Atp Montecarlo – Lorenzo Musetti, ovvero l’imprevedibilità del tennis da ieri a… Fabio Fognini

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Il tennis è proprio uno sport difficile da capire e ancor più da prevedere. Da un giorno all’altro le cose, le prestazioni, possono cambiare in modo incredibile. Se qualcuno avesse visto Lorenzo Musetti per un set e mezzo contro il cinese Bu, ma anche per un set e mezzo al secondo turno con il ceco Lehecka, avrebbe detto – nella più buonista delle ipotesi – che il nostro giocatore era ancora molto ma molto lontano dal suo miglior livello, quello delle semifinali raggiunte a Wimbledon e alle Olimpiadi parigine.

Qualcuno, più arrogante e cattivo, avrebbe anche sputato sentenze senz’appello: ma perché Lorenzo non pensa a cambiare coach? Perché non segue il buon esempio (?) di Sinner che dopo tanti anni ha lasciato Piatti e molla anche lui il suo “padre putativo” Simone Tartarini che ormai non è più capace di dargli nuovi stimoli?

Questi commenti mi pareva di sentirli. Ma, chiedo io, oggi chi li farebbe ancora? Dopo tre giorni in cui Lorenzo ha rimontato Bu e Lehecka, dominando nel finale con maturità e personalità, in cui ha spento in modo brusco le velleità di Matteo Berrettini, che i bookmakers consideravano favorito a dispetto del ranking (34 ATP vs 16 ATP). E senza concedergli lo straccio di una palla break, ma portando invece via la battuta a Berretto in 3 occasioni. Ma non hanno sempre detto tutti che la grande differenza tecnica fra Berrettini e Musetti risiedeva principalmente nella ben diversa efficacia del servizio? L’altro giorno Berrettini ha perso due terzi dei punti quando non gli è entrata la “prima” e ha servito la “seconda”. E la “seconda” di Berrettini è spesso vicina a una prima di Musetti…anche se Lorenzo, con quel suo nuovo movimento più… “similRoddick“, è decisamente migliorato nel servizio sebbene talvolta proprio si “dimentichi” – lo dice il suo coach Tartarini – di spingere la seconda.

Il tennis è uno sport dal fascino incredibile proprio perché non finisce mai di sorprenderti, di smentire quel che hai creduto fino al giorno prima. E ciò anche a prescindere dalla competenza, che pure dovrebbe aiutare a non prendere abbagli. Che dire di Lorenzo che ha battuto in 3 set, recuperando dopo l’ennesima falsa partenza, un 6-1 disperante, il campione di tre Rolex Montecarlo Masters, il greco Stefanos Tsitsipas, che lo aveva battuto cinque volte su cinque e quattro sulla terra battuta?

Per carità, poteva benissimo perdere, visto che sull’uno pari del secondo set era sotto 0-40 sul proprio servizio, prima di salire lui invece sul 3-1, strappando lui – sul 2-1 – la battuta a Tsitsipas. Stefanos avrebbe detto poi nella più frettolosa delle conferenze stampa – ormai è un classico di tutti i campioni che perdono presentarsi in sala conferenze come se dovessero giocare un serve&volley, quando chi li ha battuti è ancora sul campo a rispondere alle domande dell’intervistatore di turno, in modo da rispondere a spizzichi e bottoni, felici di dover rispondere a quattro gatti in una sala semideserta perchè la maggior parte dei giornalisti non ce l’ha fatta a presentarsi in pochi nano secondi “My service let me down since the second set…Il servizio mi ha abbandonato dal secondo set”. Musetti avrebbe restituito il favore, perdendo il servizio nel quinto game, ma un generoso Tsitsipas lo avrebbe imitato nel game successivo.

Ma anche nel terzo set Lorenzo se l’è vista brutta: sono state ben quattro le palle break che ha dovuto salvare sull’1-2. Anche in modo spettacolare, come un passante di dritto in corsa davvero strappa-applausi. Un game di 16 punti. Che fosse lui il gladiatore più indomito lo si era potuto constatare già nel secondo set e in un altro long-game, quello che gli avev consentito di condurre per 3-1: 20 punti per oltre 12 minuti di bagarre.

E anche nel terzo set il tennista più baldanzoso, più sicuro di sé – forse anche il pubblico entusiasta che lo incoraggiava con cori a perdifiato ha inciso sul diversostato d’animo dei due… Tsitsipas pareva un cane bastonato ancor prima della resa finale – era certamente Lorenzo il quale infatti, dopo il break conquistato nel cosiddetto “Seventh Crucial Game” come erano soliti scrivere gli inglesi – ha perso solo 2 punti negli ultimi 3 turni di servizio prima di coronare il sogno di battere finalmente il suo cinque volte giustiziere greco e di conquistare la sua prima finale in un Masters 1000, la sua terza grande semifinale…”solo che ancora questo torneo non è finito”, ha tenuto a sottolineare un sempre più fiducioso e carico Lorenzo.

Eh già, non è finito. Una vittoria e si parlerà di una finale, due vittorie e sarà il trionfo in un torneo di grande prestigio. Adesso c’è l’ostacolo de Minaur da superare, per centrara una finale contro un tennista spagnolo, Alcaraz oppure Davidovich Fokina. “L’australiano da un anno e mezzo a questa parte – ha detto Musetti – è diventato un solido giocatore che merita di stare tra i top10, gioca bene su tutte le superfici, ora anche sulla terra rossa. Lo dicono i risultati”.

Più ancora che il 6-0 6-0 a un Dimitrov sfinito dalle battaglia precedenti e malandato, c’è il 6-2 6-2 a Medvedev e anche il precedente 3-6 6-0 6-3 a Machac a dipingere l’attuale stato di forma di de Minaur. Ma Musetti, che pure ha rivolto parole di grande elogio nei confronti dell’australiano con il quale i precedenti stanno in parità – Musetti ha vinto l’ultimo duello in 3 set sull’erba del Queen’s nel 2024, de Minaur aveva vinto nel 2022 all’Open d’Australia in 4 set – era entrato in sala stampa mettendo le mani avanti e dicendo “Un favorito non c’è, lo è chi lascia il campo da vincitore”…poi l’aveva lasciato aggiungendo: “Se però dovessi scegliere la superficie sulla quale affrontare de Minaur sceglierei la terra rossa. E a questo punto forse è più favorito lui che l’australiano, anche se quest’ultimo gioca talmente tanto dentro al campo e di anticipo che la sua parte di campo è metà di quella che invece deve coprire Lorenzo.

Abbiamo due tipi di gioco molto diversi, ognuno dei due ha la possibilità di dare molto fastidio all’altro. Lui per via del suo anticipo, io a lui per il mio gioco mai di ritmo”, ha detto Lorenzo. Che però così mi aveva dato la sensazione di credere in una sua vittoria sia alla vigilia del match con Berrettini che alla vigilia di quello con Tsitsipas, è andato a letto ieri sera dopo la consueta partita rilassante di burraco con la sua Veronica intimamente convinto di potercela fare a raggiungere la finale. Lunedì sarà come minimo n. 13 del mondo, best ranking. Ma già che c’è… ora lui sognerà di battere de Minaur per diventare n. 11 e – perché no – anche n. 7 se dovesse vincere il torneo. L’obiettivo prefissato a inizio anno“Vorrei entrare fra i primi 10 del mondo” sarebbe raggiunto in anticipo.

E allora, dopo che nel mio video sul canale YouTube di Ubitennis ho… “declamato” all’impronta sul Ranieri III i migliori exploit dei tennisti italiani al Country Club, i 3 trionfi di Nicola Pietrangeli, la finale di Barazzutti nel ’77 e la semifinale del ’78… ma colpevolmente lasciando fuori Fognini campione dell’edizione 2019, oggi credo che sia giusto ricordare come proprio Fabio vinse quel torneo nonostante un primo turno in cui – contro Rublev – fu più sull’orlo della sconfitta rispetto a Musetti con Bu e Lehecka.

Se andate a rileggere quest’articolo pubblicato su Ubitennis quel giorno e scritto da Ilvio Vidovich vedrete che Fognini si ritrovò indietro di un set e 1-4 e 15-40 sul proprio servizio. Rublev ebbe 4 pallebreak per il 5-1. Fognini gliene annullò una con un ace di seconda palla, alla “o la va o la spacca!”. Beh quel giorno nessuno avrebbe mai puntato un soldo bucato sul primo (e unico) trionfo di Fognini in un Masters 1000. Che invece arrivò, dopo avere eliminato anche quello spagnolo che qui al Country ha vinto 11 titoli. E se la storia si ripetesse? Certe analogie paiono esserci.

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Autor: Ubaldo Scanagatta