Missione possibile (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Sul campo di battaglia non esistono amici, soltanto avversari: «Sono entrato in campo pensando che avevo di fronte il numero 10 del mondo, cioè un giocatore molto forte, e non Musetti in un derby». Le parole come sostanza di un dominio, la filosofia del più forte sublimata in un’analisi all’apparenza semplice: la grandezza di Jannik Sinner, accanto a un ritmo e a una potenza che sul cemento non hanno pietre di paragone, risiede in questa fenomenale capacità di isolarsi dal contesto per focalizzarsi solo su se stesso e resettare gli input che servono per vincere un match dopo l’altro.
E così, il libro delle vittorie e dei record si aggiorna di una contabilità ormai leggendaria: 16 successi su altrettanti match contro rivali italiani; almeno quattro semifinali Slam nello stesso anno, secondo più giovane dopo Nadal (nel 2008) a raggiungere la meta; 26 partite vinte di fila negli Slam sul cemento, ormai dietro solo a Djokovic (27), che può superare qui se vince il torneo, e Federer (40);
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Un motore dagli equilibri perfetti, che magari si ingolfa per fattori esterni, come il virus di Cincinnati, ma poi gira a velocità sempre crescenti e inavvicinabili più si avvicina al traguardo. Chi si rivede E proprio nei quarti del Masters 1000 dell’Ohio, a metà agosto, Jannik ha affrontato l’avversario che stasera (all’una di notte italiana) gli si parerà davanti sulla strada della finale, il canadese Auger-Aliassime, che come Popyrin e Shapovalov prima di lui in questo torneo, ha un record positivo contro il n.1 del mondo (2-1).
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Però Jannik ha vinto 67 delle ultime 68 partite sul veloce contro giocatori fuori dalla top 3, una sentenza inderogabile: «Ma non mi sento un dominatore, penso piuttosto al motivo per cui riesco a giocare a questo livello e al lavoro svolto. Bisogna sempre migliorarsi, perché sono i dettagli che fanno la differenza: se li curi, il gap può essere grande, ma se abbassi l’intensità tutto cambia». La saggezza del re.
“Impressionante! Ora vai a vincere” (Gianluca Strocchi, Tuttosport)
E’ di un altro livello, non ho mai visto niente del genere». Le pa- role di Lorenzo Musetti seno il chiaro specchio della superiorità dimostrata da Jannik Sinner, che nel primo quarto di finale tutto italiano in singolare maschile nella storia degli Slam ha lasciato appena 7 game al connazionale sull`Arthur Ashe Stadium. «Ha vinto sotto tutti gli aspetti: servizio, risposta, aggressività, il modo di comandare gli scambi – riconosce il 23enne di Carrara senza cercare alibi nell`analisi del match – Mi ero prefissato di cercare di variare molto le traiettorie e dargli fastidio con il back, ma non sono mai riuscito a sporcare il gioco come avrei voluto e ingabbiarlo nelle mie variazioni, comunque anche per merito del mio avversario.
Nel primo set mi sono sentito sotto pressione, non è stato facile trovare il giusto feeling con la palla, almeno all`inizio, anche perché non avevo mai giocato in sessione notturna, quindi in condizioni diverse rispetto alle partite precedenti. Il secondo parziale è stato migliore per me, quello in cui ho servito meglio e ho avuto più opportunità, persino una palla break che non ho sfruttato. Con un giocatore come lui, devi cogliere le poche opportunità che ti dà. Anche se nei momenti difficili ne è sempre uscito da campione».
Non ho mai affrontato qualcuno che mi mettesse così tanta pressione negli scambi. Non c`era modo di avere chance perché lui era sempre li a condurre il punto. Da fondo è opprimente: ha profondità incredibile, è solidissimo e non concede nulla. Questo ti costringe ad alzare l`asticella e spesso riporta fuori giri, perché il livello si alza molto. Sono rimasto impressionato dalla performance di Sinner, l`unico che può dargli fastidio sul duro ora è Alcaraz se in condizioni ottimali. Ma auguro a Jannik di poter difendere il titolo fino in fondo».
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«Sapevo che sarebbe stata una partita difficile e in cuor mio speravo di sorprendere anche me stesso. In questo momento Jannik è più forte di me e lo ha dimostrato, sono comunque contentd di essere arrivato fino a questo punto nel torneo e di essermi misurato con lui per capire tutti gli aspetti su cui devo migliorare. Penso che questa partita mi servirà per fare un ulteriore passo in avanti, specie su questa superficie. Credo di aver fatto tanti passi avanti, anche se ci sono aspetti in cui posso e devo ancora crescere. E spero di avere presto la possibilità di affrontarlo di nuovo».
“Sinner un robot, se perde è una sorpresa Come me tira forte e lavora sempre tanto” (Stefano Semeraro, La Stampa)
Ivan il Terribile, Ivan l`Imbattibile, Ivan il Cannibale capace di battere John McEnroe e Borg e prendersi il trono del tennis per 270 settimane, vincendo 94 tornei,8 dello Slam. Insomma: Ivan Lendl, il padre del tennis moderno, precursore di Djokovic nell`attenzione maniacale all`alimentazione e agli allenamenti, poi capace di trasformare Andy Murray da magnifico perdente in rivale credibile dei Tre Grandi. Sono passati 40 anni dal primo dei suoi tre trionfi agli Us Open, e domenica sarà qui per premiare il vincitore. Ivan, molti la paragonano a Sinner.
In che cosa si rivede? «Ho parlato con il suo coach Darren Cahill nei giorni scorsi, e gli ho detto proprio questo, fra tutti i tennisti di oggi Jannik è quello in cui mi rivedo di più, specie per il fisico. Ero magro come lui da adolescente, e picchiavo più di tutti, poi mi sono irrobustito e il mio tennis si è sviluppato. Jannik sta lavorando sulle volée, sul rovescio tagliato, sulla seconda di servizio, insomma le somiglianze sono tante».
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Quanto è importante Cahill per Sinner? «Ha tanta esperienza ed ha avuto grandi successi, ma non conosco il team e non posso giudicare. La cosa importante è che Jannik gioca sempre meglio. E a lui che va il merito». Bublik ha detto che sembra un giocatore creato dall`intelligenza artificiale. A lei dava molto fastidio quando la paragonavano a un robot? «Non penso che possa dare fastidio. In un certo senso è un grande complimento: vuol dire che sei molto forte, che non sbagli una palla. In fondo conta quello. E tennis, non pattinaggio artistico». Che cosa la impressiona di più di Sinner come tennista e come persona? «Non lo conosco di persona. Ma sembra avere il desiderio di migliorarsi sempre, ed è una grande qualità. Se smetti di farlo, gli altri iniziano a batterti, e lui lo ha capito».
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La stupisce vedere Djokovic in semifinale a 38 anni? «Veramente no … E quello che ti aspetti da Novak. E in forma, sa leggere benissimo le partite, probabilmente meglio di tutti. Si muove bene, sa assorbire la velocità della palla, conosce le varie superfici e da grande stratega sa quando spingere e quando rallentare. Diciamo che è sorprendente, ma non in assoluto». Può battere Alcaraz ed eventualmente Sinner in finale? «Prima di tutto Jannik non è ancora in finale… Ha battuto Carlos in Australia, quindi sa come farlo. Non dico che lo batterà, Alcaraz resta il favorito, ma Novak ha una chance».
Musetti può reggere con il rovescio a una mano? «Non è passato tanto da quando ci è riuscito Federer… Non voglio dire che è un vantaggio, io stesso se rinascessi vorrei avere un rovescio a due mani. Ma Roger ha dimostrato che è possibile». A New York si è già dato appuntamento con McEnroe? «Non conosco il programma. Ma non faccio che imbattermi in lui in continuazione...»
Le notti di Sinner cercando la perfezione “Devo alzare il livello” (Massimo Calandri, La Repubblica)
Ora però devo alzare il livello». Jannik Sinner. Se non fosse così, non sarebbe così. Pochi minuti dopo aver co- stretto l`amico Musetti ad allargare sconsolato le braccia («Nella mia vita non ho mai giocato con qualcuno che mi abbia messo tanta pressione negli scambi: ero in sua balia. Impressionante», dice Lorenzo), il numero uno del mondo aveva già la testa alla semifinale col canadese Auger-Aliassime, in programma stanotte all`una italiana. Felix è un bravo ragazzo, a ogni punto che realizza dà 5 dollari in beneficenza per i bimbi africani, è un grande amico di Matteo Berrettini e suona benissimo il pianoforte: sì, però come tennista? Buon talento, numero 27 Atp (ma è stato n. 6 nel 2022), bel servizio e dritto d`autore.
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Ieri si è allenato al chiuso, lontano da occhi indiscreti. Negli ultimi 10 giorni ha lavorato duramente: «Grandi progressi: anche in pochi giorni, si possono aggiustare molte cose. Sento di essere sulla strada giusta». Però non basta, insiste. La verità è che nei suoi pensieri c`è solo Alcaraz: anche il murciano sta giocando in maniera aliena, il successo a Cincy non gli basta, come una belva ferita cerca la rivincita di Wimbledon. Ecco perché l`azzurro «deve» alzare il livello. Ora. Intorno a lui, l`ambiente sembra quello giusto: concentrati, sereni. L`altro pomeriggio, negli spogliatoi prima del match, all`improvviso Jannik è saltato addosso ad Andrea Cipolla, l`osteopata. Letteralmente. Spalleggiato da Darren Cahill lo ha gettato a terra, nella mischia s`è intrufolato anche Simone Vagnozzi. Gli ha tolto le scarpe, le ha gettate in un`altra stanza. Risate.
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Ieri Carlitos ha riposato: si è dedicato al golf, vuole vincere e celebrare con l`ormai iconico swing in onore dell`amico Rory Mcllroy. Novak? Giurava di voler restare in albergo per recuperare le forze («Il mio fisico non mi permette altri sforzi»), invece si è allenato. L`Arthur Ashe Stadium promette di essere la solita bolgia all`americana. Jannik sorride: «Ho imparato a non farci caso. Non è Wimbledon, ma gli Us Open sono speciali. Per me, soprattutto».
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