Da Ali al grande tennis Reinventò lo sport in tv (Gianni Merlo, La Gazzetta dello Sport)
Ho conosciuto Rino Tommasi in Gazzetta mezzo secolo fa: lui era “l`Inviato” e adesso che a 90 anni ci ha lasciato, anche quella qualifica particolare ci sembra più sbiadita. Pochi giorni fa abbiamo ricordato Gian Paolo Ormezzano, come lui un gigante della nostra professione, ma diverso, perché Rino, sotto certi aspetti, è stato più moderno, più aderente all`evoluzione del mondo mediatico. Mi spiego: Gian Paolo era scrittore raffinato, Tommasi un comunicatore preciso, conciso, essenziale, perfettamente inserito nel mondo in cui si muoveva e un anticipatore dei tempi della comunicazione.
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Era diventato famoso con la sua frase, alle fine di ogni incontro di boxe, quando esprimeva il giudizio sul risultato: «Sul mio personalissimo cartellino», dove spiegava il perché del punteggio che reputava giusto dopo ogni round. Qualche volta amava andare controcorrente, ma era questo che affascinava. Si potevano contestare certi giudizi, ma bisognava accettarne l`onestà intellettuale. Con Mike Nel mondo del pugilato americano era rispettato. Fu lui a portare in Italia nel 1985 per la prima volta il giovane e sconosciuto Mike Tyson.
Un giorno arrivò in Gazzetta con un video che riprendeva quell`acerbo pugile e lo mostrò a Redaelli e Narducci, gli uomini rosa della boxe, dicendo: «Questo è il futuro». Allora Rino era già entrato anche in Mediaset e Tyson fu ospite della sua trasmissione La grande boxe, ma a dire il vero, il protagonista quella sera fu lui, il giornalista preciso, puntale nelle statistiche e sintetico nel racconto. Tyson era stato la “spalla”…
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Il capolavoro – Credo che uno dei capolavori della sua carriera
sia stato la creazione del doppio con Gianni Clerici non sul campo, ma ai microfoni delle telecronache del tennis in tv erano una coppia particolare, ben assortita. Clerici geniale nel rendere ogni gesto del tennis comprensibile a tutti con un pizzico di ironia e poesia, Tommasi come sempre preciso, serio, implacabile con le statistiche. Hanno creato una terminologia nuova, hanno fatto scuola. Clerici lo chiamava “ComputeRino”, per quella sua mania di statistiche sempre azzeccate, e di rimando lui aveva battezzato il compagno “Dottor Divago”. Ora MilanoCortina 2026 si avvicina. Noi, invece, eravamo andati insieme per la prima volta a Lake Placid 1980, quando fu annunciato il boicottaggio all`Olimpiade di Mosca. La sera, in uno squallido motel nella foresta, discutevamo del futuro di questi Giochi e lui diceva: «Sarebbe un reato privare migliaia di giovani nel mondo del sogno di potere raggiungere il top nel loro sport». Un abbraccio alla moglie.
Tutto lo sport sotto i cieli di Rino così Tommasi inventò un metodo (Paolo Garimberti, La Repubblica)
Rino Tommasi, scomparso ieri a un mese dal novantunesimo compleanno, era un personaggio troppo poliedrico per racchiuderlo in una semplice definizione. Larger than life, direbbero gli americani, dei quali ammirava i modelli sportivi e li importava: l`uso delle statistiche come metodo di analisi critica e tecnica da lì gli veniva e le applicò anche al racconto del campionato su Repubblica in una fortunata rubrica.
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Tommasi era arrivato ai vertici della seconda categoria (sarebbe poi diventato campione italiano universitario, grazie al fatto, diceva, che la maggiore parte dei tennisti era piuttosto ignorante) ed era testa di serie in un torneo che si giocava a Levanto, in Liguria. Il giudice arbitro mi designò come giudice di sedia della semifinale, ma ero troppo giovane e inesperto per reggere il ruolo e Rino, come molta calma ed educazione, chiese la mia sostituzione dopo alcuni errori di giudizio un po` grossolani. Rievocammo quell`episodio molti anni dopo, nel 1999, quando andai a trovare l`ormai celebre coppia Tommasi-Clerici nella cabina di Flushing Meadows, da dove i due commentavano gli Us Open.
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Quell`episodio era stato raccontato dalla rivista Time, che aveva dedicato alla “strana coppia” un lungo articolo intitolato “Tennis Italian Style”. L. Jon Wertheim, l`autore, si stupiva che i due parlassero di doppio misto mentre in campo c`erano Pete Sampras e Albert Portas (non sapeva evidentemente che Tommasi chiamava Clerici “Dottor Divago”, ricambiato con “ComputerRino” per la passione per le statistiche). E raccontava, tra il divertito e lo scandalizzato, come Clerici, dopo un raffinato colpo al volo di McEnroe, avesse commentato: «Se io fossi un po` più gay mi sarebbe piaciuto essere accarezzato da quel tocco».
Ma la celebrità televisiva e l`eccentricità della coppia con Clerici non devono offuscare la qualità del lavoro giornalistico di Tommasi, che aveva prodotto due libri, sulla boxe e sul tennis, che avevano meritato il premio del concorso letterario del Coni. Anche se lui ripeteva ai più giovani che nel giornalismo la rapidità della scrittura contava più della qualità. Non a caso Gianni Brera, la cui visione del giornalismo era agli antipodi, lo chiamava, con sincero rispetto, “il professore”.
Tommasi una vita da circoletto rosso (Stefano Semeraro, La Stampa)
Non so cosa significhi», digrignò scherzoso il giorno in cui lo nominarono direttore ad personam. «Ma se vuol dire che sono il direttore di me stesso, va benissimo: non potrei avere una redazione migliore». Rino Tommasi, una classe a parte, un carattere in purezza. Un giornalista immenso, di quelli che fanno svoltare la professione, che inventano un linguaggio a partire dall`alfabeto. Il circoletto rosso, la veronica, la prova del nove, la volée “agricola” di chi, «chiamato a giocare di tocco, svela le sue umili origini».
Se ne è andato ieri a quasi 91 anni, li avrebbe compiuti a febbraio, poco dopo il Festival di Sanremo che seguiva con divertimento assoluto dispensando quote, pronostici, giudizi e ironie come faceva per il tennis e la boxe, i suoi grandi amori, ma anche per il calcio, gli sport americani, tutto lo sport. Mille trasferte ai tempi anche pagate di tasca sua se i giornali tardavano a sprovincializzarsi. Il Concorde per fare andata a ritorno da Wimbledon a Las Vegas perdendosi meno quindici possibili, Tyson scoperto prima che diventasse Tyson, dopo aver visto una videocassetta, perché da giovanissimo, fra il 1959 e il 1971 Rino era stato anche organizzatore di boxe.
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Documentandosi, studiando, osservando; e poi caricando con una prosa semplice ma non banale, capace di risolvere un tema o un personaggio nel giro di una frase, a costo di sfiorare la brutalità: «In tutta la storia del pugilato ci sono stati meno incontri truccati che in una stagione dei campionati di calcio in Italia dalla serie A alla Z». Mai un compromesso, mai una verità addomesticata per pavido aziendalismo o sciocca ipocrisia: «siamo giornalisti, non vendiamo tappeti».
La sua passione erano le statistiche, le cifre, l`oggettività con cui nutrire il pensiero, ma sempre presa cum grano salis («esistono le bugie, le grandi bugie e le statistiche»). Al tennis arrivava prima di tutti, dopo aver contato per sfizio i passi dalla fermata della metro. Lo trovavi che riempiva quadernetti, rigorosamente marca Clairefontaine, di una foresta di numeretti minuscoli e incasellati: palle break, ace, matchball mancati. Ma anche cartellini rossi e gialli, rigori fatti o falliti. «Rino, ma prima di internet come facevate?», gli chiedevano i novizi. «Prima di internet, internet ero io».
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Burbero, certo, a volte ruvido; ma nei fatti leale, mai geloso di un sapere aritmetico che elargiva a tutti, giocava con autoironia attorno al personaggio che si era costruito: «Rino, tu non sei modesto». «Mai trovato un motivo per esserlo». Aveva ragione. Negli Usa ha vinto premi prestigiosi. Ma il più grosso è stato, l`affetto del pubblico, di chi è cresciuto memorizzando i duetti con Clerici e ancora oggi ripete il vecchio hit di Nilla Pizzi con cui in Australia i due lanciavano la stagione del tennis, campanella di un anno scolastico che prometteva una eterna ricreazione: «Oh, bongo bongo bongo/stare bene solo al Congo/non mi muovo no no/ bingo bango bengo/ molte scuse ma non vengo/io rimango qui…».
Di questi tempi non passerebbe la censura, ieri era un inno scanzonato, una ipoteca sulla piccola o grande felicità che garantisce lo sport. Oggi incassa gli elogi di tutti, il più bello glielo regalò un altro Gigante, Gianni Brera: «Un cervello matematico però capace di digressioni epico-fantastiche. Io lo chiamo Professore». Buon viaggio, prof.
Addio Tommasi il testimone dello sport (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
Rino Tommasi se ne va a 90 anni, lasciando una vita di sport dietro di sé e una montagna di esperienze dirette da uomo e giornalista felice. E io posso andare fiero di averlo accompagnato per un quarto di secolo come inviato, in tandem, della Gazzetta dello Sport, scoprendo giorno dopo giorno, di torneo in torneo, chi fosse veramente quel personaggio che incuteva tanto timore e rispetto dall`alto delle sue tante conoscenze e della riconosciuta autorevolezza. Così diversi, ci siamo ritrovati nella professionalità.
Come sottolineava il direttore della Rosea dei record anni `80-`90, Candido Cannavò, ci fondevamo e compensavamo come un riuscitissimo cocktail. Rino era drastico, intransigente, senza fronzoli e colori intermedi, granitico nelle sue convinzioni, lo statistico sportivo per eccellenza, sorretto da una memoria prodigiosa e quindi da numeri che arricchiva e aggiornava continuamente, chino sui mitici quaderni a quadretti nelle sale stampa di tutto il mondo, per sostenere con inappuntabili statistiche i suoi concetti e i rilievi storici, sui due sport più amati, pugilato e tennis.
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UN AMANTE SINCERO Conoscendolo più da vicino, pur nelle brevi parentesi che si concedeva al di fuori del lavoro, Rino si è mostrato soprattutto, un sincero amante dello sport, sulla scia degli esempi del padre, Virgilio, e dello zio, Angelo, che avevano partecipato ai Giochi Olimpici di salto in lungo, e delle esperienze dirette proprie, da tennista, con quattro titoli di campione italiano universitario, e due medaglie di bronzo ai Mondiali Studenteschi. Risultati di cui andava fiero che ricordava continuamente nel dettaglio. Dopo la laurea in Scienze Politiche con una tesi sull`organizzazione internazionale dello sport, da giornalista, sin dai 19 anni, aveva avuto un occhio molto attento alle statistiche, agli amatissimi numeri, seguendo i canoni del giornalismo statunitense.
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LA SVOLTA TV Lì nacque il personaggio popolare Rino Tommasi che varò la prima, assortita e riuscitissima, coppia di telecronisti con (l`amico Gianni Clerici, col quale nelle pause canticchiava Bingo Bango Bongo, soprannominandosi a vicenda “ComputeRino” e “Dottor Divago”. Così, complice la penuria di atleti di vertice, il tennis italiano, almeno fino al 2010, s`è identificato con quel duo televisivo, con l`ironia di Gianni e le espressioni di Rino che sono diventate neologismi come «la prova del 9»: il delicatissimo match successivo a una importante ? vittoria; «circoletto rosso»: un punto spettacolare; «3-0 pesante»: con due break; «dritto anomalo»: a sventaglio; «punteggio periodico»: identico in tutti i set, o «isoscele»: col primo e il terzo set più basso; «gli ha fatto fare il tergicristallo»: quando l`avversario correva di qua e di là passivo senza poter reagire.
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Poi rientrava distrutto ma felice, dopo aver pronunciato al microfono l`iconico «sul mio personalissimo cartellino» con cui rileggeva i punti che aveva assegnato ai pugili e li confrontava con quelli degli arbitri. Unico, inesauribile, finché la malattia non gli ha fatto gettare la spugna, lasciando la moglie Veronica, i figli Guido e Monica, e un`eredità insostenibile
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Autor: Matteo Beltrami