Uno scenario più favorevole per riconquistare una nuova Coppa Davis, la seconda di fila a Malaga, non era onestamente possibile prefigurarlo. L’Olanda che elimina la Spagna di Alcaraz e Nadal, l’Australia che riserva lo stesso trattamento agli Stati Uniti che sembravano avere la squadra più omogenea e forte di tutte, Fritz n.4, Paul n.12, Shelton n.21 e due ex n.1 del mondo in doppio, Ram e Krajicek, l’Italia che supera l’Argentina 2-1, nonostante lo 0-1 di partenza causato dalla bruttissima prestazione di un Lorenzo Musetti francamente irriconoscibile. Meglio di così queste tre giornate di Davis a Malaga non potevano girare, se guardate con lenti azzurre.
Così l’Italia si ritroverà questo sabato ad affrontare in semifinale l’Australia, a seguito del dominio incontrastato di Sinner su Baez – questo sì ampiamente previsto, tanto che nel concorso pronostici riservato ai giornalisti in sala stampa io avevo messo 6-2, 6-2 per Jannik in 1h e 14 minuti ma ha vinto 6-2, 6-1 in 1h e 12m e …se fosse capitato al grande Rino Tommasi avrebbe detto, come tante volte: “Oggi ero in pessima giornata!” – e del successo in doppio di Sinner e Berrettini sul duo “matusa” Gonzalez (41 anni) e Molteni (36.)
Si tratta cioè della squadra battuta in finale lo scorso anno e capeggiata da quel De Minaur che non è mai riuscito a vincere un match contro Sinner in otto duelli nei quali è stato capace di strappargli un solo set.
Il tutto mentre nella parte alta del tabellone a otto di questa Coppa Davis, sono aprodate alle semifinali l’Olanda di Griekspoor (n.40 Atp) e Van de Zandschulp (n.80) e la Germania del trentaquattrenne Struff (n.43) e di Altmaier (n.88).
Ora è vero che le classifiche in Coppa Davis spesso non contano granchè, ma insomma proprio zero non valgono. Rispetto a tutti i giocatori superstiti Sinner è di un’altra categoria. Allora i più superstiziosi tocchino pure ferro, però l’Italia parte con tutte le squadre rimaste sull’1-0.
E sugli altri due punti almeno uno dovrebbe scappare fuori, vista anche la convincente prova fornita da Sinner e soprattutto da Berrettini contro la coppia argentina. Ciò anche se a) adesso Volandri sarà fortemente imbarazzato fra il ripresentare Musetti contro il n.2 australiano o rischiare Berrettini cui dovrebbe chiedere di giocare eventualmente sia singolo sia doppio se dovessimo ritorvarci sull’1 a 1; anche se b) Ebden-Thompson, Kravitz-Puetz e Koolhof-Van de Zandschulp, sono certamente ben più forti di Gonzalez-Molteni. Guai a farsi troppe illusioni a seguito di questa pur convincente vittoria sugli anziani argentini.
Come si ebbe a dire anche un anno fa, alla vigilia della finale, meglio non arrivarci a giocare il doppio decisivo contro coppie super affermate.
Nel doppio semi-improvvisato (avevano giocato insieme solo due volte nella United Cup, battendo Roger Vasseline Martin, perdendo da Medvedev e Safiullin), Sinner ha perso 0 punti nel primo set in due turni di servizio e 4 nel secondo quando ha servito 3 volte. Berrettini ha concesso l’unica palla break, dopo un doppio fallo commesso sul 30 pari che tradiva la tensione di un quasi esordio, ma dopo quei 3 punti ha tenuto 4 game di battuta a zero e uno a 15. Insomma anche Matteo come Jannik ha ceduto quattro punti in tutto. Gonzalez e Molteni non saranno due fenomeni, anche se avevano battuto Bolelli e Vavassori 6-1 6-3 a Montecarlo e 6-4 6-4 a Shanghai, però avergli lasciato soltanto otto punti in 11 servizi (fra cui quel doppio fallo ricordato) è un dato che dovrebbe preoccupare un tantino anche Ebden-Thompson sabato e la coppia tedesca o quella olandese domenica. Ah…i superstiziosi continuino pure a toccar ferro.
Nessuna delle squadre che l’Italia dovrà o potrà affrontare è debole come la Slovacchia in Billie Jean King Cup, però nelle competizioni a squadre talvolta si verificano situazioni anomale e risultati molto strani. Altrimenti come poteva la Slovacchia eliminare Stati Uniti, Australia e Gran Bretagna?
Quindi l’Italia è favorita? Sì, lo è. Ma non è detto che vinca. Perché l’Australia ha schierato quest’anno in Kokkinakis un n.2 nel quale Lleyton Hewitt ha tantissima fiducia (“Più di quella che ho io in me stesso!” ha confessato riconoscente Kokkinakis dopo aver annullato quattro matchpoint a Ben Shelton e aver trasformato il settimo matchpoint nel tiebreak chiuso 16-14 e fra i più incredibili cui io abbia assistito). Pur essendo soltanto n.77 ATP, Kokkinakis ha vinto lo scorso settembre, nel girone eliminatorio di Valencia, due incontri su due contro giocatori dai quali sulla carta avrebbe dovuto perdere: il ceco Mensik 6-2 6-7 6-3 e il francese Fils 7-6 7-6 e in 14 duelli in Coppa Davis ne ha vinti sette battendo fra gli Evans e perdendo 7-6 al terzo da Draper. Insomma in Davis Kokkinakis, che da ragazzino prometteva quanto Kyrgios ma poi ha avuto mille infortuni, si esalta e Hewitt sembra preferirlo a Thompson (che poi schiera in doppio: magari fa una scelta tipo quella di Volandri quando ha preferito far giocare Musetti in singolare per tener fresco Berrettini per il doppio). E poi, sebbene questo magari appaia più sorprendente, Hewitt sembra preferire Kokkinakis anche a Popyrin che è n.24 ATP (una cinquantina di posti più in alto) e quest’anno ha vinto anche un Masters 1000. Vero però che un anno fa Popyrin perse con il nostro Arnaldi un match che sembrava in grado di dominare fino a che, nelle fasi finali, fu preda del classico braccino. Ecco, a un tipo come Hewitt, un giocatore che si fa venire il braccino al momento di chiudere una partita e di contribuire in modo forse decisivo a vincere una finale di Coppa Davis può piacere…pochino. E quanto accadde nella finale di un anno fa non può averlo dimenticato.
Hewitt è un grande capitano. Paul Haarhuis anche …ben oltre la battuta che fece l’anno scorso qui quando gli chiesero quando è che pensava di aver perso la partita con l’Italia e lui disse: “Quando ho visto Jannik Sinner scendere dall’aereo!”. Bob Bryan, ragazzo simpaticissimo e per bene, è certo stato un po’ meno bravo come capitano. La sconfitta degli Stati Uniti è in buona parte legata alle sue scelte. Come quella della Spagna è in buona parte legata alla decisione di David Ferrer di schierare un Nadal che non era – e non poteva essere – davvero competitivo dopo tre mesi di zero tennis agonistico. Gli voleva fare, romanticamente, un omaggio alla carriera. Ma forse, senza volere, gli ha fatto un dispetto.
Non capisco proprio perché Bob Bryan (con tutto il suo background di grandissimo doppista) abbia deciso – dopo aver fatto esordire in singolare Shelton quando Paul è certamente più esperto e meno emotivo – di ripresentarlo in campo anche in doppio nonostante l’inevitabile choc per la sconfitta subita con Kokkinakis alla fine di quell’infinito tiebreak (16-14) che, al di là dei matchpoint mancati, Shelton ha giocato proprio male prendendo rischi assurdi e commettendo un errore gratuito dopo l’altro. Se Bryan non avesse avuto fior di doppisti capirei. Ma improvvisare due giocatori che non giocano mai insieme – Paul ha vinto una medagia di bronzo alle Olimpiadi con l’amico Fritz – non si spiega. Vero che fior di doppisti lo sono anche Ebden, campione quest’anno in Australia con Bopanna, e Thompson, campione a Wimbledon, però pensare di poterli “confondere per sorprenderli” con giocatori che a differenza di Krajicek e Ram non conoscevano, mi è parsa proprio peregrina.
Vabbè, adesso il problema per sabato e per Volandri è l’enigma Musetti che non è la prima volta che delude in Coppa Davis: l’anno scorso perse con Kecmanovic qui a Malaga, con Diallo a Bologna. Due anni fa con Aliassime e Fritz senza vincere un set.
Non farlo giocare significa bocciarlo? Oppure invece Volandri potrebbe farlo giocare, come ha fatto l’Argentina con Baez – vittima sacrificale con Sinner perché Cerundolo potesse scivolare a n.2 – , per tenere fresco e al riparo da sempre possibili infortuni il “neodoppista” Berrettini e anche per restituirgli fiducia?
Vedremo, direbbe Sinner. Intanto va registrata l’ottima prova di Berrettini, che nell’occasione mi è piaciuto più di Sinner. Sulle risposte di Jannik gli argentini sono intervenuti con successo tante volte. Jannik si sarà reso conto che rispondere in singolare con un avversario che sta a fondo è una cosa e farlo con una che invece è lì, con la bocca sulla rete, è un’altra. Non basta tirarla fortissimo di là, occorre trovare il pertugio giusto. Dopo di che, se lo scambio inizia, allora non c’è avversario capace di reggere le sue bordate. Veri missili, come li ha definiti Casper Ruud a Torino. Più volte Jannik ha quasi tolto la racchetta di mano a Gonzalez e Molteni. E il rumore che fa la sua racchetta nell’impatto con la palla è unico, diverso da quello di tutti gli altri. Tuttavia è stato decisamente più efficace e incisivo al servizio piuttosto che in fase di risposta. Invece Berrettini mi è piaciuto perfino in risposta, e anche per l’intelligenza con la quale ha scavalcato diverse volte il duo argentino con dei sapienti lob. Davvero una bella partita la sua. Il migliore in campo.
Sarà contento Sinner, e anche noi di corvée dal primo giorno delle ATP finals, che oggi ci riposiamo dando un’occhiata quasi distratta a olandesi e tedeschi augurandoci decoubertinianamente che…vinca il peggiore (è una battuta …).
Lasciatemi dire però, in conclusione, che l’altra sera io mi sono letteralmente invaghito di come gioca il doppio Wesley Koolhof. Se lo gioca sempre come ha fatto contro Granollers-Alcaraz (vero che Carlos del doppio non ha idea) è uno spettacolo nello spettacolo. Godiamocelo.
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Autor: Ubaldo Scanagatta