Il caso Tammaro e le differenze con Sinner

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È ancora freschissima la notizia di ricorso fatta dalla WADA sul ‘caso Sinner’. L’ultimo caso simile trattato dalla Corte arbitrale dello sport (CAS) è quello di Mariano Tammaro nel 2023. Mariano Tammaro venne condannato in primo grado dall’Independent Tribunal della ITF per violazione delle norme antidoping (ADRV) a due anni (ridotta poi a 15 mesi per “colpa lieve”), dopo essere risultato positivo al clostebol durante una competizione ATP Challenger l’11 ottobre 2021. La decisione di condanna si basava su diversi punti:

  1. Prova della sostanza proibita: L’analisi delle urine confermò la presenza di clostebol, una sostanza vietata secondo il codice WADA.
  2. Assunzione involontaria: Anche se fu dimostrato che la sostanza era stata applicata dal padre dell’atleta senza il consenso del giocatore, la corte stabilì che il giocatore non riuscì a dimostrare che la somministrazione fosse del tutto priva di colpa o negligenza significativa
  3. Sanzione: Il tribunale indipendente stabilì un periodo di ineleggibilità di due anni, ridotto poi a 15 mesi per l’accertamento di una “colpa lieve”, confermato poi dal CAS.

Nel caso di Mariano Tammaro, la sostanza proibita, clostebol, fu somministrata volontariamente dal padre, anche se con l’intento di curare una ferita e non di migliorare la prestazione atletica. Nonostante questa somministrazione involontaria da parte di Tammaro stesso, la corte considerò che ci fosse comunque un grado di negligenza per non aver verificato adeguatamente cosa fosse stato applicato.

Nel caso di Jannik Sinner, invece, manca completamente la volontarietà da parte del suo entourage, e l’atleta è stato inizialmente dichiarato privo di colpa o negligenza. La differenza sostanziale sta nel fatto che, nel caso di Sinner, non c’è stata alcuna somministrazione consapevole o negligente di una sostanza proibita. Su questa differenza si baserà la strategia difensiva degli avvocati di Sinner.