Nuovo giro, nuova corsa. Marco Panichi ha cambiato team, ma non approccio. Dopo aver lavorato con due dei più importanti giocatori dell’ultimo ventennio tennistico, Novak Djokovic e Jannik Sinner, oggi è parte dello staff tecnico di Holger Rune. Una sfida diversa, forse più complicata, sicuramente più imprevedibile per l’ex preparatore atletico del sunnominato numero 2 del mondo (con cui ha concluso la propria collaborazione subito dopo l’ultima edizione del Roland Garros). “Per me è come se fosse il primo giorno” ha raccontato in un’intervista a Lorenzo Ercoli per il Corriere Dello Sport. “Anche dopo le vittorie più grandi, la spinta è sempre la stessa: passione. E Djokovic direbbe lo stesso.”
Rune: il talento c’è, la direzione è da trovare
Parlare di Rune, del resto, è come parlare di un potenziale fuoriclasse ancora in costruzione. Uno che avrebbe tutti i mezzi per occupare le primissime posizioni del ranking ATP. E Panichi non lo nasconde: “È un ragazzo meraviglioso, pronto ad ascoltare e condividere. Ci stiamo ancora conoscendo, abbiamo impostato i primi protocolli di lavoro, ma sarà un percorso a medio-lungo termine.”
Sotto la superficie brillante, dunque, c’è ancora da scavare: “Ha un talento cristallino, ma c’è tanto da migliorare e ce ne passa per diventare un giocatore vero. Finora ha vinto dei tornei, ma poi magari in quelli importanti perde ai primi turni. Serve consistenza. Da sempre è un predestinato, ricordo che a New York vinse un set contro Nole in una delle prime esperienze Slam. Essere stato lì così presto può portare a un contraccolpo psicologico quando le cose non girano per il verso giusto. Siamo, però, sulla strada per accettare che delle volte non si vince o va fatto con più fatica.”
Anche sul piano emotivo, il lavoro è tutto in divenire: “Holger vive tanto ogni cosa, nel bene e nel male. A volte vola, a volte si perde. Il nostro compito è costruire equilibrio.”
Shanghai, dove l’umidità ti batte più del tuo avversario
Il tour asiatico ha regalato del buon tennis, ma anche sudore, tanto, forse troppo. Shanghai è diventata quasi impraticabile, tra umidità tropicale e condizioni al limite. Panichi, che di corpi stressati se ne intende, lo dice chiaro e tondo: “Acclimatarsi è importante. Con Holger abbiamo aumentato l’intensità gradualmente nei primi quattro giorni. Non si può partire a tutta velocità sotto questo sole e con questa umidità pazzesca. Poi un doppio check su idratazione, alimentazione e recupero. Non ci sono altre strade per farcela. I giorni di riposo sono importanti per fare una messa a punto della macchina umana“
Djokovic, l’uomo che sfida l’anagrafe
E poi c’è sempre lui, Novak Djokovic. 38 anni, quattro semifinali Slam nel 2025, e la solita sensazione che il tempo lo riguardi poco. Panichi, che lo conosce meglio di molti, sorride: “Credo che sarà difficile replicare anche questo quando gli altri avranno la sua età. Al meglio dei tre set può avere più chance. Non allenandosi più come prima sia per l’età che per le motivazioni diventa più difficile gestire le energie, ma da Novak possiamo sempre aspettarci di tutto”.
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