Il 19 novembre 2024 rimane nella memoria collettiva del tennis come il giorno dell’ultimo match giocato da Rafael Nadal come professionista. Pur essendo da tempo noto che quella Final Week di Coppa Davis sarebbe stata appunto final – l’evento ufficiale conclusivo per il fenomeno di Manacor –, nel momento in cui è uscito dal campo sconfitto da Botic van de Zandschulp non v’era certezza d’aver assistito alla sua ultima performance, anzi: la sua Spagna rimaneva infatti in corsa per l’Insalatiera con Carlos Alcaraz chiamato nel tutt’altro che impossibile compito di rimontare i Paesi Bassi tra singolare e doppio.
D’altra parte, semplificando il giusto e cioè dimenticando l’inobliabile addio in Laver Cup, anche colui che gli spediva missive toccanti, al secolo Roger Federer, aveva giocato il suo ultimo match senza sapere che sarebbe stato tale. In quella Coppa Davis, i conti erano stati però fatti senza tener conto del doppista Wesley Koolhof, anch’egli al torneo di addio, per quanto senza tutto quell’hype, quel battage per dirla in italiano, quel… Insomma, non lo sapeva quasi nessuno e chi lo sapeva se l’era dimenticato e, se lo ricordava, pensava, “vabbè, è Koolhof, un doppista, neanche fosse Mike e Bob Bryan come un sol uomo”.
Koolhof il fenomeno si mette di traverso
Ok, abbiamo esagerato ma, da come ha giocato contro la Spagna nel rubber decisivo contro Alcaraz/Granollers, pareva che l’ex numero 1 del mondo di specialità stesse dichiarando, “scusate, ma ci sono anch’io”. Pure troppo, ci sei, avranno detto i tifosi spagnoli, i tifosi tutti di Nadal, capitan Ferrer e la sua panchina, Rafa stesso che peraltro aveva battuto Wesley neanche quattro mesi prima ai Giochi Olimpici. Al termine del doppio in cui a rimanere in piedi è stato il compagno occasionale di Botic e fisso di Julia Görges, celebrazioni, omaggi, lacrime, tutto il meritatissimo pacchetto anticipato, vissuto e proseguito sui media mondiali, tanto che Ubitennis aveva finto di dimenticarsi di parlare di Jannik Sinner senza che nessuno ne notasse per una volta l’assenza, che vera assenza non è stata giacché il Rosso di Sesto Pusteria era abilmente riuscito a crearsi i suoi spazi tra una conferenza stampa altrui e l’arrivo a Malaga con il ritardo che compete alle star.
Ultimo, davvero ultimo match di Nadal, dunque, e tutti i risultati conseguiti – Slam, Coppe Davis con C maiuscola, ori olimpici, record vari e via verso l’infinito – scolpiti nel tessuto dello spazio-tempo. Buchiamo però quel tessuto (lo rammenderemo al ritorno) e saltiamo a dare un’occhiata all’inizio della sua carriera, quando tutto è iniziato: l’apparizione del classe 1986 nel circuito pro, i suoi diretti, ignari avversari e tutto quello che girava intorno.
Primo ma non… primissimo
Il sito dell’ATP riporta come suo primo incontro quello del torneo ITF F10 di Madrid del settembre 2001. Ancora quindicenne e beneficiario di una wild card, fu sconfitto in rimonta dal connazionale n. 731 del ranking Guillermo Platel, il cui compleanno cade tre giorni dopo quello di Rafa, però è nato nel 1979. Con un picco in classifica alla posizione 594 proprio quell’anno, Guillermo ora allena i tennisti al Club de Campo la Galera (probabilmente il nome di un tipo di nave, sicuramente non una prigione). La sua bio sul sito del club non poteva esimersi dal citare la vittoria contro Nadal, oltre che il 15° posto nel ranking junior, rimarchevole ma, come accade più frequentemente che non, di per sé insufficiente a garantire il successo nella transizione al mondo dei professionisti.
A proposito, Rafa ha partecipato a due soli eventi under 18, entrambi nel 2002: Wimbledon e Coppa Davis. Mentre calpestava per la prima volta i Prati, giungendo poi in semifinale, era già entrato nei primi 600 ATP, dalle parti del best ranking di Platel. Alzò invece la coppa della manifestazione a squadre nazionali, vincendo tutti gli incontri di singolare e di doppio, in semifinale e finale a fianco di Marcel Granollers – sì, quello che ha giocato con Alcaraz contro l’Olanda quel giorno. Chiusa parentesi.
Tra i nomi di futuro spicco, in quel torneo Futures del passato erano presenti l’argentino Juan Monaco (best ranking n. 10) e lo spagnolo Guillermo Garcia-Lopez (n. 23); entrambi riusciranno in un’occasione a battere Nadal, rispettivamente nel 2007 e nel 2010. Ad alzare il trofeo è stato Santiago Ventura, n. 65 sette anni dopo e concittadino di Bautista Agut – colui che non ha giocato il singolare quel giorno.
Ma ancora prima…
L’ATP non considera però gli incontri dei tabelloni di qualificazione dei tornei ITF, anche perché, in determinate circostanze, potrebbe esservi ammesso uno che passa da lì per caso, nulla a che fare con un professionista della racchetta o aspirante tale. Il primissimo evento “men’s” di un quattordicenne Rafael è stato allora quello di Cala Ratjada, frazione di Maiorca; un cosiddetto “satellite”, dal nome del circuito con tornei di quattro settimane solitamente organizzati dalle federazioni nazionali e supervisionati dall’ITF.
Correva il gennaio 2001 e il nostro protagonista esordì vittoriosamente nelle qualificazioni contro Tomas Prieto-Sorense, 6-1 4-6, 6-0. Primo match tra i grandi e già un 6-0 inflitto all’avversario. Era la Week 1 del torneo, ma anche di qualcosa di più grande. In tabellone, figuravano Simone Vagnozzi e Alex Vittur, rispettivamente attuali coach e manager di colui che ti rende le cose parecchio difficili se vuoi evitare di nominarlo ogni cinque minuti. C’erano poi Andreas Seppi (conterraneo sappiamo di chi), lo svizzero Wawrinka (non Stan, bensì il fratello maggiore Jonathan), Julian Svitolin (il fratellone di Elina) e un tale Rafael Domene-Alcaraz che non conosciamo ma il nome si fa notare.
Era un’altra era. Per dire, i partecipanti avevano pagato l’iscrizione in pesetas, le Torri Gemelle erano in piedi, Sinner (rieccolo, eppure) doveva aspettare ancora otto mesi per nascere, i Dead Kennedys non erano ancora tornati in vita ma Joey Ramone lo era, in vita.
Il tabù delle “quali”
Tornando a Tomas Prieto-Sorense, il primo a subire uno degli 85 bagel sfornati da Nadal sulla terra battuta, non sarebbe mai riuscito a ottenere un punto ATP né a centrare un tabellone principale ITF. A ben vedere, tuttavia, neanche Rafa è mai uscito indenne da un tabellone cadetto ITF. E, per essere pignoli, neanche ha mai superato le qualificazioni di un Challenger o quelle del circuito maggiore, mai disputate perché omaggiato di wild card per i main draw. Prieto-Sorense, viceversa, non ha mai ricevuto un invito per un qualsiasi tabellone principale. Quanta differenza possono fare le wild card in termini di carriera… Ma ora è il momento di apprestarsi a soffiare sulla candelina del primo anno da ex.
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