Flavio Cobolli è il numero uno del tennis italiano di questo ultimissimo scorcio di stagione 2025. Con Jannik Sinner in vacanza, il tennista romano, coadiuvato splendidamente dal concittadino Matteo Berrettini, ha vissuto in prima persona i momenti più coinvolgenti della settimana bolognese di Coppa Davis. E Gaia Piccardi del ‘Corriere della Sera’ lo intervista mentre sta partendo per le Maldive con la sua ragazza e un gruppo di amici. La chiacchierata verte ovviamente sull’impresa di Bologna e sulle emozioni. Ma anche sulle implicazioni di una vittoria senza il n° 2 del mondo, e la coesione del gruppo.
Cobolli: “Non sempre con i campioni si vince in Davis”
Sulla finale l’atleta romano si esprime così: “Non avevo mai provato una emozione così grande, uno stadio intero che grida il mio nome. Mi sono divertito, anche quando dovevo recuperare un set a Munar, stavo imparando. Ho capito che, come dice Volandri, non sempre con i campioni si vince in Davis. Alcaraz non ha vinto a Malaga, quest’anno Zverev ha perso in semifinale. Ho capito che ci vuole un attaccamento speciale alla maglia e una voglia di vincere che vada oltre le tue stesse qualità”. Le emozioni e l’affetto della gente, del padre che, per pudore dei sentimenti non si esprime ma nei cui occhi Flavio vede “felicità e commozione, come per i quarti a Wimbledon con Djokovic. Porterò tutto con me, per sempre”, poi degli amici romanisti Bruno Conti, Antonello Venditti e Daniele De Rossi.
Piccardi sposta il discorso sulla squadra degli amici, le seconde linee di lusso che hanno dimostrato quanto appunto detto sul ruolo di un campione nel team. Ma Flavio riafferma il ruolo fondamentale dell’asso altoatesino, pur descrivendo con emozione il processo di evoluzione della squadra durante la settimana finale: “Jannik è imprescindibile, in ogni cosa che fa. Ma a Bologna è maturata una convinzione forte, strada facendo. In allenamento non stavo giocando bene, perdevo sempre, eppure quella sensazione cresceva e ci ha fatto sentire tutti invincibili. Ognuno ha fatto il suo, Sonego non si è perso uno scambio nemmeno per andare in bagno. Bolelli e Vavassori facevano un gran tifo, io sostenevo Matteo e poi lui correva da me. Ognuno ha tenuto la sua parte”.
E poi le curiosità e i retroscena, dal festeggiamento in un locale di Bologna, uno dei pochi rimasti aperti dove si sono ritrovati unicamente i componenti della squadra, al sale sotto la lingua che Flavio ha chiesto durante l’incontro con Munar (“dopo i tre set con Bergs avevo paura dei crampi”). Per poi passare al timore della sconfitta pesante (“ho pensato che non potevo deludere i ragazzi con una figuraccia e ho reagito”). Fino ad arrivare al nonno che si pavoneggia con gli amici con la coppa in mano (“quando torno dalle Maldive me la riprendo”).
Inevitabile guardare oltre, a come le vittorie di Bologna possano fungere da abbrivio per un inizio di stagione brillante a Melbourne e a quali siano in generale gli obbiettivi per il 2026. Cobolli mette da parte l’emozione e dimostra di avere le idee chiare sul futuro, prossimo e più avanti nel tempo: “È un discorso che affronteremo durante l’off-season, dopo le vacanze. Mi fido di chi mi sta intorno, mio padre, quindi mi affido a lui. Il mio obbiettivo mi è chiaro: entrare nei top 10. Non so quando e come ma certo per star dietro a Jannik e agli altri devo lavorare sui miei punti deboli. Devo alzare il livello di gioco. Non sento di dover vincere sempre, ma per crescere devo giocare, vincendo e perdendo”.
Cobolli conclude riflettendo sui risultati raggiunti e sul tipo di strada percorsa, secondo lui un ulteriore punto di forza, e ringrazia ancora la Davis: “Finora la mia carriera è proseguita a piccoli passi, crescendo per gradi, come piace a me. Anche nelle competizioni a squadre come la Davis ma anche la United Cup e la Laver Cup. Prima ho partecipato come riserva e poi come protagonista. Ho percorso tutti i gradini della scala, senza perderne uno, in maniera autentica, quasi ingenua. La strada si costruisce così e per me Bologna ne sarà sempre uno snodo fondamentale”.
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