Non è mai troppo tardi, come era solito dire il maestro Alberto Manzi. Ma in questa storia, e per molto tempo, non c’è stata nessuna luce dei riflettori a illuminare il volto del protagonista, andando in contraddizione con il suo spasmodico desiderio di farcela, con la speranza di arrivare. Si tratta di Karue Sell, nome che se non fosse per le sue dichiarazioni taglienti dove tirò in ballo Novak Djokovic suggerirebbe poco a tanti. Il contenzioso con il ventiquattro volte campione Slam è uno dei temi focali della parabola del tennista brasiliano, le difficoltà economiche di chi come lui orbita nel sottobosco di questa disciplina.
Sell non è un novizio, non è un giovane alle prime armi ma è un uomo ormai consapevole dei lati oscuri del tennis, quelli di cui si parla meno magari per proteggere lo status di questo mondo che all’apparenza sembra dorato nella sua interezza. La sua carriera parte da lontano, con un discreto rullino di marcia a livello college che alimenta partita dopo partita quella voglia di sognare i grandi palcoscenici, quelli che attirano qualsiasi bambino che per la prima volta prende in mano una racchetta. Le visioni oniriche sono un conto, la realtà è ben diversa. Dopo una solida carriera NCAA nelle fila della University of California Los Angeles (UCLA, la stessa alma mater di Arthur Ashe, Jimmy Connors e Davide Sanguinetti), è solo nel 2017 che l’atleta carioca riesce a sfondare il muro dei primi 1000 del ranking, con un’attitudine da nomade del mestiere che lo porta a giocare i tornei ITF in ogni angolo degli Stati Uniti, garantendosi a fine anno la posizione numero 690.
La fortuna sembra iniziare a girare, con l’ingresso nei 600, nei 500, nei 400 fino a toccare la punta del 371 nel luglio 2018. Sul più bello la dea della buona sorte sembra rimettersi la benda e, per chi non è nato sotto la buona stella del talento, la vita sembra essere un maledetto ottovolante: dopo la salita, la discesa. Proprio Karue Sell racconta questo delicato passaggio della sua carriera in un recente post Instagram sul sul suo account ufficiale: “Verso la metà del 2019 ho deciso di smettere. A quel punto, era molto difficile per me, dal punto di vista finanziario, rimanere in tour. Giocavo per qualche settimana, poi facevo l’allenatore per avere un po’ di soldi o dovevo trovare modi creativi per giocare il torneo successivo.”
Non sarà un “I’m back” di Jordaniana memoria, ma il richiamo della pallina è più forte del conflitto interiore che mette sulla bilancia difficoltà agonistiche e portafoglio vuoto, percezione che sfugge a chi ha l’occhio rapito dagli effetti scintillanti di questo sport e che mortifica chi come Sell vive una carriera nelle retrovie, come racconta lui stesso: “La gente mi vede tranquillo e rilassato, ma io ho una voce interiore molto forte. C’è molto da fare lì dentro, molti dubbi su di me. Nulla di ciò che proviene dall’esterno mi colpisce davvero, perché non lo permetto”.
Il tennista carioca riparte da zero e riprende il suo peregrinare nei circuiti ITF perchè, parole sue, “Il tennis è un gioco molto affascinante, in cui si pensa sempre di riuscire a trovare una soluzione. Aspetti sempre quel giorno, ma non arriva mai“. Quel fascino di cui parla sembra quasi un inganno, a cui si ribella anche aguzzando l’ingegno. Alla soglia dei 30 anni, quasi un lustro dopo, nel 2024 gli si schiudono le porte dei Challenger. Non basta per rimpinguare il conto in banca, così Sell cavalca l’onda dei social e decide di aprire un canale Youtube chiamato ironicamente “Turning Pro at 30“ dove, con grande simpatia, traccia un excursus della sua travagliata esperienza in questo ambito.
E’ la svolta, Sell termina il 2024 con la posizione numero 259. Bottino magro dirà il pragmatico di turno. Sbagliato, perchè la morale di questa favola non menziona il numero degli Slam o incalcolabili prize money ma sposta la lente di ingrandimento su tematiche introspettive come l’accettazione di quello che è nelle proprie possibilità, senza l’assillo di performare o senza l’assillo di sbarcare il lunario. Le parole del diretto interessato spiegano in maniera più dettagliata la misura della consapevolezza raggiunta:
“E’ la paura interiore di non riuscire più a raggiungere il mio potenziale che mi colpisce. Con l’avanzare dell’età, mi sono resa conto che non riuscirò mai a trovare una soluzione. Ho avuto bisogno di affrontare altre cose nella mia vita, di trovare un equilibrio e ora apprezzo di più il gioco. Grazie ai social media, ora sono in grado di guadagnarmi da vivere anche al di fuori del campo, non sto cercando di diventare milionario o estremamente famoso giocando a tennis. Mi piace il processo di creazione. È un momento in cui mi siedo e metto insieme i miei pensieri in una cosa concisa. Mi ha permesso di pensare allo sport, al gioco e anche alla vita in modi diversi. Il mio obiettivo ora è solo quello di spingermi a giocare il mio miglior tennis. Avere la libertà finanziaria con gli sponsor e poter avere il canale è una sensazione fantastica. Giocare senza questo stress è liberatorio. Di nuovo, torniamo ai sogni d’infanzia: “Oh, diventerò milionario e super famoso grazie al tennis”. Non lo voglio più e non mi interessa più. Ho una bella vita e voglio solo giocare una bella palla”.
Questo post ha il sapore della riconciliazione, quella di Sell con il Karue bambino. Quello che viveva di passione, incurante del dark side of tennis che l’atleta fatto uomo ha scoperto e vissuto sulla sua pelle. Non è mai troppo tardi, non per essere sempre e forzatamente dei vincenti ma per trovare serenamente la propria dimensione, il proprio posto nel mondo.
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Autor: Manuel Ventriglia