Lo svizzero Kilian Feldbausch, nato 19 anni fa a Ginevra, è da quando impugna una racchetta che deve sopportare paragoni imbarazzanti con un certo Roger Federer, cosa purtroppo piuttosto frequente per chi veste i colori rossocrociati. Del resto bisogna anche capirli i nostri vicini che nel giro di poco tempo hanno perso il miglior giocatore di tutti i tempi e tra poco dovranno fare a meno anche del suo scudiero Stan Wawrinka.
Facile allora che ti prenda l’ansia e che non appena un ragazzo infila due vincenti di seguito venga battezzato come l’erede. In questo caso in base a presupposti abbastanza fragili come la semifinale raggiunta agli AO Junior 2022 e la prima finale Challenger conquistata a 18anni e due mesi, proprio come successe a King Roger a Brest. Ah certo, si sono anche allenati assieme un paio di volte, forse nella speranza che il talento fosse contagioso. I punti di contatto, purtroppo per Kilian, finiscono però qui. Anche perché diversi problemi fisici gli hanno fatto perdere le ruote di più noti coetanei come Mensik, Shang e Prizmic. Tanto per dire anche quest’anno ha perso sette mesi per un’operazione all’anca, resasi necessaria per risolvere i problemi avuti l’anno scorso in seguito alla lesione di un legamento della caviglia e a una frattura da stress a un piede. Ma il ragazzo può comunque vantare un buon DNA se solo ci ricordiamo di come nonno Franz abbia difeso i colori della Germania in Coppa Davis, papà Michael abbia raggiunto il n.706 ATP e la madre Cathy Caversazio, classe 1972, nel 1990 fu ad un passo dal n.30 WTA, arrivando a giocare in BJK Cup per l’Italia, poco prima di diventare svizzera e cambiare bandiera. “Mi alleno con entrambi i miei genitori, soprattutto con mia madre. Posso quindi tranquillamente affermare che sento il pieno appoggio da parte della mia famiglia”.
Feldbausch si è presentato qui a Rovereto, nella prima edizione di un Challenger nato per sostituire provvisoriamente quello di Bergamo dove stanno costruendo una nuova sede per il torneo, da n.417 ATP. Ma con importanti cambiali in scadenza (la vittoria all’ITF di Boca Raton e la finale al Challenger di Maspalomas). Salvo miracoli chiuderà dunque l’anno con una classifica in caduta libera, ma lui non se ne preoccupa più di tanto e ha iniziato le qualificazioni con una franca vittoria (6-4 6-2) sul coetaneo Filippo Romano (n.808), nonostante la sua poca familiarità coi campi in cemento indoor. Poi ha conquistato l’accesso al tabellone principale a spese dell’olandese Niels Visker (n.397) con l’identico punteggio di 6-4 6-2. Ora per l’esordio nel main draw l’attende il croato Luka Mikrut (n.393) e vedremo cosa succederà. Ma appunto senza ansia, anche perché nel frattempo i media svizzeri si sono concentrati sui vari Stricker, Riedl e Kym, allontanando da lui la maggior parte dei riflettori, che a quest’età possono essere devastanti.
Devastante per Bogdan Pavel è stata invece la sua infanzia in Romania, in quel di Pitesti (170.000 abitanti nella regione della Muntenia). Tanto vale allora partire da un aneddoto che vede protagonista John Millman, ex tennista australiano, che raccontando dei suoi primi tornei nei posti più sfortunati del pianeta portò ad esempio proprio la città rumena. Bogdan a 17 anni lasciò Pitesti perché non aveva più avversari credibili con cui allenarsi e si trasferì a Bucarest dove però non trovò certo una realtà rose e fiori (il suo sogno erano campi e palline gratuite) e i suoi genitori cominciarono a non farcela più. Così fu salvifica la chiamata dal College (University fo Central Florida) dove Pavel passò quattro anni indimenticabili. Anni coronati dalla laurea in Economia e da tante ore di allenamento che l’hanno formato come giocatore. Adesso il25enne rumeno è n.795 in singolo e 254 in doppio e per realizzare il suo sogno di vivere di tennis dovrà presto operare una scelta che al momento lo vede propenso a favorire la carriera di doppista. Certo che se arrivassero dei risultati anche in singolare… Intanto qui a Rovereto ha superato le qualificazioni battendo prima Egor Gerasimov (n332) e poi il macedone Kalin Ivanovski, uno degli sparring preferiti di Novak Djokovic. Nel primo turno del tabellone principale l’incrocio col talentuoso tedesco Max Hans Rehberg (n.279 ATP) appare francamente proibitivo, ma forse al ragazzo che viene da Pitesti piace pensare che anche nel tennis talvolta la pallina è rotonda.
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Autor: Massimo Gaiba