WTA Brisbane, Mirra Andreeva: “Ora mi sento come se fossi senza paura in campo”

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Con la vittoria sulla testa di serie n.12 Linda Noskova per 6-3 6-0, la 2007 russa Mirra Andreeva si è garantita un posto nei quarti di finale del WTA 500 di Brisbane, dove affronterà Ons Jabeur. Essere in questa posizione a nemmeno 18 anni di età può essere certamente un privilegio, ma anche un grande peso da portare sulle spalle. Devi saper affiancare la crescita personale a quella tennistica, cambiare la tua attitudine sia in campo che fuori. Mirra ammette di comportarsi ancora in maniera infantile a volte, con la sua coach Conchita Martinez (ex n.2 WTA, vincitrice di Wimbledon nel 1994 (e di altri 32 titoli WTA) ed ex allenatrice, tra le altre, di Garbine Muguruza e Karolina Pliskova), che però la ha aiutata a crescere parecchio, anche come modo di stare in campo.

D: L’ultima volta che ti abbiamo vista è stato nella finale di Ningbo. Hai avuto una forte reazione dopo la sconfitta. La tua passione e gli alti standard che hai, a mio parere, sembrano averti spinto. Com’è trovare un equilibrio tra questo e il tentativo di essere più composta?

Andreeva: “Quella finale è stata qualcosa di speciale, ma onestamente mi sono emozionata perché conducevo 3-0 nel terzo set e ho perso 6-4. Non è mai facile perdere la partita quando sei quasi sempre in vantaggio nel punteggio. Mi sono emozionata anche perché per me era l’occasione di vincere il mio secondo titolo: non è bello quando si perde in finale. Non è stato un bel momento. Dopo con Dasha abbiamo condiviso dei bei momenti insieme, lei ha cercato di calmarmi. Non credo che ci sia riuscita, perché dopo ho iniziato a piangere ancora di più. Anche questa è un’esperienza di apprendimento. Devo solo accettarlo. Ora, quando guardo quei video mentre piango, rido di me stessa perché non sono riuscita a trattenermi. Sì, è un’esperienza che non poteva mancare nella mia carriera.”

D: Conchita aveva una grande varietà di gioco. Come ha aiutato il tuo, di gioco, in questo senso?

Andreeva: “Direi che la prima cosa che ha portato al mio gioco è stata la positività. Credo di essere conosciuta come una persona che pensa quasi sempre in modo negativo. Anche l’anno scorso, all’inizio dell’anno era così, ma ora mi sto accorgendo che non era giusto il modo in cui pensavo, il modo in cui affrontavo le partite e il tipo di pensieri che avevo durante le partite. Da quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, lei ha sicuramente portato un po’ di positività. Ora, quando sbaglio un colpo, rispetto a un anno fa, la frase “Oh, mio Dio, non riesco a giocare a tennis, perché lo sto facendo?” la uso molto meno. Oggi piuttosto direi: “Beh, va bene così. Ci sono andata vicino. Continuiamo a lavorare.” Questa è la differenza. Oltre a questo, lei ha naturalmente portato più varietà nel mio gioco. Sento come se fossi senza paura in campo. Non ho paura di commettere errori nei momenti importanti o quando, ad esempio, mi trovo di fronte a una palla break o sono sotto nel punteggio, e anzi cerco comunque di giocare in modo aggressivo con la stessa mentalità. Direi che questi sono gli aspetti che ha apportato al mio gioco e che mi hanno aiutato a migliorare.”

D: Tu hai detto che a volte non è facile lavorare con te. In che senso?

Andreeva: “A volte mi comporto come se fossi ancora una bambina. Capita che io mi arrabbi. Se lei dice qualcosa che non mi piace, io dico: “Ok, allora adesso farò io qualcosa che non piace a te”. Cerco di farla arrabbiare. Lei mi dice: “O signore, ma cosa stai facendo?”. Ci ridiamo sopra e ci dimentichiamo di tutto questo. A volte sono una piccola spina nel fianco. Ma per ora sta facendo un buon lavoro, è ok.”

A cura di Francesco Maconi

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Autor: Redazione