Alla fine, se ci pensate bene è la domanda che tutti si fanno e che tutti gli fanno, nel continuo rincorrersi di similitudini, somigliane e punti di contatto. Molte cose, certo. La giovinezza, la fame, il successo. La fama planetaria, i titoli già in bacheca e quelli che verranno. Due ragazzi che, con una racchetta in mano, stanno riscrivendo la geografia del tennis mondiale, ma anche due icone del presente, capaci di attrarre un pubblico trasversale: dai puristi del gioco ai più giovani, quelli che fino a ieri sognavano il pallone ai piedi e oggi si innamorano del rumore di una pallina colpita nel centro del piatto corde.
E se oggi ne parliamo, lo facciamo dopo la prima giornata delle Nitto ATP Finals di Torino, dove entrambi hanno debuttato davanti a un Pala Alpitour che sa di teatro e di consacrazione. Un confronto inevitabile, quello tra i due: non solo in campo, ma anche nel modo di rappresentare se stessi. Perché Sinner e Alcaraz, pur diversissimi nel gioco e nello stile, finiscono per occupare lo stesso spazio simbolico: quello dei nuovi re del tennis mondiale.
Due idoli speculari
In campo, l’uno sembra lo specchio dell’altro.
Sinner e Alcaraz hanno ridefinito cosa significhi “nuova generazione”: talento smisurato, mentalità vincente, un modo di stare in campo che combina intensità e leggerezza. Sanno divertire, sanno dominare. E lo fanno con una naturalezza che conquista.
Fuori dal campo, invece, si muovono su binari paralleli ma con stili diversi.
Entrambi sponsorizzati da Nike, ma lontani nel gusto. Il ragazzo di San Candido rimane fedele alla sobrietà: linee pulite, polo classica, eleganza senza sforzo. Alcaraz, al contrario, osa. Canottiera, colori fluo, il fisico scolpito che parla anche senza parole.
A New York, durante l’ultimo US Open, i due outfit raccontavano più di mille statistiche: la compostezza di Jannik contro l’energia primordiale di Carlos. Due filosofie di tennis, e forse di vita.
Dalla racchetta al polso
Il punto d’incontro, quello vero, non è la racchetta. È il polso.
Non parliamo di impugnature o di pronazioni al servizio. Parliamo di orologi.
Sì, perché i due giovani fenomeni del tennis mondiale condividono un’altra passione: il Rolex Cosmograph Daytona, simbolo di precisione, prestigio e velocità. In fondo, tre parole che potrebbero descrivere anche il loro tennis.
Jannik Sinner è stato spesso fotografato con al polso un Rolex Cosmograph Daytona in oro Everose, con quadrante Sundust e nero vivo con cinturino Oysterflex. Un orologio che parla la sua stessa lingua: elegante, discreto, senza eccessi. Prezzo di listino? 39.950€
Carlos Alcaraz, invece, ha scelto una variante più estroversa: Rolex Daytona in oro giallo con quadrante turchese, anch’esso con cinturino Oysterflex. Un orologio solare, mediterraneo, che brilla come il suo sorriso dopo una smorzata vincente. Prezzo medio sul mercato? 38.050 €, ma in realtà introvabile nelle boutique.
Entrambi i modelli montano il calibro 4131, un cronografo automatico di manifattura con 72 ore di riserva di carica, ruota a colonne e frizione verticale. Impermeabili fino a 100 metri, realizzati con materiali nobili e pensati per resistere a velocità… tennistiche.
La corona perfetta per due re
Non è un caso che Rolex abbia scelto proprio loro. Il claim “Reach for the Crown” – “Raggiungi la corona” – sembra scritto apposta per questi due contendenti.
La “corona” è il logo Rolex, certo, ma è anche quella metaforica del tennis mondiale.
Sinner e Alcaraz, oggi, sono i due principi che si giocano il trono lasciato libero dall’era dei mostri sacri. Federer, Nadal e Djokovic sono ancora lì, nell’Olimpo, ma da lassù osservano il cambio della guardia.
E Rolex, marchio capace da decenni di intrecciare eleganza e sport, ha scelto i migliori ambasciatori possibili: due ragazzi che incarnano perfettamente il proprio motto.
Il tempo, la misura del talento
Un orologio, si sa, non è mai solo un oggetto. È un segno del tempo, un simbolo di costanza, di precisione, di ambizione.
Sinner e Alcaraz lo sanno bene: ogni punto, ogni scambio, ogni respiro in campo è scandito dal tempo. Dalla gestione del momento, dalla capacità di allungarlo o di stringerlo.
In questo senso, il loro legame con Rolex non è solo commerciale, ma concettuale: il tempo è misura del talento, la puntualità come virtù del campione.
Così, mentre a Torino iniziano a scrivere un nuovo capitolo delle Finals, i due si ritrovano uniti anche in un dettaglio raffinato, quasi invisibile, ma simbolicamente fortissimo: un cronografo al polso che è un segno di stile, certo, ma anche un messaggio: la grandezza non si improvvisa, si costruisce secondo il ritmo del tempo. Con una racchetta in mano e un Daytona al polso, Jannik Sinner e Carlos Alcaraz sono i due volti della nuova era Rolex del tennis.
E la corona – quella vera, quella metaforica – è già lì, pronta per chi saprà raggiungerla per primo.
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