Quattordici anni fa, si era nel 2011, Djokovic realizza il suo primo… tre quarti di Slam della sua carriera; ci riuscirà altre tre volte, nel 2015, nel 2021 e nel 2023. A Wimbledon vince il primo dei suoi sette successi e per la prima volta scala la vetta del ranking superando in finale Rafa Nadal per 6-4 6-1 1-6 6-3. Nel suo cammino verso la finale cede altri tre set, uno dei quali a tale Bernard Tomic, ragazzino australiano oltre la posizione 150 che indispettisce il campione serbo perché riesce a tenere per una buona oretta il comando dello scambio. Nole vince e riprende il cammino verso il trofeo e il primato. Il mondo conosce così il talento di Tomic e lo immagina già mentre battaglia di lì a qualche anno di nuovo con l’asso serbo, con Rafa e Federer; immagini e speranze riposte nel cassetto da parecchio, ormai.
Non importa, perché qui non si vuole parlare né dei Big Three né di Tomic, quasi trentatreenne e attivo perlopiù nel circuito minore. Sempre nel 2011 infatti, sui prati di Londra si fa ammirare un certo Grigor Dimitrov, che al secondo turno fa splendere il suo talento e confonde Jo Wilfried Tsonga fino quasi a costringerlo a quinto set; il francese saprà poi arrivare in semifinale, lasciando strada proprio all’asso serbo, ma dopo quattro tiratissimi set.
C’era aria di futuro quattordici anni fa a Londra, con Tomic che prova a farci ricordare il tennis unico di Miloslav Mecir e con Dimitrov che forse è giunto a rassicurare chi comincia a notare qualche crepa nei meccanismi perfetti di Roger. Se l’australiano di origine croata si è successivamente perso, Grigor ha percorso e ancora percorre la sua strada, lastricata di successi e di quasi successi, di colpi straordinari e di vuoti altrettanto sorprendenti, e soprattutto di cuori infranti, e non facciamo riferimento alle ragazze, colleghe e no, cui il bel ragazzo bulgaro è stato accostato dalla stampa specializzata (non in tennis), ma agli appassionati del tennis classico, del gioco a tutto campo, del rovescio a una mano.
Dimitrov entra nella top 20 nel 2014, la sua è una crescita costante e non impetuosa. Vince tre titoli e in quell’anno il trionfo al Queens’ e la semifinale a Church Road, persa dopo quattro set e due tie-break sempre di fronte a Djokovic che poi si imporrà per la seconda volta, lo spediscono nella top 10 e creano inevitabilmente grandi aspettative, oltreché paragoni importanti. Già nel 2015 un calo di forma lo fa arretrare fino quasi ad uscire dalla top 30, circostanza che si avvera nel 2016, quando nei Major non riesce a fare meglio di un quarto turno a New York, dove Murray gli nasconde la pallina.
Il 2017 è l’anno d’oro, quello del ritorno dopo che iniziava ad incombere l’etichetta di talento intermittente, di giocatore inaffidabile: Grisha raggiunge la posizione numero 3, il suo best ranking, a novembre. Trascina Nadal al quinto set a Melbourne, vince a Sofia e soprattutto a Cincinnati ad agosto, su Nick Kyrgios; il suo fine anno è strepitoso e comprende il trionfo alle ATP Finals. Per vincere il titolo non deve mai incontrare nessuno dei Big Four, ma fermarlo non sarebbe stato un lavoro da poco per nessuno.
Il momento di massima gloria coincide con il lento calo, con la permanenza tra i migliori ma anche con l’assenza di acuti: per rivederlo con una coppa in mano dobbiamo aspettare Brisbane 2024! La scorsa stagione lo vede in finale in altre tre occasioni: a Marsiglia, a Miami, con Sinner che lo supera nettamente, e a Stoccolma. Grigor ritrova il posto tra i migliori dieci, per poi perdere nuovamente quota nel 2025, l’anno dei ritiri: ben quattro, che lo spingono alla attuale ventunesima sedia della classifica mondiale.
A 34 anni la condizione fisica non può più essere al top, anche per un grandissimo atleta come lui; quello che Grigor ha sicuramente messo da parte, con l’esperienza, è l’obbligo di arrivare, di vincere e di vincere bene, perché un talento come il suo non si può gettare alle ortiche, perché Sampras, perché Federer… Nel mezzo del citato torneo di Miami, prima di perdere la finale dal numero uno del mondo, Dimitrov ha rilasciato dichiarazioni importanti da questo punto di vista: si è detto fortunato ad avere giocato all’epoca dei Big Four “Non averli avuti avrebbe reso il mio viaggio più triste. Chiaro che non avrei mai voluto affrontarli durante un torneo, però è bello aver potuto misurarsi contro di loro, e alla fine posso anche dire di averli battuti tutti almeno una volta… Il fatto di essermi misurato contro giocatori così mi ha spinto a migliorarmi… e ancora: “mi sono dato piccoli obbiettivi settimanali, è bello poter scendere in campo senza sentire dolori, è bello ricostruirsi e giocare alla pari con i migliori, ancora oggi”.
Il senso di continuare è in queste parole e in altri momenti DOC al di fuori dell’agonismo, come la vittoria nello Stefan Edberg Sportmanship Award, premio assegnatogli dai colleghi di tour, l’amicizia fraterna che lo lega ad Andrey Rublev e allo stesso Novak Djokovic, con cui ha disputato una esibizione a Sofia nel settembre del 2024 con il ricavato destinato alla fondazione benefica che Dimitrov ha fondato dopo aver visitato alcuni orfanotrofi nel suo Paese. E poi il rovescio a una mano: “è triste” – dice a Brisbane a inizio stagione – “sta diventando sempre più raro. Ma il gioco evolve, come anche la vita…”. È tranquillo ora Grigor, al punto da scherzarci sopra in un video divertentissimo dell’associazione giocatori, dove i monomani (c’è anche Musetti) si cimentano nell’utilizzo delle due mani per compiere i gesti più comuni nella vita di tutti i giorni. Invano, e Grigor, in collegamento con “Roger”, dice: “non ce la faremo mai”.
Lui, Dimitrov, ce l’ha fatta: magari non a fare tutto a due mani, ma a ricostruirsi per tornare competitivo, quello invece sì. Poi con Sinner lunedì accada quello che potrà accadere.
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Autor: Danilo Gori