Nessuna rivoluzione alle porte, nessuno scambio di poltrone nel cuore del calendario tennistico, nessuna ambizione di grandeur in salsa italica, almeno per ora. Il sogno (o se preferite pia illusione) di vedere Roma mettere le mani sul Masters 1000 di Madrid è praticamente ormai tramontato del tutto, con buona pace di chi immaginava altri scenari. A spegnere l’ultima flebile fiammella che ancora ardeva, alimentata della stessa materia di cui sono alimentate i sogni, ci ha pensato Gerard Tsobanian, storico plenipotenziario del Mutua Madrid Open, braccio destro di Ion Tiriac e tuttora figura centrale nell’organizzazione del torneo, anche durante l’iter definitivo per il passaggio di proprietà in favore del colosso americano IMG, che ne prenderà il controllo entro la fine dell’estate, insieme a Apollo Global Management Inc. e RedBird Capital Partners, dopo l’aggiudicazione di alcuni asset all’asta, promossa dalla cedente, ovvero l’Endeavor Group Holdings, che a sua volta detiene IMG.
“L’Italia non prenderà il torneo di Madrid. Non sono più candidati. La vendita sarà finalizzata in estate”, ha dichiarato Tsobanian, ad alcuni colleghi spagnoli. Dichiarazioni che, se non sorprendono per il contenuto, colpiscono per la franchezza. Il tema, per la verità, non è nuovo: da mesi circolano voci, più o meno fondate, sull’ambizione italiana di accorpare il 1000 madrileno con l’Internazionali d’Italia per creare un Super 1000, un quinto Slam, o qualcosa che ci assomigli, ma purtroppo il tempo delle suggestioni sembra finito.
Il sogno del Quinto Slam? “Ci pensa il dio del tennis, ma non abbiamo il suo numero”
Come spesso accade in questi casi, nella vita di tutti i giorni, così nel tennis, le frasi che pesano di più sono quelle dette con un mezzo sorriso, mezzo veicolante. Tsobanian non alza i toni, ma ogni parola è una stilettata. “Organizzare uno Slam non dipende da quanti giocatori hai tra i primi 50 o 100 del ranking. Se fosse così, la Spagna avrebbe dovuto avere tre Slam negli anni passati…”. E ancora: “Non c’è alcuna possibilità che Roma organizzi uno Slam. Perché è il dio del tennis che decide, ma io non ho il suo numero. E non ce l’ha nemmeno il presidente della federazione italiana”.
Non è fastidio, spiega. Piuttosto scetticismo. “Non era un fondo di investimento quello interessato, ma una federazione tennistica. E volevano prendere un torneo che si gioca in un altro Paese. Avevo dei dubbi, diciamo così, sulle reali intenzioni”.
L’ombra di Ari Emanuel e la linea di IMG
Il nodo, evidentemente, era strutturale. IMG, la holding americana che detiene anche il Miami Open e diversi tornei minori, non aveva alcuna intenzione di vendere Madrid separatamente. La partita si gioca sull’intero pacchetto, con il consorzio guidato da Ari Emanuel (CEO di Endeavor Group holding che, come detto, possiede la stessa IMG) come detto in netto vantaggio nell’acquisizione interna del pacchetto, dopo l’aggiudicazione dell’asta, battendo così la concorrenza del gruppo CVC che avrebbe voluto mettere le mani sull’intero pacchetto, che comprendeva, Miami appunto, ma anche il torneo di Barcellona. Emanuel, uomo di potere più che di passerelle, ha messo nel mirino l’intero portafoglio. E una volta chiusa l’operazione – prevista per l’estate – sarà la nuova proprietà a guidare il futuro del torneo madrileno, ma senza spostarlo di un millimetro, né geograficamente, né tantomeno come periodo.
D’altronde, l’investimento infrastrutturale parla chiaro: entro il 2028 verrà inaugurato un nuovo impianto da 8.000 posti nella Caja Mágica. Un segnale inequivocabile. “Pensate che l’avrebbero fatto se non avessero certezze?”, chiosa Tsobanian. “Non siamo nel 2002, quando Tiriac spostò il torneo da Stoccarda a Madrid. Qui il legame con la città è fortissimo”.
La terra blu e l’idea di un “Super Slam”
Il dirigente di origini moldave non si limita a difendere la roccaforte madrilena. Al contrario, rilancia. A partire da un’idea che sembrava sepolta: la terra blu. “Non è morta. Potrebbe essere riproposta. Nel 2012 furono commessi errori tecnici, il drenaggio non era adeguato. Ma se preparata bene, passo dopo passo, potrebbe avere senso”. E chissà che in una nuova era – con nuovi proprietari e nuove strategie di marketing – il colore più divisivo del tennis moderno non torni a fare capolino.
Poi, la vera ambizione: non uno Slam in più, ma qualcosa oltre. “Perché dovremmo accontentarci di un Grand Slam? Noi vogliamo un Super Slam – dice Tsobanian –. I tabelloni da 128 sono anacronistici. La gente vuole vedere subito le grandi sfide, non aspettare il weekend per le partite che contano. Oggi il pubblico ha meno pazienza, vive in multitasking. Forse servirebbe un format più rapido. Come quello delle Next Gen Finals? Potrebbe essere interessante. Ma anche lì: bisogna chiedere il permesso”.
Il messaggio comunque è chiaro: Roma non prenderà il posto di Madrid, né diventerà la capitale di un nuovo Slam. Detto questo i passi importanti deve compierli soprattutto Madrid, ad oggi il 1000 con le più grandi difficoltà ed incertezze sul futuro. Perché se Madrid vuole tornare al centro della scena, dovrà rinnovarsi, rilanciarsi, inventarsi qualcosa di nuovo. L’eco del sorpasso romano in termini di biglietti venduti non è passato inosservato e, in fondo forse, anche la proposta italiana – per quanto possa essere considerata, a torto o ragione, velleitaria – ha risvegliato un certo orgoglio castigliano. Per ora, però, i telefoni restano muti. Il dio del tennis è impegnato a Parigi in questo momento.
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Autor: Carlo Galati