Draper e l’infortunio al braccio: “E’ stata dura perché stavo raggiungendo Sinner e Alcaraz”

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Draper e l’infortunio al braccio: “E’ stata dura perché stavo raggiungendo Sinner e Alcaraz”

Un pizzico di rammarico, uno sguardo al futuro e delle rinnovate consapevolezze. C’è tutto questo nell’intervista rilasciata da Jack Draper al quotidiano The Independent dove il britannico analizza, a bocce ferme, quello che è stato il suo anno indubbiamente caratterizzato dall’exploit a Indian Wells e il conseguente entusiasmo smorzato dall’infortunio occorso al braccio sinistro precludendogli la restante parte della stagione, costringendolo a fare da spettatore e negandogli l’accesso alle ATP Finals.

Al netto del comprovato rendimento sul cemento, il britannico era riuscito a trovare l’amalgama anche sulle superfici a lui non congeniali come la terra rossa, con la finale del Master di Madrid come testimonianza lampante. Insomma, sembrava schiudersi una stagione volta a proiettare il classe 2001 in piena rampa di lancio, ma invece l’erba di Wimbledon riserva un’amara sorpresa. Nella sconfitta di secondo turno contro Marin Cilic, Jack Draper ravvisa un dolore al braccio sinistro che una radiografia svelerà trattarsi di una contusione ossea. La diagnosi fu di 8-9 settimane.

Incerto sulla sua presenza allo US Open, il diretto interessato addebita a una radiografia fuorviante la sua partecipazione a Flushing Meadows salvo poi ritirarsi prima della sfida di secondo turno contro Ziozou Bergs: “Dovevo tornare per scoprire cosa stesse succedendo. Essenzialmente una radiografia mi ha dato false speranze, forse è stata interpretata male. Non rimpiango di aver giocato a New York, sono un’atleta e voglio raggiungere grandi cose. Ero in un ottimo momento prima di Wimbledon, sia per quanto riguarda la mia classifica che il mio tennis, e volevo continuare a spingere. Purtroppo non è stato possibile andare avanti così.”

Da quel momento Jack non è più tornato in campo, chiudendo anticipatamente la stagione. Attualmente è scivolato appena fuori la top-10 (ma è n.10 nella Race), ma l’ambizione del britannico è quella di inserirsi nel binomio targato Carlos Alcaraz e Jannik Sinner e provare a cucirsi addosso il ruolo di terzo incomodo. Impresa non facile, ma il londinese durante la miglior stagione della carriera ha avvertito buone sensazioni che, a suo dire, lo hanno portato vicino allo spagnolo e all’azzurro: È stato difficile da vedere perché stavo facendo del mio meglio per raggiungerli e migliorare sempre di più il mio gioco.”

Un desiderio che può avere seguito solo in base al duro lavoro. Ne è consapevole Draper, a conoscenza, su quali aggiustamenti inserire nel proprio gioco per poter affrontare Alcaraz e Sinner: “Ci sono così tanti miglioramenti che posso apportare, fisicamente e mentalmente, nel mio tennis. Posso essere più aggressivo, so di avere già un gioco completo in termini di difesa e voglia di vincere, ma ora penso che si tratti davvero di utilizzare le mie armi per poter sfidare in particolare quei due ragazzi che sono al vertice“.

Sono ormai più di due mesi che il britannico è ai box, tempo per riflettere e capire che l’infortunio è avvenuto per lanciare un segnale al proprio corpo e la maturata comprensione che questa volta è il caso di non bruciare le tappe e guarire completamente: “Forse è anche per questo che mi sono fatto male, perché mi stavo impegnando davvero tanto per migliorare velocemente”.

Oltre alla sua situazione fisica che impone calma per il ritorno in campo nella prossima stagione, Draper ha avuto modo di spendere qualche parola sul calendario fitto dei tornei ATP che possono avere come concausa infortuni gravi come quello patito a Holger Rune. Una piccola tirata di orecchie del nativo di Londra ai massimi organi competenti, rei di non collaborare a stretto giro tra di loro: “Il tennis è uno sport in cui i giocatori sono la risorsa più preziosa e non c’è una comunicazione sufficientemente efficace tra i tornei del Grande Slam, l’ATP, la WTA e l’ITF. Ognuno lavora separatamente dagli altri ed è per questo che ritengo che questo sport non sia al massimo del suo potenziale“.

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