Coppa Davis: la convocazione di Bolelli e Vavassori e la perenne polarizzazione del dibattito. Precedenti e contro

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Coppa Davis: la convocazione di Bolelli e Vavassori e la perenne polarizzazione del dibattito. Precedenti e contro

Simone Bolelli e Andrea Vavassori hanno scritto una nuova pagina di storia del tennis azzurro, con la prima semifinale alle ATP Finals da parte di una coppia tutta italiana.
Il sorteggio non era certo stato baciato dalla fortuna per gli azzurri, che, da settime teste di serie, avevano pescato i primi e i terzi favoriti, rispettivamente Cash/Glasspool e Granolles/Zeballos, oltre ai campioni uscenti Krawietz e Puetz. Una montagna da scalare non indifferente.
In una stagione rapsodica, in cui vette importanti sono state inframezzate da passaggi a vuoto e cali di forma, il duo si è ritrovato sentendo l’aria di casa. Due vittorie e una sconfitta indolore il bottino raccolto all’Inalpi Arena.
Un traguardo, la semifinale, che lo scorso anno è rimasto lontano una partita: nel 2024 è arrivata l’eliminazione al round robin, con due sconfitte che hanno fatto ombra all’esordio vinto in due set.

Contro Heliovaara e Patten, seconde forze del seeding, erano attesi dall’ennesima prova dura e purtroppo stavolta si sono dovuti inchinare. Nonostante la sconfitta, la sensazione è che i due giocatori italiani lascino il Piemonte con un bagaglio di positività e fiducia, soprattutto in vista della Coppa Davis. Da Torino a Bologna.
Un responso che prescinde il verdetto del campo c’è: Bolelli e Vavassori sono una certezza, per il tennis e per capitan Volandri.

Il 2025 di Bolelli e Vavassori: quattro trofei per una riconferma ai massimi livelli

Nessuno sa cosa succederà nelle ultime due settimane della stagione tennistica. C’è un finale che attende di essere scritto, con il canovaccio dei dieci mesi precedenti pronto allo stravolgimento. Nella molteplicità di epiloghi possibili, la speranza è che Bolelli e Vavassori possano essere ancora i protagonisti, stavolta con la maglia azzurra. Il loro 2025 sfugge alle logiche che spesso andiamo cercando nelle analisi. Il titolo ad Adelaide, il primo torneo dell’anno, carica la stagione di aspettative e sogni. La finale raggiunta all’Australian Open pare la giusta redenzione per gli Slam sfumati sul traguardo l’anno precedente. Eppure non sempre il lieto fine tanto atteso si materializza. Così, gli azzurri ripartono da Rotterdam, dopo la delusione australiana. Spesso si parla di resilienza, parola inflazionata per indicare la capacità di superazione, di assorbire gli urti. Il cemento indoor precede un Sunshine Double da un solo successo e uno spaccato di stagione sulla terra che si rivela avaro di soddisfazioni. Agli Internazionali d’Italia sono eliminati all’esordio nel derby azzurro contro i classe 2005 Federico Bondioli e Carlo Alberto Caniato. Bolelli e Vavassori approdano, così, all’ultimo appuntamento che precede il Roland Garros, dove difendono la finale del 2024, con all’attivo zero vittorie sul mattone tritato e delle sensazioni da ritrovare. Ad Amburgo il duo italiano dà l’ennesima dimostrazione di carattere, portandosi a casa il terzo titolo dell’anno. All’Open di Francia non si spingono oltre il terzo turno e non va meglio a Wimbledon, con un secondo turno. Nel mezzo la finale ad Halle che aveva fatto ben sperare per i Championships, nonostante la sconfitta. L’ultimo acuto del 2025 prima del capolavoro di Torino rimane il quarto trofeo stagionale, con il successo di Washington.

Risultati dalla curva altalenante che hanno, tuttavia, confermato Bolelli e Vavassori tra i più forti e temibili della specialità. Anche Filippo Volandri, che nelle ultime settimane ha avuto un bel daffare, ha optato per la convocazione del sodalizio tutto azzurro per il terzo anno di fila.

Coppa Davis: le scelte di Voladri e quel precedente del 1991

L’Italia a Torino è ben rappresentata da Jannik Sinner e Lorenzo Musetti, oltre che dal duo azzurro, attestando la nostra nazione tra le più floride del panorama della racchetta. Nello specifico, a livello di ATP, gli azzurri in top 100 sono ben nove – solo Francia e Stati Uniti fanno meglio, rispettivamente con 14 e 15 giocatori – di cui quattro tra i migliori 30.

Un’abbondanza che sicuramente farà felice Filippo Volandri, ma che lo mette altresì difronte a decisioni inevitabili per il ruolo che ricopre. Il capitano di Davis, infatti, ha un ventaglio di ipotesi e scenari e tocca a lui la responsabilità di decretare cosa sia meglio per la compagine tricolore. Con Sinner che si è chiamato fuori per tempo e Musetti fresco di defezione, saranno Flavio Cobolli, Matteo Berrettini, Lorenzo Sonego e i doppisti a vestire la casacca azzurra. Proprio questi ultimi sono finiti al centro di alcuni ragionamenti circa la bontà di includere due specialisti del doppio tra i cinque convocati.

Nessuno dovrebbe avere la pretesa di scegliere per Volandri. Così come nessuno dovrebbe – o avrebbe dovuto – sostituirsi a Sinner per decidere cosa fosse meglio per se stesso. Ciononostante, alcuni interrogativi – non per forza polemici – e le conseguenti puntualizzazioni potrebbero essere utili per calarsi nell’atmosfera Davis. Perché preferire due doppisti a un top 30 (non a suo agio indoor) come Darderi? Ovviamente non esiste una risposta univoca.

Era il 2018 quando i giocatori convocabili da ciascuna compagine sono passati da quattro a cinque. Una differenza che potrebbe apparire una minuzia, ma che in realtà lascia un ampio margine di manovra ai capitani. Adesso includere in squadra un duo avvezzo a giocare insieme non grava sui singolaristi, che in tre si contendono la titolarità dei due singoli.
Quando la cinquina era un quartetto optare per due giocatori di singolare e due di doppio era assai rischioso. Lo sanno bene gli Stati Uniti, una delle corazzate di Davis, che nel 1991 fu piegata dalla Francia. L’allora capitano Tom Gorman convocò, accanto a Pete Sampras e Andre Agassi, Ken Flach e Robert Seguso, che in doppio avevano messo in bacheca tre Slam. A rimetterci fu Jim Courier, numero 2 del mondo e vincitore del Roland Garros, nonché finalista dello US Open e delle ATP Finals di Francoforte – nel 1992 Courier trionfò all’Australian Open, prendendosi la vetta del ranking, e confermò il titolo all’Open di Francia, prima di guidare gli Stati Uniti verso la 30esima Insalatiera, con un dietrofront da parte di Gorman, che chiamò i tre singolaristi oltre al tuttofare John McEnroe.
La selezione transalpina riuscì ad avere la meglio sugli americani grazie a due giocatori: Guy Forget e Henri Leconte, la vera grande intuizione di Yannick Noah, capitano (non) giocatore che aveva appena appeso la racchetta al chiodo. Sulla situazione di punteggio di 1-1, a indirizzare la finale fu proprio il capolavoro di Forget e Leconte in doppio, che schiantarono l’esperta coppia a stelle e strisce. Insomma, questo a dimostrazione che chi siede in panchina ha un ruolo attivo e il suo fiuto per le illuminazioni decisive ha un impatto in campo. In quel frangente Noah vinse la sfida a distanza contro Gorman.

L’ampliamento della rosa dei convocati non è l’unica innovazione degli ultimi anni. La Coppa Davis ha letteralmente cambiato volto, assumendo i connotati di una competizione quasi altra, che dell’antenata conserva il nome, ma si è vista cambiata nell’essenza. La contrazione temporale non riguarda solamente le settimane riservate alla Davis, divenute tre, ma anche e soprattutto le partite: due singolari e un doppio compongono i singoli tie, che si giocano al meglio dei 3 set. Il nuovo – ormai da sei edizioni – format assegna una grande incidenza al doppio, che, nel caso in cui i singolaristi si spartiscano i punti, ha il ruolo di sentenza inappellabile. L’ago della bilancia che decreta il vincitore. Quindi avere un duo affiatato e ben collaudato è un benefit non certo trascurabile. Ribaltando il ragionamento, però, archiviare la pratica con i singolari automaticamente mette fuori dai giochi il doppio.

Tutto il contrario di tutto, verrebbe da pensare.

A pagina 2 la storia dei doppi azzurri. E perché conviene puntare sui singolaristi

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