Possiamo dire che riconoscere il problema sia già un passo avanti, perché la WADA, che anche se ha riconosciuto l’assenza di malafede di Jannik Sinner non pare volerlo liberare dalle accuse, quantomeno si vuole prestare affinché casi come quello dell’azzurro o di Iga Swiatek non si ripetano. Certo, avendo fatto trenta, tanto vale far trentuno e liberare da questa pena Jannik, ma per ora sarebbe forse chiedere troppo. Intervistato da L’Equipe, il direttore della WADA, Olivier Niggli, ha lasciato alcune dichiarazioni chiave per capire come il suo organo intenda rapportarsi al sempre più crescente numero di segnalazioni, anche per quantità assolutamente irrilevanti. Il problema, come ha dichiarato lo stesso Niggli, sta nel fatto che: “Le quantità sono così piccole che puoi contaminarti facendo cose banali e i laboratori sono più efficienti rispetto al passato nel rilevare anche quantità infinitesimali di sostanza”. La WADA creerà dunque un tavolo di lavoro, per comprendere meglio se e dove penalizzare per i microdosaggi.
Questa presa di posizione sarà molto utile in futuro, per poter dare uniformità sulle decisioni e creare processi più o meno standardizzati che rendano equo il giudizio sugli sportivi. D’altra parte, è sempre molto grigio, e mai certo al 100%, dove finisca la buona fede e inizi l’intenzionalità dell’individuo, quindi bisogna stare sempre attenti a valutare ogni possibile virgola che potrebbe rendere un caso diverso da un altro. Ma l’apertura c’è stata, e la consapevolezza di un’eccessiva rigidità delle norme si sta facendo sempre più strada, e potrebbe indicare mosse importanti per il futuro.
“Con delle soglie“, prosegue Niggli, “non avremmo visto tutti questi casi. Quello che dobbiamo comprendere è se siamo pronti ad accettare il microdosaggio e dove sia giusto fermarsi. Proprio per questo tipo di riflessioni verrà creato un tavolo di lavoro“. Di certo, le quantità di sostanza presenti nel corpo non sono una cosa dibattibile: se avessero creati prima dei valori soglia dopo cui si va sotto processo, Jannik magari non sarebbe finito nei guai. Le quantità che Jannik aveva in corpo alla prima analisi erano di 86 pg/mL (un picogrammo è 0,000000000001 grammo, capirai che doping), mentre alla seconda di 76 pg/mL, valori completamente ininfluenti sulla prestazione.
Quelle stesse quantità che sono state ritrovate in Jannik ora rischiano di tenerlo fuori dal Tour per una durata che va dai 12 ai 24 mesi, creando dei grossi problemi sia da un punto di vista puramente del ranking e dei tornei, sia da un punto di vista mentale: la faccenda tiene sulle spine Jannik e gli porta via parecchie energie. Sinner si è dimostrato in grado di gestire perfettamente la pressione dovuta a questa spada di Damocle, ma più il tempo avanza e più la lama si avvicina alla testa dell’azzurro, che attende intanto la sentenza del Tas.
A cura di Francesco Maconi
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Autor: Redazione