L’ATP dopo il ritiro di Sinner: “Al vaglio l’introduzione di una heat policy”

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L’ATP dopo il ritiro di Sinner: “Al vaglio l’introduzione di una heat policy”

Ormai tutti sanno che l’ATP non ha una extreme heat policy, una regola che preveda modifiche o sospensioni del gioco quando la combinazione fattori come temperatura dell’aria, umidità, velocità del vento e irraggiamento rende la disputa degli incontri pericolosa per la salute dei tennisti.

Il ritiro di Sinner

Lo sa anche anche chi non ha idea di cosa sia l’ATP (l’Associazione dei Professionisti del Tennis) e lo ha verosimilmente scoperto in questi giorni – se non nelle ultime ore – fondamentalmente dopo che anche l’altra metà dell’auspicata finale del Rolex Shanghai Masters è andata in fumo. Più esplicitamente, parliamo della penosa uscita di scena di Jannik Sinner dopo che Carlos Alcaraz aveva precauzionalmente rinunciato prima dell’inizio delle gare causa caviglia girata in Giappone.

Le scene dell’azzurro costretto al ritiro in preda ai crampi che si regge in piedi solo grazie alla racchetta hanno fatto il famoso giro del mondo, anche se roba da principianti rispetto a Jakub Mensik ai tempi della sua finale maschile all’Australian Open Junior. E a Melbourne ce l’hanno, la heat rule.

Djokovic e gli altri

Ma nel caldo umido (molto caldo e molto umido) di quest’anno a Shanghai, il numero 2 del mondo è stato il settimo tennista a ritirarsi. Che poi almeno la metà degli altri tennisti abbiano concluso anzitempo i loro match per infortuni vari (polso, ginocchio, collo) non importa più di tanto e in ogni caso Djokovic che vomita, Atmane (ritiratosi) e Rinderknech (ancora in gara) che raccontano di difficoltà anche solo a respirare, Rune che parla di “morire in campo” e via così, danno un quadro piuttosto preciso delle condizioni ambientali “brutali” (cit. Nole) in cui si sta disputando il torneo. E i dati disponibili di temperatura e umidità sono lì a confermare.

Il vuoto normativo

L’ATP, al contrario degli Slam e della WTA, non ha una regola per il caldo estremo, dicevamo, e tutto è lasciato sulle spalle del supervisor (colui che rappresenta l’associazione e “parla in sua vece con piena autorità durante il torneo”), tra le cui responsabilità c’è quella di poter sospendere o posticipare gli incontri quando le condizioni climatiche o di altro tipo minaccino l’immediata sicurezza dei giocatori e di chiunque sia presente al torneo. Tutto ciò o, per meglio dire, questo nulla o quasi potrebbe essere riempito in un futuro ancora imprecisato; secondo quanto riporta l’agenzia Reuters, infatti, l’ATP apre alla possibilità di introdurre questa heat policy da più parti reclamata.

L’ATP batte un colpo

In un’email all’agenzia di stampa, l’associazione dei pro spiega che, oltre ai poteri del supervisor, “la squadra dei Servizi Medici dell’ATP attua diverse misure in caso di caldo estremo per aiutare a proteggere la salute dei tennisti durante gli incontri”. Ma aggiunge: “Ciò rimane sotto attivo controllo e misure ulteriori inclusa la realizzazione di una heat policy ufficiale sono attualmente al vaglio in consultazione con i giocatori, i tornei e gli esperti medici. La sicurezza dei tennisti rimane una priorità per l’ATP”.

E copiare da Slam e WTA?

Come dicevamo, gli Slam e la WTA hanno da tempo adottato una regola che fa scattare determinate misure, fino alla sospensione degli incontri o alla chiusra del tetto ove presente, in caso di caldo estremo secondo la Wet-Bulb Global Temperature, una scala che tiene conto di quei fattori citati all’inzio (temperatura dell’aria, umidità, velocità del vento e irraggiamento): una misurazione oggettiva che semplifica le decisioni degli ufficiali di gara e, soprattutto, aumenta la sicurezza degli atleti.

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