Nicola Pietrangeli, la camera ardente al Foro Italico. Il figlio Marco: “Tutto come voleva lui”

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Nicola Pietrangeli, la camera ardente al Foro Italico. Il figlio Marco: “Tutto come voleva lui”

“Tutto come voleva lui”. Così Marco Pietrangeli, figlio del leggendario Nicola, alla camera ardente di suo padre, venuto a mancare nella giornata di lunedì 1° dicembre. “Il posto e le musiche sono quelle”, ha aggiunto, riferendosi a tutti i dettagli che il quattro volte campione al Roland Garros – due in singolo e altrettante in doppio – avrebbe voluto per le sue onoranze funebri. E l’attore Roberto Ciufoli l’ha ricordato leggendo un estratto dal libro ‘Se piove rimandiamo’ dello stesso Pietrangeli, il cui funerale verrà celebrato nel pomeriggio, alle 15, presso la chiesa della Gran Madre di Dio a Ponte Milvio.

La Coppa Davis, lo stendardo della Lazio, i fiori bianco azzurri, un maxischermo che ritrae le sue immagini e le canzoni di una vita. Tutto questo sul suo campo da tennis, il Pietrangeli, nel Foro Italico a Roma. In mezzo ai suoi cari, ad amici e conoscenze come Giovanni Malagò, Andrea Abodi, Adriano Panatta, Tonino Zugarelli e Filippo Volandri. “Si è commosso per l’ultima Davis vinta”, ha fatto sapere suo figlio. Sono piacevolmente stupito dall’affetto di tutta l’Italia…Scusatemi, ma è dura, ha continuato con le lacrime agli occhi. Perché Nicola era un personaggio unico, scanzonato, ironico, dissacrante, come dite voi… Ma era lui e non fosse stato così attaccato alla Coppa Davis magari avrebbe pure guadagnato qualche cosina in più. Però era malato di questa cosa. Per lui la maglia azzurra era tutto. Indossarla era importantissimo”.

Successivamente, Marco è intervenuto anche ai microfoni di Sky Sport, definendo suo padre come un uomo “buono, presente, gentile, educato, equilibrato, polemico. Moltissimo, con tutti. Anche oggi che hanno veramente organizzato una cosa eccezionale, secondo me da dentro la bara sta bussando e sta dicendo: ‘Ma non era qui che volevo fare! Volevo mettere la bara un po’ più in là. La musica è troppo bassa…’. Quindi, sempre un po’ polemico e voi ci sguazzavate in questa cosa: Sinner, non Sinner, la Coppa Davis, non la Coppa Davis… Ma lui era uno così, gli piaceva dire quello che pensava senza peli sulla lingua. Mi diceva: ‘Ma io c’ho novant’anni, ho fatto quello che ho fatto. Ma posso dire quello che mi pare o no?’ E certo che sì, assolutamente”.

A prendere la parola presso la camera ardente inizialmente ci ha pensato Luciano Buonfiglio, presidente del CONI: Va via la storia e le storie come le sue non muoiono mai. Ci ha lasciato un messaggio del quale tutti dovremmo renderci conto. Ho avuto il privilegio di conoscerlo davvero, di parlare tante volte con lui. Ogni conversazione era un misto di esperienza e ironia. Sapeva metterti a tuo agio, non si è mai vantato di nulla. Era sempre disponibile, sempre cordiale”.

Poi è stata la volta di Angelo Binaghi, presidente della FITP: “Oggi è il giorno più triste. Nicola è stato una persona unica e irripetibile. È stato il tennis italiano. L’ho conosciuto venticinque anni fa nel momento forse più buio. È curioso che abbia deciso di andarsene quasi in punta di piedi aspettando la fine di questi ultimi due mesi in cui i suoi ragazzi e le sue ragazze hanno vinto tutto. Oggi in Italia nel tennis siamo tutti figli di Nicola.

“Conoscere Nicola è stato un sogno”, ha aggiunto Binaghi. “Girare il mondo con lui e Lea [Pericoli] è stata una festa. Quando si vinceva era una grande soddisfazione. Ma quando si perdeva era quasi anche meglio, perché erano capaci di trasmettere l’equilibrio, la felicità sempre, comunque e in modo velocissimo. Finivamo spesso a cena davanti a una, due, qualche volte anche tre bottiglie di vino. Ed era uno spettacolo, perché venivano fuori racconti, aneddoti. Si beccavano tra di loro. Era come stare in un film. Delle lezioni di vita davvero irripetibili. Credo di essere stato fortunato e privilegiato di aver incontrato queste due persone fantastiche. In questa fase della loro vita erano ancora più riflessivi di quanto lo fossero da giovani. Ed erano quindi anche più belli e facili da apprezzare”.

E infine anche il ministro Andrea Abodi: “Oggi c’è una dolce tristezza, segno di ciò che Nicola è stato. Ha vissuto intensamente, giocando sempre all’attacco. L’ho conosciuto qui quarant’anni fa. Lui era quello che era e io nessuno, ma c’è stata subito simpatia anche per tanti valori condivisi come sport, tennis e colori biancocelesti”.

Un commento su Pietrangeli l’ha rilasciato anche Tathiana Garbin ai microfoni di Sky Sport. “Io ho tantissimi ricordi di Nick, ma soprattutto i suoi aneddoti, i suoi sorrisi. Anche nei momenti più duri in cui il tennis stava magari attraversando un po’ di crisi, lui riusciva a portarci sempre un sorriso, un incoraggiamento che ci faceva prendere tutto in maniera un po’ più leggera. Credo che questo sia un grande insegnamento. Era un grande esempio di come portare una squadra. Ognuno ha una leadership differente e prova a mettere il proprio carattere in quello che fa. Lui era istrionico ed era bello così perché era molto vero e diretto. Questo piace ai giocatori, a cui magari non piace sentirsi raccontare delle storie, ma soltanto la verità. E per migliorarsi ci vuole tanta verità”.

“Il mio ricordo di Nicola è soprattutto legato alla Coppa Davis”, ha poi affermato Paolo Lorenzi. Mi ricordo che prima e dopo le partite veniva nello spogliatoio. Cerva di incitarci, ci raccontava qualche aneddoto. In quel periodo veniva anche spesso a cena con noi. Credo che un po’ dell’eredità che abbiamo adesso ce l’abbia lasciata lui. Fa parte di quelle leggende che noi cerchiamo di tramandare, perché poi spesso andiamo a vedere su Internet video di come giocavano. Penso che la memoria storica sia sempre importante. Lui per certi versi è stato il primo grande giocatore italiano. Ha vinto la Coppa Davis da capitano. Quello che vediamo adesso è frutto della storia”.

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