Tathiana Garbin: “Paolini è un bambù gigante. Il mio lavoro non si ferma alla BJK Cup”

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Schietta, solare, riflessiva e con una tempra da far invidia a tanti. Tathiana Garbin è il capitano coraggioso dietro l’ondata di successo avuta dalla nazionale femminile di tennis, con il quinto sigillo apposto sulla Billie Jean King Cup e un futuro che può essere ancora luminoso. L’ex giocatrice si è raccontata a trecentosessanta gradi nell’interessante chiacchierata con Georgy Tkachenko, che sul suo canale Youtube Georgy Tennis ha pubblicato il video dell’intervista. L’ex numero 22 al mondo ha aperto l’album dei ricordi, svelato i suoi inizi come tennista, passando per il proprio ruolo federale fino ad arrivare al momento più buio: quello della malattia.

Buon sangue non mente dato che Tathiana ammette che la passione per il tennis è affare di famiglia, con i propri genitori ad avere avuto un’influenza forte in merito: “I miei genitori avevano una passione spasmodica per questo sport. Iniziò prima mio padre, poi coinvolse anche mia mamma che tuttora, a più di 80 anni, qualche volta gioca a tennis.”

Garbin è stata numero 22 al mondo, ottenendo più in doppio che in singolare dove si ferma ad un titolo in quel di Budapest. Una carriera di tutto rispetto, sottolineando come nonostante la vittoria nel 1993 ai campionati italiani Under 16 non si sentisse propriamente una predestinata: “Mancavano le due giocatrici più forti in quel torneo. A livello juniores non ero tra le più forti, forse grazie a questo ho sviluppato altri valori che mi hanno portato ad essere quella che sono oggi, la perseveranza nel raggiungere un obiettivo, anche se il talento non è sempre con te”

Una carriera intera spesa sui campi di tutto il mondo, tante esperienze che formano da un punto di vista umano, oltre che sportivo. Aspetto che la nativa di Venezia ci ha tenuto a sottolineare anche in merito alla parentesi ritiro, ringraziando la propria disciplina: “Il tennis è stato un grande insegnante di vita. Mi ha sfidato in mille modi diversi, sia in modo fisico che mentale. Lo rispetto tantissimo e lo ringrazio perchè mi ha permesso di vivere delle emozioni che non so quanti sport possano dare.”

Appesa la racchetta al chiodo, Tathiana Garbin si è tuffata subito in un’altra realtà, quella di donna che in vesti “federali” si è saputa ritagliare il proprio spazio, fino ad arrivare alla guida della nazionale femminile di cui ha concesso un excursus non sempre in discesa: “Ho iniziato con l’Under 14 nel giugno 2011, è stato importante iniziare un percorso federale che richiede tempo, competenze. Nel 2016 quando sono diventata capitano raccoglievamo uneredità pesante dove c’erano giocatrici che avevano vinto tutto e in quel periodo stavano terminando le loro carriere. La prima partita è stata contro la Slovacchia, giocavano in doppio Jasmine (Paolini) e Martina (Trevisan), loro erano giovanissime. Io sapevo che sarebbero stati anni duri, ma avevo la sensazione che avremmo potuto conquistare qualcosa di grande anche introducendo Lucia Bronzetti, Elisabetta Cocciaretto e Sara Errani. Sono cose che tu vedi ma la gente non vede, infatti abbiamo ricevuto aspre critiche per un movimento che ancora non emergeva ma in realtà stava costruendo le basi per ergersi in un bellissimo albero, partendo da una piantina che è cresciuta e si è irrobustita”.

Dalla Slovacchia alla Slovacchia, con il successo in finale di Billie Jean King Cup a completare un grande percorso. Il ruolo del capitano non è sempre facile, avendo a che fare con delle scelte di formazione che sicuramente scontenteranno qualcuno. Un carico meno pesante per Garbin, grazie alla comprensione delle sue ragazze: “E’ difficile perchè tante volte devi essere dura, in quel momento devi lasciar fuori delle campionesse. Fortunatamente ho delle persone intelligenti, capiscono i miei momenti di difficolta, ne parliamo, svisceriamo e si mettono a disposizione. Sanno che agisco per il bene comune della squadra“.

L’esaltazione del collettivo non esclude una battuta su un singolo come Jasmine Paolini, con l’intervistatore che chiede se la sua ascesa avesse sorpreso Garbin che ammette: “Jasmine mi ha sorpreso, non pensavo arrivasse così in alto ma più per i modi con cui ce l’ha fatta, con dei risultati straordinari nel tempo. Spesso faccio riferimento alla piante per quanto riguarda la crescita in generale delle ragazze. Quando parlo di Jasmine penso a un bambù gigante, sono quelle piante che crescono e mettono radici molto forti sotto ma da fuori non sembra che crescano, ma dopo anni lo fanno in maniera vertiginose sopra. Il suo percorso è stata una crescita continua”.

La veneta ci tiene a precisare che il suo lavoro non si ferma a capitano della Nazionale, c’è tanto che magari non ruberà l’occhio dei riflettori ma è essenziale per poi raccogliere i frutti in campo: “Ho la libertà di scegliere, grazie alla federazione, il tipo di lavoro da fare. Tanti capitani non fanno il lavoro che faccio io. Durante l’anno cerco di seguire le ragazze, il mio lavoro non è solo nelle due settimane di Billie Jean King Cup. Durante l’anno cerco di seguire i loro percorsi, cerchiamo di potenziare per quanto possibile i loro team privati. La federazione cerca questo aspetto, di dare sempre qualcosa in più rispetto a quello che hanno“.

In ultima istanza il lato più profondo di Tathiana Garbin, quello che ha dovuto chiamare in causa per combattere dinanzi al tumore che l’ha colpita più di un anno fa. L’ex tennista ha parlato della sua malattia e ha ammesso quanto abbia fatto la differenza avere attorno le persone giuste: “Il tennis ti aiuta a superare anche i momenti difficili. Sapere che ce la puoi fare perchè dietro le nuvole c’è sempre il sole. Devi saper aspettare degli eventi dove tante volte non sei tu la protagonista ma devi subire tante cose che devi accettare. Avere una famiglia che ti sta vicino, una famiglia sportiva che ti abbraccia e ti dà calore: la FITP mi ha sempre sostenuto. Mia moglie è stata una persona straordinaria che ha vissuto il momento accanto a me in maniera molto forte, abbiamo superato una sfida difficile. Non è ancora finita, servono 5 anni per definirsi fuori pericolo, faccio i controlli con dei medici straordinari e in questo mi reputo molto fortunata”

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Autor: Manuel Ventriglia