e Alcaraz e piuttosto probabile per Musetti dopo che il carrarino aveva raggiunto le semifinali in tutti i precedenti tornei sulla terra rossa dell’anno, forse l’ospite più inatteso -e sì che pare paradossale se si pensa che per lui è la cinquantunesima semifinale di Slam, la tredicesima a Parigi – è proprio Novak Djokovic. Che davvero avrebbe ragione a risentirsi se un qualche titolista estroso gli desse de “l’imbucato”. Vero che Nole aveva battuto anche Alcaraz in Australia, ma Zverev, finalista un anno fa e semifinalista negli ultimi quattro anni, sembrava un ostacolo sulla distanza dei tre su cinque apparentemente molto duro per un trentottenne dalla condizione, fisica e mentale, ancora incerta.

Ma quanto è accaduto nella serata di mercoledì ha spazzato parecchi dubbi, ha cambiato parecchie cose, compresa forse – anche se nessuno lo ammetterà mai – la tranquillità del clan Sinner e, dall’altro lato, la fiducia del clan Djokovic.

Adesso non temere Djokovic e la sua rinnovata convinzione sarebbe presuntuoso e il team Sinner sicuramente presuntuoso non lo è, pur essendo consapevole della forza anche mentale che il n.1 mondiale ha espresso da oltre un anno e mezzo a questa parte.

Sinner non è Zverev, questo è certoE il suo team non commetterebbe mai gli errori tattici che ha commesso Sascha dando modo, con la sua condotta iperpassiva e attendista, a Djokovic di alzare il suo livello, di prendere l’iniziativa quando con attacchi, quando con smorzate, dopo aver palleggiato anche a lungo sulla diagonale dei rovesci per darsi il tempo di prendere (e recuperare) fiato.

Sinner sa bene che lo dovrà muovere di continuo e lo presserà fino all’asfissiaContro Zverev in più di un momento si è visto Djokovic a corto di fiato, in apnea, ma il tedescone gli dava sempre poi il tempo di recuperare accettando di giocare scambi lentissimi e con le stesse traiettorie. Di certo non si possono paragonare i dritti lenti e liftati di Zverev e quelli poderosi, profondi, ora incrociati e ora lungolinea di Sinner. Per via di quei dritti cresciuti fra l’Alto Adige e Bordighera, ma sviluppatisi grandemente sotto gli occhi di Vagnozzi e Cahill, Djokovic non avrà tregua anche se le studierà tutte, venendo anche più a rete di quanto fosse uso fare dietro al servizio e non solo, per confondere Jannik che amerebbe certamente di più una partita di ritmo costante. Il fatto è – e Djokovic lo sa benissimo per averci perso 4 delle ultime 5 sfide –che Jannik non ha punti deboli. Ora serve anche molto meglio di come serviva due anni fa, il rovescio è una sicurezza, corre e recupera tutto quel c’è da recuperare, fargli un punto è davvero complicato perché di rovescio non sbaglia mai e di dritto, se appena appena accorci, ti fa male.

Bublik lo ha anche detto: “Jannik non sbaglia mai”. Anni fa a Miami gli aveva detto “Tu non sei umano”, oggi non ha certo cambiato idea in peggio. Semmai in meglio, come del resto le 46 vittorie su 48 incontri di Jannik, battuto solo da Alcaraz, lasciano supporre.

Sinner deve temere solo di finire nella bagarre, con tutto il pubblico che certamente tiferà per Djokovic – quasi come se fosse Nadal – caricando il serbo che non aspetta altro per incitarlo a sua volta e autoincitarsi. Il record di Djokovic al quinto set è il terzo migliore di sempre, dopo quello di Borg e di Kriek, 40 vittorie e 11 sconfitte, esito positivo al 78%,  mentre quello di Sinner – seppur un po’ datato – è poco brillante: 6 vittorie e 9 sconfitte. Esito positivo soltanto al 40%. La domanda cui è difficile rispondere è la seguente. Un quinto set favorisce il più giovane o il più esperto? Io l’ho posta a Darren Cahill che, dopo aver osservato “Buona domanda!” si è tolto intelligentemente d’impaccio dicendo: “Bisogna vedere come ci si arriva al quinto set…”.

Quando Novak avrà bisogno di qualche secondo in più per respirare, se lo prenderà. Gli basterà utilizzare il sostegno del pubblico, per avere una scusa e un comportamento che condizioni l’arbitro nel conteggio dei 25 secondi e farli arrivare a 40. Djokovic conosce tutti i segreti del mestiere. E quando è stato necessario “to win ugly” non si è fatto pregare. Il fine giustifica i mezzi.

Sinner dovrà cercare fin dall’inizio di non creargli spazio per illudersi di potercela fare. Dovrà fare, cioè, una gara di testa, sempre avanti nel punteggio e nel gioco.

E’ quello che piacerebbe fare anche a Musetti contro Alcaraz, ma è molto più difficile, anche se nel primo set della finale di Montecarlo Lorenzo ci riuscì. Poi però sappiamo come andò a finire.

Reggere quei ritmi con la intensità che ci vuole per sottomettere un campione come Alcaraz, tennista che ha sempre espresso il meglio di sé nella fasi finali di un torneo fino a diventare imbattibile (a oggi) anche per un Sinner, si può farlo per un’ora, un’ora e mezzo. Ma riuscire a farlo per tre ore è sforzo, anche mentale e non solo fisico, sovrumano. Il tennis di Musetti è un tennis che si gioca sempre sul filo del rasoio, roba di centimetri, traiettorie e soluzioni ad alto rischio. Mettere in atto tutto il talentuoso repertorio per due ore e mezzo-tre (o anche più) è difficile, difficilissimo. Uscire in curva è invece facilissimo, perché Alcaraz non gli è inferiore come talento, come classe, come consapevolezza…(quest’ultimo è il sostantivo cui nei suoi più recenti ragionamenti “Muso” si appiglia di più).

E’ vero che Lorenzo oggi è molto più consapevole e maturo di pochi mesi fa, ma quando hai perso 5 volte di fila dal tuo avversario, basta subire un paio di break perché quei brutti ricordi agonistici riaffiorino e ti facciano sbandare in modo assai difficile da consentirti il recupero.

Il vantaggio psicologico di Alcaraz nei confronti di Musetti si accompagna a un vantaggio tecnico, e sia di potenza sia di esperienza, che sembra innegabile. Insomma è difficile essere troppo ottimisti riguardo all’esito della prima semifinale. Sta a Musetti soprendere noi e soprattutto Alcaraz. Lorenzo può sembrare un uomo con la pistola che si batte contro un uomo che ha il fucile, ma se nella giornata di vena la sua mira fosse molto accurata e costante forse anche Alcaraz potrebbe restarne disorientato. Alcaraz ha tutto da perdere in questa sfida e ha solo 21 anni. Di perdere un po’ la testa, ove le cose si mettessero male, ci sta. E forse Musetti potrebbe avere anche, come tutti gli underdog, il sostegno di quel  pubblico che vorrebbe sempre essere partecipe e ospite oculare di un evento in qualche modo storico per poter dire: “C’ero anch’io”. Sono convinto, il pubblico può avere un peso importante. Nella prima semifinale ci saranno sicuramente anche tanti appassionati spagnoli. Come tutti i giocatori estrosi, di fantasia, di talento, un Musetti che si esaltasse potrebbe produrre anche prolungati fuochi d’artificio. Ma peccato che dall’altra parte della rete ci sia un ragazzo che quanto a talento puro non è secondo a nessuno.

Dopo tutte queste considerazioni una finale tutta azzurra sembra abbastanza improbabile, però mai mettere limiti alla Provvidenza. In bocca al lupo Lorenzo, in bocca al lupo Jannik, già per il solo fatto che ci consentite di sognare – e non sono sogni impossibili a realizzarsi– è un motivo per esservi grati a dismisura. Forza azzurri, lasciatemelo dire. Dovessero perdere, l’uno o l’altro, ma anche tutti e due, non avranno certo perso da due Carneadi di passaggio.

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Autor: Ubaldo Scanagatta