Rassegna stampa – L’ultimo Rafa, e la finale di BJK Cup

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Nadal, l’addio è amaro (Filippo Maria Ricci, La Gazzetta dello Sport)

Le lacrime trattenute durante l`inno ascoltato nel pomeriggio, le lacrime rilasciate passata la mezzanotte quando con un omaggio lungo, sentito e sentimentale è calato il sipario sulla sua carriera. Rafa Nadal ha chiuso la sua lunghissima e trionfale parabola tennistica in maniera inattesa, rapida e dolorosa. E ha ringraziato tutti con il cuore: «Mi avete spinto sempre oltre l`ostacolo, a superarmi, a migliorarmi. Ora me ne vado dal campo ma resto qui a disposizione di tutti, spero di poter essere un buon ambasciatore per il tennis. Non sono stanco del tennis, ma il mio fisico si è stancato di poter giocare». Era arrivato a Malaga per le finali di Coppa Davis sperando di restarci tutta la settimana per godersi il suo ultimo torneo e con la speranza di vincere la sua sesta insalatiera, siamo a mercoledì e Nadal è già sulla strada di casa. L`Olanda ha eliminato la Spagna nei quarti e la vita sportiva di Rafa Nadal é finita qui. Un triste addio. La partita numero 1308 del 38enne Nadal gli ha portato la sconfitta numero 228: è stata piena di sentimenti e povera di tennis. Rafa ha perso 6-4 6-4 con Botic van de Zandschulp poi è andato a tifare prima per Carlos Alcaraz, che ha battuto Griekspoor 2-0, e poi per Carlitos e Granollers, che hanno perso 2-0 contro Van de Zandschup e Koolhof Adiós Rafa. David Ferrer, capitano della nazionale spagnola, aveva scelto Nadal come primo singolarista. Di fronte aveva un avversario 9 anni più giovane e 74 posti più in alto nel ranking, 80 a 154. Rafa l`aveva battuto due volte su due nel 2022, al Roland Garros e a Wimbledon. Un`era geologica fa. Oggi Nadal ha mantenuto i tic resi immortali dall`imitazione di Djokovic, la voglia di competere, l`aura di un tennista da 92 titoli con 22 Slam. Però il resto si è appassito. tra il 2023 e il 2024 ha disputato ha giocato appena 23 partite perdendone 10. «Farmi giocare è stato un rischio. C`è un capitano che deve prendere le sue decisioni e io non l`ho condizionato». Legittimo avere dei dubbi, perché la gloria di Nadal e il suo possibile sipario pesavano come macigni su Ferrer. Rafa la vede diversamente: «David ci ha visto allenare e ha fatto la sua scelta. Io mi sentivo bene ma non avevamo il riscontro del campo visto che non giocavo da quasi 4 mesi. Non ho avuto la capacità di comandare il gioco in modo da sentirmi a mio agio. Il campo è molto rapido e tutto è andato via in maniera altrettanto rapida. Non c`era tempo per pensare, mi mancava il ritmo». Rafa ha ammesso di aver lottato contro emozioni forti, fortissime: «Ascoltando l`inno pensavo che poteva essere l`ultima volta che lo sentivo da giocatore professionista». […] La tensione ha indurito Rafa ancor più degli acciacchi Ha provato a cacciarla via agitando il pugno sinistro, come ai bei tempi, saltando, urlando, cercando di bucare il campo con ogni smash. Nel pomeriggio dopo la sconfitta con VDZ era stato onesto Rafa: «Io se fossi il capitano non mi farei giocare», aveva detto in tre lingue il tennista delle Baleari, quando la Spagna sognava ancora la semifinale. E aveva trovato anche una chiosa quasi poetica alla sua probabile panchina a favore di Roberto Bautista: «Probabilmente questa è stata la mia ultima partita e va bene così In Davis avevo perso solo la prima, se dovessi ritirami dopo aver perso l`ultima si chiuderebbe il cerchio». […]

C’era una volta Nadal (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Non sono bastati i cori innamorati che gli hanno dedicato, i mille striscioni che in piccolo ripetevano quel “gracias, Rafa!”, gigantesco, con cui la ciudad malagueña ha voluto foderare l`intera Martin Carpeña Arena. Non sono serviti gli incitamenti, i tentativi di rendere la vita difficile all`olandese Botic Van de Zandschulp, confondendolo, irrompendo nei suoi pensieri, corrompendo l`animo fragile di un ragazzo che non ha mai fatto del proprio carattere una corazza. Inutili anche i baci, piovuti a migliaia sulla fronte ormai stempiata di Rafa, e poi ancora, e ancora, per tutto il match […]. Baci a non finire, come se fosse l’ultima volta. Ed era proprio così, era l`ultima di Rafael Nadal in Coppa Davis, l`ultima sul campo di un evento ufficiale. L’ultima volta in singolare. […]
Non è stata la serata sognata da Rafa e le emozioni forti non possono cancellare una partita sofferta, nonostante i molti errori del rivale.
Non ce ne sarà un`altra, credo. Non in singolare. Forse in doppio, chissà. La Davis è lunga, Nadal resta a disposizione, ma dovranno convincerlo, forse pregarlo. «Se fossi io Il capitano, non rischierei. Ma ciò non significa che non abbia voglia di giocare», butta lì. Il giorno del ritiro è fissato per domenica, in finale, anche se occorre arrivarci Lui, Rafa, sperava che ciò che ancora sente dentro, quella strenua volontà di essere un`ultima volta se stesso, fosse in grado di accendersi di nuovo, di tornare a bruciare, di ravvivare un fuoco caldo e consolante per tutti. Ma la fiamma non si è accesa, vi sono state scintille, però non hanno attecchito. In un match che l`olandese avrebbe potuto chiudere assai prima, se solo i dubbi non lo avessero costretto a procedere con il groppo alla gola, tra doppi falli a raffica ed errori grossolani, l`ultimo Rafa è apparso come uno scafo ormai spogliato di tutto. Ancora in grado di galleggiare, ancora bello da osservare nelle linee compresse e potenti come i muscoli dell`uomo che l`ha condotto per oltre venti anni, ma ormai privo di vele, di motore, di timone. Come se tutti gli infortuni subiti vi fossero passati sopra con la veemenza delle più terribili mareggiate. Non è stata la serata sognata da Nadal, è stata una serata impotente, sofferta, sconsolata. Di emozioni forti, però. Di lacrime trattenute a stento quando le note dell`inno spagnolo si sono sollevate per unire tutti quanti in un saluto a Rafa, Di batticuori forse mai provati prima, lungo una carriera percorsa da cima a fondo dominando. Un alieno imbattibile sulla terra rossa, un giocatore che si è imposto di dare il massimo anche sulle altre superfici, senza mai smettere di imparare e di provarci. Ha aggiunto ai 14 Roland Garros, 4 US Open, 2 Wimbledon e 2 Australian Open. E ancora, 5 Davis, 2 ori olimpici, 92 titoli vinti complessivamente nel Tour; tra cui 36 Masters 1000. Un ragazzo che ha sempre dato il massimo, che solo gli infortuni hanno piegato. E ora che sta per farsi da parte, si sente felice, non appagato (mai, uno come lui) ma in pace con se stesso. Commosso, certo. Ma chi non lo sarebbe in un`occasione simile? Lo capisco… Rafa forse lo ha scoperto solo ieri, ma la prima e l`ultima volta vanno spesso di pari passo. In fondo, sta capitando anche a lui. È la prima volta che gli capita di giocare per l`ultima volta. «Sto bene, state tranquilli», si sente in dovere di rassicurare. «È la settimana del mio ritiro, lo confermo, ma vi sono arrivato un po` alla volta, cercando di darmi sempre una possibilità in più. È stata una stagione non facile, di molti alti e bassi, succede quando non si ha modo di giocare con continuità. Non penso a cosa farò domani. Non lo so, ma ho sempre trovato qualcosa da fare quando sono stato costretto a mettere il tennis da parte. Certo, ora sarà diverso, ma non mi lamento. Ho raggiunto tutti i miei obiettivi. A questo sport ho
dato tutto ciò che potevo dare
». […] «Mi mancherà la competizione, l`adrenalina che ti scorre dentro, il contatto con il pubblico, ma sono certo che troverò altre cose». Le più importanti le ha già trovate, una moglie che gli vuole bene da quando erano bambini, e un bimbo bellissimo che ieri l`ha seguito dalla tribuna. Il piccolo Rafael, che forse un giorno giocherà a tennis, e porterà in giro per il tour un nuovo Rafa Nadal, e insieme il mito di un genitore indimenticabile.

“Anche qui ho dato tutto” (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)

E’ stata una serata di diapositive eterne, di quelle che rimarranno impresse più di qualsiasi colpo giocato in campo. Tutto è iniziato con le prime note della Marcha Real spagnola, subito le lacrime hanno solcato il viso di Nadal. Poi il lancio della moneta e il rito della rincorsa a fondo campo, seguita da un boato senza precedenti. Segue la presentazione dello speaker, che declama le 14 vittorie al Roland Garros una sinfonia di Olè!, fino a raggiungere la quattordicesima del 2022. E incessante “Si se puede” del tifo di Malaga a sorreggere l`ultima reazione nel match. Dietro le quinte, Conchita Martínez, ex numero 2 del ondo, che lo abbraccia in lacrime dopo la conferenza stampa. Per una volta sono le emozioni a fare la storia, non il punteggio. Ma la cronaca vuole il suo spazio, e allora: Botic Van de Zandschulp, modesto nell`esultanza e nella prestazione, ha avuto la meglio su Rafael Nadal con un secco 6-4 6-4. Le lacrime prima del match? Non sono quelle ad averlo scalfito. Quando c`è da combattere, Nadal è Nadal. Rafa abbassa la bandana e inizia la battaglia. Il problema, però, è il motore; non fosse stato così lo avremmo sicuramente trovato ai nastri di partenza della stagione 2025. Uno straordinario sforzo nervoso gli evita il crollo totale, ma il fisico non regge più l`urto. La sconfitta è inevitabile, non disastrosa. «Ho vissuto il momento e ho fatto del mio meglio. Chi ha scelto di schierarmi? Ferrer. Il capitano è lui, non sono io – ha spiegato Nadal – Credo che David abbia scelto di schierare il giocatore che per lui avesse più chance di vincere. Dall`inizio gli ho detto di non sentire la pressione di dovermi far giocare ad ogni costo. Dopo gli ultimi allenamenti ero fiducioso, ma dopo aver visto il mio livello in partita non mi schiererei più». Questo è il fastidio più grande per un campione come Nadal: convivere con l`imperfezione, lui che spesso è riuscito a dominarla. Le difficoltà viste ieri ricalcano quelle già patite contro Djokovic sul palcoscenico olimpico: le gambe che non spingono abbastanza, il servizio che ne risente, il dritto che fatica a trovare profondità e non salta come dovrebbe. E così, su ogni punto serve un`invenzione e il Palacio de Deportes Carpena è esploso ogni volta in cui è stato in grado di trovarla. […]

La lettera – Caro Rafa ti scrivo (La Stampa)

Con questa lettera affidata ai canali social, Roger Federer ha voluto rendere omaggio al rivale di una vita, Rafael Nadal, arrivato all`ultimo capitolo di una carriera leggendaria. Un avversario che negli anni è diventato anche un grandissimo amico.

Vamos Rafa! Mentre ti prepari per il tuo ultimo torneo, ho un paio di cose da condividere prima di commuovermi. Cominciamo con l`ovvio: mi hai battuto, tante volte. Più di quante io sia riuscito a battere te. Mi hai sfidato in modi in cui nessun altro avrebbe potuto. Sulla terra rossa mi sembrava di entrare nel tuo giardino di casa, mi hai fatto lavorare più duramente di quanto avrei mai pensato di poter fare. Mi hai fatto lavorare molto sul mio gioco, arrivando persino a cambiare le dimensioni della mia racchetta, nella speranza di ottenere un vantaggio. Non sono una persona molto superstiziosa, ma tu hai portato tutto a un livello superiore. Tutti i tuoi rituali… Sistemare le tue borracce come soldatini in formazione, sistemarti i capelli, l`abbigliamento intimo. Tutto fatto con la massima intensità. Segretamente, mi è sempre piaciuto un po` tutto questo. Perché era così unico, era così tuo. E sai, Rafa, mi hai fatto amare ancora di più il gioco. Ok, forse non all`inizio. Dopo l`Australian Open del 2004 ho raggiunto per la prima volta in classifica il numero 1. Pensavo di essere il migliore al mondo. E lo ero, finché due mesi dopo non sei sceso in campo a Miami con la tua canotta rossa, mostrando i bicipiti, e mi hai battuto in modo incredibile. Tutte quelle voci che avevo sentito su di te, su questo fantastico giovane di Maiorca, un talento generazionale, che probabilmente un giorno avrebbe vinto uno Slam, non erano solo chiacchiere. Eravamo entrambi all`inizio del nostro viaggio e alla fine lo abbiamo fatto insieme. Vent`anni dopo, Rafa, lo devo dire: che carriera incredibile hai fatto… Inclusi 14 Slam in Francia, storici! Hai reso orgogliosa la Spagna… Hai reso orgoglioso l`intero mondo del tennis. Continuo a pensare ai ricordi che abbiamo condiviso. Abbiamo promosso lo sport insieme. Giocare quella partita su metà erba e metà terra. Battere il record di spettatori giocando di fronte a più di 50 mila tifosi a Città del Capo, in Sudafrica. Ridevamo un sacco insieme, poi ci sfiancavamo a vicenda in campo per poi doverci sorreggere durante le premiazioni. Ti sono ancora grato per avermi invitato a Maiorca per aiutare a lanciare la Rafa Nadal Academy nel 2016. In realtà, mi sono quasi invitato da solo. Sapevo che eri troppo educato per insistere perché fossi lì, ma non volevo perdermelo. Sei sempre stato un modello per i bambini di tutto il mondo, Mirka e io siamo così contenti che i nostri figli si siano allenati tutti nelle tue accademie. Si sono divertiti un sacco e hanno imparato tanto, come migliaia di altri giovani tennisti. Anche se ho sempre temuto che i miei figli sarebbero tornati a casa giocando a tennis da mancini… E poi c`è stata Londra, la Laver Cup nel 2022. La mia ultima partita. Per me significava tutto averti lì al mio fianco, non come mio rivale ma come mio compagno di doppio. Condividere il campo con te quella sera, e condividere quelle lacrime, sarà per sempre uno dei momenti più speciali della mia carriera. Rafa, so che sei concentrato sull`ultima sfida della tua epica carriera. Ne parleremo quando sarà finita. Per ora, voglio solo congratularmi con la tua famiglia e la tua squadra, che hanno avuto un ruolo fondamentale nel tuo successo. E voglio che tu sappia che il tuo vecchio amico tifa sempre per te, e tiferà con altrettanta forza per tutto ciò che farai dopo. Rafa! Ti auguro sempre il meglio. Dal tuo grande fan, Roger.

L’Italia ci riprova. Oggi caccia al titolo contro la Slovacchia (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

La luce dell`eternità e l`illuminazione del sorriso, un abbraccio che genera magia e prolunga il meraviglioso viaggio di una stagione dai riflessi d`oro che non dovrebbe finire mai: le due finali Slam in singolare della Paolini e il suo numero 4 di fine stagione, il trionfo in doppio ai Giochi di Parigi di Jas e della Errani, il primo successo olimpico di sempre del tennis azzurro, preceduto dalla gioia di una vittoria in rasa, agli Internazionali di Roma. E adesso la finale di Billie Jean King Cup, la cara vecchia Fed che rievoca ricordi dolcissimi, con le quattro perle tra il 2006 e il 2013 al culmine di un`epopea che pareva irripetibile. E invece le ragazze formidabili della formidabile capitana Tathiana Garbin sono ancora lì come un anno fa a giocarsi la sfida per il titolo contro la sorprendente Slovacchia, oggi alle 17, l`occasione della grande rivincita dopo la sconfitta con il Canada del 2023, quando però la Paolini era ancora soltanto un abbozzo di campionessa e la Errani neppure convocata. Perché sulla settima finale azzurra nella manifestazione (quattro successi e due sconfitte), insieme al cuore leonino della Bronzetti che non ha tremato all`esordio assoluto in singolare, c`è indubitabilmente il marchio a fuoco di Jas e Sarita, capaci di recuperare da 1-5 sotto nel secondo set contro la Polonia di una Swiatek scatenata, dimostrando una volta di più che il doppio è sicuramente una combinazione di talento, tecnica e colpo d`occhio ma soprattutto poggia sulle fondamenta di un`armonia che tocca l`anima di entrambe. La Errani, che sul match point ha servito la seconda palla da sotto con il coraggio della consapevolezza, a Malaga torna in nazionale dopo 5 anni, lei che si appunta sul petto tre medaglie in Fed (2009, 2010 e 2013): «Mi era mancata questa sensazione, giocare per il proprio paese per me è sempre stato speciale e sono felice di essere di nuovo qui e di aiutare la squadra a provare a vincere». […] Il suo carisma è la scintilla che fa esplodere e cambia le partite nei momenti difficili, come accaduto sul 5-5 del primo set, con la Paolini ancora scottata dal ko in singolare e ridestata da uno sguardo feroce fino alla risposta vincente che è valsa il break: «Anche durante la finale del Roland Garros ero partita malissimo e Sara mi aveva aiutato a rimettermi in partita, la comunicazione che abbiamo è importante. Non mi piaceva giocare il doppio fino a 2 o 3 anni fa, ma abbiamo iniziato e ho imparato molto da lei, ora so quel che devo fare in campo mentre prima ero un po` più spaesata ed è lei a dirmelo, è lei il boss. Abbiamo giocato ottimi tornei e trascorso grandi settimane insieme, ci siamo davvero divertite e continueremo a farlo». […]

L’Italia che non molla mai vuole prendersi la Coppa (Gianluca Strocchi, Tuttosport)

Imitare l`impresa 2023 dei colleghi dell`Italtennis, fra l`altro sullo stesso palcoscenico di Malaga, e ritornare sul tetto del mondo 11 anni dopo l`ultimo trionfo. Ecco l`ambizioso desiderio delle azzurre, per la seconda edizione consecutiva giunte all`atto conclusivo delle Billie Jean King Cup Finals: tra la squadra forgiata a sua immagine e somiglianza da Tathiana Garbin, abituata a non avere paura sia in campo che nella vita pur di fronte a prove delicate come un grave problema di salute («non perdi mai se non ti arrendi» il suo mantra, diventato anche quello del gruppo), c`è oggi l`ostacolo Slovacchia. Dopo le affermazioni per 2-1 su Giappone nei quarti e Polonia in semifinale, la nazionale in rosa punta al tris vincente per scrivere un`altra pagina di storia sportiva in una stagione che rimarrà impressa negli annali. «Sono fierissima del mio team, di tutti quelli che nello staff si adoperano perché le ragazze entrino in campo preparate al meglio. Ma non è ancora finita, c`è ancora del lavoro da fare – sottolinea la capitana -. Le ragazze dovranno lottare ancora, restare orgogliose di essere qui e non mollare». Dopo la nomina nell`ottobre 2016 quale erede di Corrado Barazzutti, l`avventura della Garbin sulla panchina dell`Italia è cominciata proprio contro la Slovacchia, nel febbraio 2017, quando al Pala Galassi di Forlì il team tricolore cedette 3-2 nel World Group II (serie C della competizione). Se Francesca Schiavone (alle ultime presenze in azzurro) e Sara Errani rappresentavano la continuità con i fasti del passato, a completare il quartetto erano le new entry Jasmine Paolini e Martina Trevisan, che esordirono vincendo in doppio a risultato acquisito. Ne hanno fatta di strada da quel debutto le due toscane, e sono ancora al fianco della capitana coraggiosa, come la 37enne di Massa Lombarda, tornata in Nazionale a distanza di cinque anni e da lunedì la giocatrice italiana con più partite vinte (28, 16 singoli e 12 doppi) in questa manifestazione, una in più di Schiavone. «Per me è sempre stato il massimo difendere i colori del mio Paese – ribadisce la romagnola – ed è un privilegio far parte di questo gruppo in un anno pazzesco dove ho conquistato l`oro olimpico con Jasmine, qualificandoci anche per le Finals, e uno Slam nel misto. Ora proviamo a chiuderlo in bellezza». Nel 4° confronto diretto con le slovacche, in vantaggio per 2-1 […], se salvo sorprese Lucia Bronzetti disputerà il singolare di apertura, a indossare i panni di leader sarà proprio la Paolini, arrivata vicina all`exploit con Iga Swiatek e poi capace di metabolizzare stanchezza e delusione per cogliere il punto decisivo accanto alla veterana Errani, annullando 3 set-point nel primo e risalendo da 1-5 nel secondo. «Mi sono detta che bisognava dare tutto per l`Italia – spiega la n.4 del mondo, ieri riuscita finalmente a farsi una foto in compagnia di Rafa Nadal, obiettivo che inseguiva dalle Olimpiadi di luglio -. Ho cercato di continuare a pensare positivo, sapevo di avere il sostegno di tutto il mio team. I tifosi italiani erano meno dei polacchi, ma si sono fatti sentire e li ringraziamo, sperando di regalare loro un`ulteriore gioia». […]

L’Italia per la rivincita in BJK Cup (Stefano Semeraro, La Stampa)

L`altra metà del tennis italiano ha stregato persino la Polonia della (ex) imbattibile Iga Swiatek, superata al doppio di spareggio grazie alla coppia magica Errani-Paolini, e a Malaga oggi si gioca la settima finale di Billie Jean King Cup della nostra storia. L`appuntamento è per le 17 contro la Slovacchia. L`Italia della generazione d`oro ha vinto quattro finali su cinque giocate (nel 2006, 2009, 2010 e 2013), quando la Davis delle signore si chiamava Fed Cup. La sesta è quella persa l`anno scorso contro il Canada dalla nouvelle vague cresciuta da Tathiana Garbin. La punta di diamante è Jasmine Paolini, n. 4 Wta, la novità Lucia Bronzetti (accanto a Martina Trevisan), il filo rosso Sarita Errani. Già in campo nel 2009 a Reggio Calabria a fianco di Pennetta, Schiavone e Vinci, è ancora determinante oggi, l`azzurra con più partite giocate in Coppa insieme a Francesca Schiavone (49), ma più vittorie (28 contro 27). Sara e Jasmine quest`anno hanno già vinto a Roma e conquistato l`oro olimpico: puntano a un tris fantastico. Davanti hanno una Slovacchia senza blasone ma con molta sostanza, che ha fatto fuori gli Usa, l`Australia e la Gran Bretagna di Emma Raducanu. […]

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Autor: Alessia Gentile