L’edizione di Wimbledon 2025 passerà alla storia come una delle più sorprendenti di sempre, a prescindere da chi infine alzerà il trofeo. Un’affermazione non cascata dal cielo, ma dovuta alla particolare situazione attraversata dalle teste di serie. Al terzo turno sono infatti giunte soltanto 28 teste di serie tra singolare maschile e singolare femminile, il numero più basso di sempre da quando sono 32 nei tabelloni Slam. Ciò non deve essere per forza negativo, ma sicuramente è un caso da indagare, e porta con sé delle controindicazioni.
Per quanto infatti un upset sia entusiasmante esaurisce rapidamente le proprie bollicine, come uno spumantino per brindare alla vigilia di Natale. E ci si rende poi conto che sarebbe stato molto più divertente assistere a Berrettini-Zverev piuttosto che a Majchrzak-Rinderknech. Posto che entrambi si sono meritati l’approdo al terzo turno, così come Norrie e Jarry che si giocheranno addirittura un posto ai quarti (Alcaraz ringrazia), è indubbio che lo spettacolo vada a perdere.
E di pari passo l’appeal del torneo tende a un leggero ribasso. Fatta questa banale, quanto dovuta, precisazione, diventa interessante capire il perché 36 teste di serie siano state eliminate nei primi due turni.
L’abitudine e la preparazione all’erba
La prima causa, per chi vuole anche un po’ scontata, riguarda l’impatto con la superficie. Sull’erba si gioca infatti oggettivamente troppo poco, e ciò comporta che molti giocatori, anche top, giochino all’esordio ai Championships la quarta, quinta partita sulla superficie quando non la prima o seconda. E, incontrando un avversario che serve bene o è nella giornata giusta, è più semplice che una sorpresa prenda vita e diventi realtà. Specie su un’erba che è sempre più un ibrido tra una terra più veloce e una sorta di lento prato spelacchiato.
Anche perché Wimbledon è l’unico Slam a vivere una preparazione, da parte dei giocatori, tutta sua. Particolare, breve e non omogenea. Ci sono tre settimane di tornei per arrivare allo Slam, e ogni settimana presenti tornei diversi di pari livello. E ognuno con un’erba decisamente diversa, più o meno rapida, regolare o irregolare, rispetto a quella di Church Road. E così anche la scelta del torneo, e di conseguenza dei campi, può rivelarsi un passo decisivo per un buon cammino nel torneo più antico al mondo.
Problematica che altrove non si verifica. Il cemento è grosso modo sempre uguale, e anche la terra, per quanto ogni torneo abbia una sua condizione climatica a poter mischiare le carte in tavola, ha differenze non così imponenti nell’avvicinamento al Roland Garros. Specie perché, essendoci tre Masters 1000 a far parte del calendario di preparazione allo Slam rosso, i top giocano più o meno lo stesso numero di partite e negli stessi tornei, provando tutti condizioni simili. E arrivano sia più abituati alla superficie a Parigi, sia senza aver vissuto un cammino così lontano da quello di altri giocatori.
Il “problema” del livello medio
Un altro punto più volte discusso, nel tennis moderno in generale, riguarda il discorso sul tanto decantato innalzamento del livello medio. Su Ubitennis ne avevamo parlato dopo l’uscita di Bublik (uno dei grandi delusi, eliminato al primo turno) nei confronti di Mensik a Madrid. Ed era venuto fuori come in effetti il livello medio attuale, cioè quello dei giocatori che orbitano tra l’undicesima e la trentesima posizione, sia migliorato rispetto a qualche anno fa. C’è ovviamente il rovescio della medaglia, e riguarda il livello medio di chi sta in cima. Decisamente calato rispetto al periodo dei Fab Four.
È infatti sempre più comune vedere alcuni dei primi 8 scivolare nei turni iniziali contro giocatori meno quotati: ben 4 non hanno passato il secondo turno, e il n.5 al mondo Fritz è dovuto scampare a due battaglie in 5 set conto Mpetshi e Diallo per approdare al terzo turno. Ciò dimostra come il miglioramento di chi sta appena dietro corrisponda ad una leggera flessione di chi conduce, e dunque a un equilibrio maggiore e un maggior rischio che qualcosa possa andare “storto”. Basti guardare anche le fatiche di Alcaraz con Fognini, con l’unico dei top finora arrivato indolore alla seconda settimana che porta il nome di Jannik Sinner. Non hanno perso set neanche Flavio Cobolli e Ben Shelton, a dirla tutta, ulteriore manifesto che chi insegue è pronto a sedersi alla tavola dei migliori.
Gli specialisti e il caldo
Un altro punto da tenere in considerazione riguarda i cosiddetti “specialisti da erba”. Ma ci sono ancora? Be’ di certo Laura Siegemund da tale si è comportata nel battere quasi passeggiando la n.6 al mondo Madison Keys. Sfoggiando un repertorio di tagli e discese a rete degno delle migliori compilation di colpi degli anni ’80. E lo stesso si può dire di Jordan Thompson. Che, facilitato da un tabellone “accogliente”, si è spinto fino agli ottavi. E potrebbe giocare un brutto scherzo a un Fritz non apparso così brillante.
Anche, come dicevamo, a causa di temperature mai registrate durante i Championships. Negli ultimi giorni la pioggia ha iniziato a cadere sui prati di SW19, ma dopo la giornata inaugurale più calda nella storia del torneo. Che ha causato in primis vari malori tra gli spettatori, ma ha anche messo in seria difficoltà i giocatori. Trovatisi a combattere con un’aria troppo afosa per gli standard londinesi e un caldo che ha anche cambiato le condizioni di gioco, rendendo l’erba più secca e sin da subito meno rapida e regolare. Un insieme di fattori che ci portano al quadro complessivo di 20 teste di serie sui 32 attori coinvolti per gli ottavi di finale sia maschili che femminili, di cui però solo 9 appartenenti alle prime 10.
E ora?
Ora ci attende una seconda settimana che potrebbe in ogni caso accendersi sul finale, con ancora 3 possibili semifinali su 4 che vedrebbero contrapposti top ten. Oltre al fatto che lo spalancarsi del tabellone ci ha anche regalato tre azzurri negli ottavi di finale, evento mai accaduto prima a Wimbledon. E concedendo occasioni di “redenzione” a ottimi giocatori a cui il grande salto è sempre mancato come Karen Khachanov o Amanda Anisimova. Che sia la volta buona?
Questa particolare edizione dei Championships, nel segno delle sorprese ma anche delle rinascite inaspettate come Jarry o Majchrzak, ha ben insegnato ad evitare accuratamente i pronostici. È pur vero che solo chi non li fa non sbaglia, ma dopo aver messo a nudo le motivazioni è meglio tenerle ben presenti. Per evitare anche a livello giornalistico e di commento la debacle di qualche ulteriore testa di serie.
Le quote antepost
Tempo di prime somme e di pronostici in quel di Wimbledon, dopo le tante eliminazioni eccellenti. Con tutti i caduti del caso il pronostico è oramai sempre più indirizzato verso i grandi favoriti sin da subito, Carlos Alcaraz e Jannik Sinner. Lo spagnolo, campione uscente, parte un pelino in vantaggio nelle gerarchie, ed è premiato da una super quota che su Sisal vale 8 volte la posta.

Situazione analoga per Sinner. Il n.1 al mondo viene immediatamente dietro ad Alcaraz, per il semplice fatto di avere lo spauracchio Novak Djokovic nella propria zona di tabellone. Al netto di ciò anche la sua quota ha una maggiorata su Sisal, che diventa uguale (e ancora più conveniente visto il rendimento nei primi due match di Jannik) a quello dello spagnolo, 8 volte la puntata.

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Autor: Pellegrino Dell’Anno